E il bimbo come sta?
VIRGINIA - Sta bene, buona amica, ti ringrazio.
VOLUMNIA - Preferirebbe stare tutto il giorno
a veder spade ed udire tamburi,
piuttosto che star dietro al suo maestro.
VALERIA - Parola mia, il figlio di suo padre!
Un frugoletto stupendo, davvero.
Vi dirò, sono stata ad osservarlo
mercoledì scorso per una mezz’ora:
che piglio risoluto! A un certo punto
l’ho visto correr dietro a una farfalla
dalle alucce dorate; l’acchiappò,
poi la lasciò andar libera di nuovo,
e lui di nuovo dietro,
ruzzolando su e giù, e rialzandosi,
finché riesce ad acchiapparla ancora;
e là, o l’avesse urtato il ruzzolone,
o che cos’altro, la serra tra i denti,
così, e la sbrana. E come l’ha ridotta,
non vi dico.
VOLUMNIA - Gli scatti di suo padre!
VALERIA – È così, vero, un bimbetto di razza.
VIRGINIA - Un monello, mia cara.
VALERIA - Via, mettete da parte quel ricamo.
Vo’ farvi fare, questo pomeriggio
con me la parte di massaie oziose.
VIRGINIA - No, mi dispiace, non mi va uscire.
VALERIA - Non vuoi uscire?
VOLUMNIA - Uscirà, uscirà!
VIRGINIA - Davvero, no, perdonami, Valeria,
ma ho deciso di non varcar quell’uscio
finché non sia tornato il mio signore
dalla guerra.
VALERIA - Ma via, è irragionevole.
che tu t’imponga un simile confino.
Su, devi pur deciderti a far visita
a quell’amica che sta per sgravarsi.
VIRGINIA - Le faccio voti d’un felice parto
e le sto accanto con le mie preghiere;
ma visitarla, adesso, no, non posso.
VOLUMNIA - Perché?
VIRGINIA - Non per sottrarmi ad un fastidio,
e tanto meno per poca affezione.
VALERIA - Vuoi farti proprio una nuova Penelope.
Dicon però che tutta quella lana
ch’ella filò nell’assenza di Ulisse
non servì che a riempir di tarme Itaca.
Eh, vorrei tanto che questa tua tela
fosse sensibile come il tuo dito,
così potresti, almeno per pietà,
smettere di bucarla con quell’ago!
Su, devi uscir con noi.
VIRGINIA - No, cara amica,
perdonami, ma io non uscirò.
VALERIA - Senti, se vieni, sulla mia parola,
ti fornirò eccellenti notizie
di tuo marito.
VIRGINIA - Ah, mia buona amica,
è troppo presto ancora per averne.
VALERIA - T’assicuro, non scherzo.
Ne abbiamo ricevute ieri sera.
VIRGINIA - Parli sul serio?
VALERIA - In sacra verità.
Ne ho sentito parlare un senatore.
Son queste: i Volsci sono scesi in campo,
contro di loro è partito Cominio
con una parte delle nostre forze.
Con l’altra tuo marito e Tito Larzio
sono accampati davanti a Corioli,
la loro capitale.
Son sicuri di prenderla,
e concludere presto la campagna.
La notizia è sicura, sul mio onore.
E dunque avanti, non farti pregare,
vieni con noi.
VIRGINIA - Ti chiedo ancora scusa,
mia cara. Un’altra volta,
tutto quello che vuoi, te lo prometto.
VOLUMNIA - Evvia, lasciala stare!
Con l’umore che adesso si ritrova
non farebbe che rattristar noi pure.
VALERIA - Lo penso anch’io.
(A Virginia)
Allora, arrivederci.
(A Volumnia)
Andiamo, cara amica.
(Volgendosi di nuovo a Virginia)
Evvia, ti prego,
caccia la mutria, vieni via con noi.
VIRGINIA - No, non insistere. Non esco e basta.
V’auguro buon divertimento.
VALERIA - Addio.
