Così passava la lor cauta vita
100 nell’odoroso tarmolo del ciocco:
e chi faceva nuove case ai nuovi,
e chi per tempo rimettea la roba,
e chi dentro allevava i dolci figli,
e chi portava i cari morti fuori.
105 E videro l’incendio ora e la fine
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 43
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli
Giovanni Pascoli Canti di Castelvecchio
– Canti di Castelvecchio Q
i vegliatori: disse ognun la sua.
E disse il Biondo, domator del ferro,
cui la verde Corsonna ama, e gli scende
cantando per le selve allo stendino,
110 e per lui picchia non veduta il maglio:
“Vogliono dire ch’hanno tutti i ferri,
quanti con sé porta il bottaio, allora
ch’è preso a opra avanti la vendemmia:
l’aspro saracco, l’avido succhiello,
115 e tenaglie che azzeccano, e rugnare
di scabra raspa e scivolar di pialla.
Ché non hanno bottega: a giro vanno
come il nero magnano, quando passa
con quello scampanìo sopra il miccetto;
120 ossia concino, o fradicio ombrellaio,
voce del verno, la qual morde il cuore
a chi non fece le rimesse a tempo.
Né lëo lëo vanno, come loro.
Piglian le gambe e stradano, la vita,
125 come noi, strinta dal grembial di cuoio”.
E disse il Topo, portatore in collo,
primo, fuor che del Nero; sì, ma questi
porta più poco, e brontola incaschito:
— Carico piccolo è che scenta il bosco —:
130
“Vogliono dire ch’han la tiglia soda
più che nimo altri che di mattinata
porti in monte il cavestro e la bardella.
E hanno l’arte, perché intorno al peso
girano ora all’avanti ora all’indietro
135 or dalle parti, per entrarci sotto.
Se lo possono, via, telano; quando
non lo possono, vanno per aiuto;
e su e su, per una carraiuola:
come una nera fila di muletti
140 di solitari carbonai, su l’Alpe,
che in quel silenzio semina i tintinni
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 44
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli
Giovanni Pascoli Canti di Castelvecchio
– Canti di Castelvecchio Q
de’ suoi sonagli. Alcuno ecco s’espone,
come anco noi, per ragionar con altri
che scende, e frescheggiare allo sciurino”.
145
E disse il Menno, vangatore a fondo,
a cui la terra, nell’aprir d’aprile,
rotta e domata ai piedi ansa e rifiata:
e’ la sogguarda curvo su l’astile:
“Ho inteso dire ch’hanno i suoi poderi,
150 come noi. Sotto le città ben fatte
coltano un campo sodo: che bel bello
si fa lo scasso, e qua si tira dentro,
là si leva la terra, e si tramuta
con le pale o valletti e cestinelle.
155 La pareggiano, seminano. Nasce
un’erba. Ed ecco poi vanno a pulirla,
levano il loglio, scerbano i vecciuli,
e scentano la sciàmina, cattiva,
e la gramigna, che riè cattiva,
160 e i paternostri, ch’è peggior di tutte.
A suo tempo si sega, lega, ammeta,
scuote, ventola, spula. Eccolo bello
nel bel soppiano dai due godi il grano”.
E disse il Bosco, buon pastor di monte,
165 ch’era ad albergo: egli da Pratuscello
mena il branco alla Pieve, a quei guamacci:
per là dicon guamacci: è il terzo fieno:
“Ho inteso dire ch’hanno le sue bestie:
quali, pecore, e quali, proprio bestie,
170 ossia da frutto, ovvero anche da groppa.
Ma piccoline e verdi queste, e quelle
con una lana molle come sputo:
pascono in cento un cuccolo di fiore.
E il pastore ha due verghe, esso, non una:
175 due, con nodetti, come canne; e molge
con esse: le vellìca, e dànno il latte;
o chiuse dentro, o fuori, per le prata:
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 45
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli
Giovanni Pascoli Canti di Castelvecchio
– Canti di Castelvecchio Q
come noi, che si molge all’aria aperta,
nella statina, le serate lunghe:
180 quando su l’Alpe c’è con noi la luna
sola, che passa, e splende sui secchielli,
e il poggio rende un odorin che accora”.
E disse il Quarra, un capo, uno che molto
girò, portando santi e re sul capo,
185 di là dei monti e del sonante mare:
ora s’è fermo, e campa a campanello:
“Lessi in un libro, ch’hanno contadini
come noi; ma non come mezzaiuoli
timidi sol del Santo pescatore,
190 e che, d’ottobre, quando uno scasato
cerca podere, a lui dice il fringuello:
— Ce n’è, ce n’è, ce n’è, Francesco mio! —
Quelli no, sono negri. Alla lor terra
venne un lontano popolo guerriero,
195 che il largo fiume valicò sul ponte.
Fecero un ponte: l’uno chiappò l’altro
per le gambe, e così tremolò sopra
l’acqua una lunga tavola. Fu presa
la munita città, presi i fanciulli,
200 ch’or sono schiavi e fanno le faccende;
e il vincitore campa a campanello”.
1 comment