D’altra parte queste poesie sono nate quasi tutte in campagna;
e non c’è visione che più campeggi o sul bianco della gran neve o sul verde delle
selve o sul biondo del grano, che quella dei trasporti o delle comunioni che
passano: e non c’è suono che più si distingua sul fragor dei fiumi e ruscelli, su lo
stornir delle piante, sul canto delle cicale e degli uccelli, che quello delle Avemarie.
Crescano e fioriscano intorno all’antica tomba della mia giovane madre
queste myricae ( diciamo, cesti o stipe) autunnali. Nei luoghi incolti fanno le
stipe che fioriscono di primavera, e fanno i cesti, ancor più umili, che fioriscono
d’autunno; e la lor fioritura assomiglia. Mettano queste poesie i loro rosei calicetti
(che l’inverno poi inaridisce senza farli cadere) intorno alla memoria di mia
madre, di mia madre che fu così umile, e pur così forte, sebbene al dolore non
sapesse resistere se non poco più di un anno. Io sento che a lei devo la mia
abitudine contemplativa, cioè, qual ch’ella sia, la mia attitudine poetica. Non
posso dimenticare certe sue silenziose meditazioni in qualche serata, dopo un
giorno lungo di faccende, avanti i prati della Torre. Ella stava seduta sul greppo:
io appoggiava la testa sulle sue ginocchia. E così stavamo a sentir cantare i grilli
e a veder soffiare i lampi di caldo all’orizzonte. Io non so più a che cosa pensassi
allora: essa piangeva. Pianse poco più di un anno, e poi morì.
Seguì mio padre. E qui, devo chiedere perdono, anche questa volta, di
ricordare il delitto che mi privò di padre e madre e, via via, di fratelli maggiori,
e d’ogni felicità e serenità nella vita? No: questa volta non chiedo perdono. Io
devo (il lettore comprende) io devo fare quel che faccio. Altri uomini, rimasti
impuniti e ignoti, vollero che un uomo non solo innocente, ma virtuoso, sublime
di lealtà e bontà, e la sua famiglia morisse. E io non voglio. Non voglio che sian
morti.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 5
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli
Giovanni Pascoli Canti di Castelvecchio
– Prefazione Q
Se poi qualcuna di queste poesie che contengono cose non solo vere ma
esatte (e il lettore comprenderà anche qui: certe cose non s’inventano, anche a
volere), ispirasse un più acuto ribrezzo del male, io, oh! non ne terrei io, ma ne
benedirei la memoria de’ miei cari martiri, per i quali nessuno (nemmeno i loro
assassini) soffrì, e che dalla loro fossa rendono anche oggi, per male, bene.
Castelvecchio di Barga, marzo del 19033.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 6
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli
Giovanni Pascoli Canti di Castelvecchio
– Canti di Castelvecchio Q
Canti di Castelvecchio
La poesia
I
Io sono una lampada ch’arda
soave!
la lampada, forse, che guarda,
pendendo alla fumida trave,
5
la veglia che fila;
e ascolta novelle e ragioni
da bocche
celate nell’ombra, ai cantoni,
là dietro le soffici rócche
10
che albeggiano in fila:
ragioni, novelle, e saluti
d’amore, all’orecchio, confusi:
gli assidui bisbigli perduti
nel sibilo assiduo dei fusi;
15
le vecchie parole sentite
da presso con palpiti nuovi,
tra il sordo rimastico mite
dei bovi:
II
la lampada, forse, che a cena
20
raduna;
che sboccia sul bianco, e serena
su l’ampia tovaglia sta, luna
su prato di neve;
e arride al giocondo convito;
25
poi cenna,
d’un tratto, ad un piccolo dito,
là, nero tuttor della penna
che corre e che beve:
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 7
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli
Giovanni Pascoli Canti di Castelvecchio
– Canti di Castelvecchio Q
ma lascia nell’ombra, alla mensa,
30
la madre, nel tempo ch’esplora
la figlia più grande che pensa
guardando il mio raggio d’aurora:
rapita nell’aurea mia fiamma
non sente lo sguardo tuo vano;
35
già fugge, è già, povera mamma,
lontano!
III
Se già non la lampada io sia,
che oscilla
davanti a una dolce Maria,
40
vivendo dell’umile stilla
di cento capanne:
raccolgo l’uguale tributo
d’ulivo
da tutta la villa, e il saluto
45
del colle sassoso e del rivo
sonante di canne:
e incende, il mio raggio, di sera,
tra l’ombra di mesta vïola,
nel ciglio che prega e dispera,
50
la povera lagrima sola;
e muore, nei lucidi albori,
tremando, il mio pallido raggio,
tra cori di vergini e fiori
di maggio:
IV
55
o quella, velata, che al fianco
t’addita
la donna più bianca del bianco
lenzuolo, che in grembo, assopita,
matura il tuo seme;
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 8
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli
Giovanni Pascoli Canti di Castelvecchio
– Canti di Castelvecchio Q
60
o quella che irraggia una cuna
— la barca
che, alzando il fanal di fortuna,
nel mare dell’essere varca,
si dondola, e geme — ;
65
o quella che illumina tacita
tombe profonde — con visi
scarniti di vecchi; tenaci
di vergini bionde sorrisi;
tua madre!… nell’ombra senz’ore,
70
per te, dal suo triste riposo,
congiunge le mani al suo cuore
già róso! —
V
Io sono la lampada ch’arde
soave!
75
nell’ore più sole e più tarde,
nell’ombra più mesta, più grave,
più buona, o fratello!
Ch’io penda sul capo a fanciulla
che pensa,
80
su madre che prega, su culla
che piange, su garrula mensa,
su tacito avello;
lontano risplende l’ardore
mio casto all’errante che trita
85
notturno, piangendo nel cuore,
la pallida via della vita:
s’arresta; ma vede il mio raggio,
che gli arde nell’anima blando:
riprende l’oscuro vïaggio
90
cantando.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 9
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli
Giovanni Pascoli Canti di Castelvecchio
– Canti di Castelvecchio Q
La partenza del boscaiolo
I
La scure prendi su, Lombardo,
da Fiumalbo e Frassinoro!
Il vento ha già spiumato il cardo,
fruga la tua barba d’oro.
1 comment