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Sono venute dai monti oscuri

le ciaramelle senza dir niente;

hanno destata ne’ suoi tuguri

tutta la buona povera gente.

Ognuno è sorto dal suo giaciglio;

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accende il lume sotto la trave;

sanno quei lumi d’ombra e sbadiglio,

di cauti passi, di voce grave.

Le pie lucerne brillano intorno,

là nella casa, qua su la siepe:

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sembra la terra, prima di giorno,

un piccoletto grande presepe.

Nel cielo azzurro tutte le stelle

paion restare come in attesa;

ed ecco alzare le ciaramelle

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il loro dolce suono di chiesa;

suono di chiesa, suono di chiostro,

suono di casa, suono di culla,

suono di mamma, suono del nostro

dolce e passato pianger di nulla.

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O ciaramelle degli anni primi,

d’avanti il giorno, d’avanti il vero,

or che le stelle son là sublimi,

conscie del nostro breve mistero;

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 30

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli

Giovanni Pascoli Canti di Castelvecchio – Canti di Castelvecchio Q

che non ancora si pensa al pane,

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che non ancora s’accende il fuoco;

prima del grido delle campane

fateci dunque piangere un poco.

Non più di nulla, sì di qualcosa,

di tante cose! Ma il cuor lo vuole,

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quel pianto grande che poi riposa,

quel gran dolore che poi non duole;

sopra le nuove pene sue vere

vuol quei singulti senza ragione:

sul suo martòro, sul suo piacere,

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vuol quelle antiche lagrime buone!

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 31

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli

Giovanni Pascoli Canti di Castelvecchio – Canti di Castelvecchio Q

Per sempre

Io t’odio?!… Non t’amo più, vedi,

non t’amo… Ricordi quel giorno?

Lontano portavano i piedi

un cuor che pensava al ritorno.

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E dunque tornai… tu non c’eri.

Per casa era un’eco dell’ieri,

d’un lungo promettere. E meco

di te portai sola quell’eco:

per sempre!

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Non t’odio. Ma l’eco sommessa

di quella infinita promessa

vien meco, e mi batte nel cuore

col palpito trito dell’ore;

mi strilla nel cuore col grido

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d’implume caduto dal nido:

per sempre!

Non t’amo. Io guardai, col sorriso,

nel fiore del molle tuo letto.

Ha tutti i tuoi occhi, ma il viso…

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non tuo. E baciai quel visetto

straniero, senz’urto alle vene.

Le dissi: “E a me, mi vuoi bene?”

“Sì, tanto!” E i tuoi occhi in me fisse.

“Per sempre?” le dissi. Mi disse:

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per sempre!”

Risposi: “Sei bimba e non sai

Per sempre che voglia dir mai!”

Rispose: “Non so che vuol dire?

Per sempre vuol dire Morire

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Sì: addormentarsi la sera:

restare così come s’era,

per sempre!”

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 32

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli

Giovanni Pascoli Canti di Castelvecchio – Canti di Castelvecchio Q

La nonna

Tra tutti quei riccioli al vento,

tra tutti quei biondi corimbi,

sembrava, quel capo d’argento,

dicesse col tremito, bimbi,

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sì… piccoli, sì…

E i bimbi cercavano in festa,

talora, con grido giulivo,

le tremule mani e la testa

che avevano solo di vivo

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quel povero .

, solo; , sempre, dal canto del fuoco, dall’umile trono;

sì, per ogni scoppio di pianto,

per ogni preghiera: perdono,

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sì… voglio, sì… sì!

, pure al lettino del bimbo

malato… La Morte guardava,

La Morte presente in un nimbo…

La tremula testa dell’ava

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diceva sì! sì!

, sempre; , solo; le notti lunghissime, altissime! Nera

moveva, ai lamenti interrotti,

la Morte da un angolo… C’era

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quel tremulo ,

quel , presso il letto… E sì, prese la nonna, la prese, lasciandole

vivere il bimbo. Si tese

quel capo in un brivido blando,

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nell’ultimo .

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 33

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli

Giovanni Pascoli Canti di Castelvecchio – Canti di Castelvecchio Q

La canzone della granata

I

Ricordi quand’eri saggina,

coi penduli grani che il vento

scoteva, come una manina

di bimbo il sonaglio d’argento?

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Cadeva la brina; la pioggia

cadeva: passavano uccelli

gemendo: tu gracile e roggia

tinnivi coi cento ramelli.

Ed oggi non più come ieri

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tu senti la pioggia e la brina,

ma sgrigioli come quand’eri

saggina.

II

Restavi negletta nei solchi

quand’ogni pannocchia fu colta:

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te, colsero, quando i bifolchi

v’ararono ancora una volta.

Un vecchio ti prese, recise,

legò; ti privò della bella

semenza tua rossa; e ti mise

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nell’angolo, ad essere ancella.