(Escono Volumnia e Valeria. Virginia si richina sul ricamo)
SCENA IV - L’accampamento romano davanti a Corioli
Entrano CAIO MARCIO e TITO LARZIO con un seguito di ufficiali e soldati con tamburi e vessilli. Un MESSAGGERO si fa loro incontro.
MARCIO - Arrivano notizie.
Scommetto che si sono già scontrati.
LARZIO - Il mio cavallo contro il tuo che no.
MARCIO - Accettato.
LARZIO - D’accordo, affare fatto.
MARCIO - (Al Messaggero)
Di’, s’è scontrato il nostro generale
col nemico?
MESSAGGERO - Si trovano già in vista
l’un dell’altro, ma scontro ancora niente.
LARZIO - Il tuo cavallo è mio!
MARCIO - Te lo ricompro.
LARZIO - Nient’affatto, né te lo do in regalo.
Te lo do in prestito per cinquant’anni.
(Al Trombettiere)
Appella a parlamento la città.
MARCIO - (Al Messaggero)
Quanto distan da qui i due eserciti?
MESSAGGERO - Un miglio e mezzo circa, non di più.
MARCIO - Allora sentiremo il loro allarme
d’inizio della mischia, ed essi il nostro.
Ora, Marte, ti prego,
facci concludere alla svelta qui(34),
sì che da qui possiamo poi marciare,
con le daghe di sangue ancor fumanti,
in aiuto dei nostri amici in campo.
(Al Trombettiere)
Avanti, la tua squilla.
(Tromba a parlamento. Sugli spalti delle mura di Corioli appaiono due SENATORI con altra gente)
(Ai due Senatori volsci)
Tullo Aufidio è in città?
PRIMO SENATORE - No, né c’è uomo qui che men di lui
vi tema: vale a dir meno che niente.
(Rullo di tamburi in lontananza)
Ecco i nostri tamburi
che chiamano a battaglia i nostri giovani.
E noi, piuttosto che lasciarci chiudere
come in trappola dentro queste mura,
le abbatteremo. Queste nostre porte
che sembrano sbarrate fortemente,
le abbiam fermate appena con dei giunchi.
Si apriranno da sé.
(Frastuono di carica guerresca in lontananza)
Laggiù, sentite?
Aufidio è là; potete immaginarlo
il bel lavoro ch’egli sta facendo
in mezzo al vostro dimezzato esercito(35).
MARCIO - Oh, s’azzuffano!
LARZIO - Questo lor clamore
sia il nostro segnale. Qua le scale!
(Soldati volsci escono improvvisamente dalle mura)
MARCIO - Non ci temono, questi, anzi, vedete,
ci fanno addirittura una sortita!
Avanti allora, scudi avanti al cuore,
e col cuore più saldo degli scudi,
all’assalto, mio valoroso Tito!
Costoro mostrano d’averci a spregio
più di quanto potessimo pensare;
e ciò mi fa sudare dalla rabbia!
All’assalto, all’assalto, miei soldati!
Il primo che indietreggia,
lo prenderò per un soldato volsco,
e gli farò assaggiare la mia spada!
(Allarme di battaglia. I Romani sono respinti sulle loro posizioni)
(Marcio esce combattendo, poi rientra, infuriato, gridando)
Ah, vergogna di Roma! Branco di...
Vi s’attacchino addosso tutti i mali
più pestilenti d’Africa! Carogne!
Vi ricoprano pustole e bubboni,
sì che ancor prima di guardarvi in faccia
vi possiate infettar l’un con l’altro
a un miglio di distanza controvento!
Anime d’oca dentro umane forme!
Come avete potuto indietreggiare
davanti a un’accozzaglia di straccioni
che perfino le scimmie
sarebbero capaci di sconfiggere?
Per Plutone e l’inferno
siete feriti tutti nella schiena,
con le facce slavate per la fuga
e la paura che vi fa tremare!
Pensate a riscattarvi, scellerati!
Ricacciateli indietro, o, per il cielo,
mollo il nemico e vi combatto contro!
V’ho avvertiti. Tenete duro! Avanti!
E li ricacceremo alle lor tane,
in braccio alle lor mogli,
così com’essi ci hanno ricacciati
alle nostre trincee. Su, dietro a noi!
(Altra carica. Questa volta i Romani hanno la meglio, i Volsci sono volti in fuga, e Marcio li insegue da solo fino alle porte della città)
Ecco, le porte adesso sono aperte.
Dimostratevi buoni inseguitori.
A chi insegue le apre la Fortuna,
le porte, non a chi se la dà a gambe!
Guardate me, e fate come me.
(Entra da solo in Corioli)
PRIMO SOLDATO - (Arrestandosi cogli altri davanti alla porta ancora aperta)
È prodezza da folle, io non lo seguo.
SECONDO SOLD. - E io nemmeno.
(Improvvisamente la porta si chiude)
Toh, guardalo là!
L’han chiuso dentro.
TUTTI – È in trappola, sicuro!
Entra TITO LARZIO
LARZIO - Che succede di Marcio?
TUTTI - Ucciso, generale, non c’è dubbio.
PRIMO SOLDATO - Stava inseguendo quelli che fuggivano,
è entrato insieme a loro, e quelli, subito,
gli hanno richiuso la porta alle spalle.
È solo, contro tutta la città.
LARZIO - Oh, nobile collega!
Tu che sensibilmente(36) in audacia
superi l’insensibile tua spada,
e resisti, se pur essa si piega!
Tu sei perduto, Marcio!
Un diamante della più pura luce(37)
e dello stesso peso del tuo corpo
non sarebbe gioiello più prezioso!
Tu eri, come nessun altro a Roma,
il soldato voluto da Catone(38),
fiero e tremendo non solo a colpire,
ma cui bastava solo un truce sguardo
e un grido della tua voce di tuono,
per incuter tal tremito al nemico,
come se tutto il mondo fosse preso
subitamente da tremor febbrile.
Entra MARCIO, sanguinante, inseguito da soldati volsci(39)
PRIMO SOLDATO - Oh, generale, guarda, guarda là!
Ma quello è Marcio! Corriamo a salvarlo,
o qui si muore tutti insieme a lui!
(Zuffa. I Romani sopraffanno i Volsci ed entrano tutti in Corioli)
SCENA V - Corioli, una strada
Entrano alcuni legionari romani recando in mano delle spoglie di guerra
PRIMO SOLDATO - (Mostrando un oggetto d’argento)
Io questa roba me la porto a Roma.
SECONDO SOLD. - E io con quest’altra.
TERZO SOLDATO - (Gettando via il proprio bottino)
Accidentaccio!...
Questo l’avevo preso per argento!
(In lontananza, il fragore di cariche che continuano)
Entra CAIO MARCIO, sanguinante, con TITO LARZIO e un trombettiere. Al vederli, i soldati con le spoglie di guerra escono. Marcio si ferma a seguirli con lo sguardo.
MARCIO - Eccoli là, questi eroi da strapazzo!
L’onore di soldato(40) per costoro
non vale più d’una dracma crepata(41).
Ferri vecchi, cuscini, cucchiaiacci,
giaccacce lise che perfino il boia
seppellirebbe con chi le portava(42),
saccheggian tutto, questi manigoldi,
tutto imballano, per portarlo a casa,
prima ancora che cessi la battaglia!
Che crepassero tutti!... Senti, senti
che chiasso leva di là il generale(43)!
A lui adesso! Là c’è un uomo, Aufidio,
ch’io odio sovra ogni altra cosa al mondo,
e sta facendo strage di Romani!
Perciò, trattieniti, mio prode Tito,
quanti soldati credi che ti servano
per tener la città; io, nel frattempo,
con quelli che hanno l’animo di farlo,
accorro a dare man forte a Cominio.
LARZIO - Ma tu sanguini, mio nobile Marcio.
Già troppo dura prova hai sostenuto,
per combattere ancora.
MARCIO - Niente lodi.
Quel che ho fatto non m’ha manco scaldato.
Perdere un po’ di sangue, col mio fisico,
fa più bene che male.
Voglio apparir così davanti a Aufidio,
e battermi con lui.
LARZIO - Possa allora la bella dea Fortuna
innamorarsi di te follemente,
e con la forza dei suoi incantesimi
sviar da te le spade dei nemici,
ed il Successo diventar tuo paggio.
MARCIO - E a te non meno sia il Successo amico
di quanto l’è a coloro cui Fortuna
decide di portare in alto. Addio.
(Esce)
LARZIO - Nobile Marcio!
(Al trombettiere)
Va’, recati al Foro
e chiama con la tromba a parlamento
tutti i notabili della città:
che s’adunino in piazza,
per conoscere i nostri intendimenti.
(Escono)
SCENA VI - Il campo di Cominio
Entra COMINIO alla testa di soldati romani in ritirata
COMINIO - Alt, riprendete fiato, miei soldati!
Vi siete ben battuti!
Ne siamo usciti fuori da Romani,
senza resistere spavaldamente,
senza vigliaccamente ritirarci.
Ci attaccheranno ancora, son sicuro.
Mentre ci scontravamo,
di quando in quando, portate dal vento,
si sentivan le cariche dei nostri
dall’altra parte. Che gli dèi di Roma
li vogliano guidare alla vittoria,
come speriamo vogliano con noi,
così che al fine entrambi i nostri eserciti,
incontrandosi col sorriso in fronte,
possano offrirvi, o dèi,
i sacrifici di ringraziamento!
Entra un MESSAGGERO
Che nuove porti?
MESSAGGERO - Quelli di Corioli,
han fatto all’imprevisto una sortita
e hanno dato battaglia a Larzio e Marcio.
Ho visto io stesso i nostri
che venivano ricacciati indietro
nelle loro trincee; e son partito.
COMINIO - Sarà come tu dici,
ma non mi pare sia proprio così.
Da quanto tempo sei venuto via?
MESSAGGERO - Da più di un’ora.
COMINIO - Ma da qui a Corioli
non c’è nemmeno un miglio di distanza,
e da poco si sono uditi qui
i lor tamburi. Come hai tu potuto
metterci un’ora a percorrere un miglio,
e recar così tardi il tuo messaggio?
MESSAGGERO - Sulle mie tracce alcune spie dei Volsci
m’hanno dato la caccia, e m’ha costretto
a fare un giro di tre o quattro miglia,
per evitarle; se no, generale,
t’avrei recato già mezz’ora fa
il mio messaggio.
Entra MARCIO dal fondo
Ma chi è laggiù,
che par come se l’abbian scorticato?
O dèi! Dalla figura sembra Marcio!
L’ho visto già altre volte in quello stato.
MARCIO - (Da lontano)
Arrivo troppo tardi?
COMINIO – È la sua voce.
Saprei distinguerla da altre mille,
meglio di quanto non sappia il pastore
il fragore di un tuono da un tamburo(44).
MARCIO - (Avvicinandosi)
Arrivo troppo tardi?
COMINIO - Sì, se quel sangue che t’ammanta tutto,
è sangue tuo, e non sangue nemico(45).
MARCIO - Ah, lascia ch’io ti abbracci
forte, Cominio, e con la stessa gioia
con la quale abbracciai la mia ragazza
al declinar del giorno delle nozze,
quando ardenti bruciavano le fiaccole
a farmi luce sulla via del talamo!
COMINIO - Fior di tutti i guerrieri! E Tito Larzio,
che mi dici di lui?
MARCIO - Ch’è tutto preso
ad emanar decreti di giustizia,
chi condannando a morte, chi all’esilio,
di chi accettando il prezzo del riscatto,
con chi indulgente, con chi rigoroso;
tiene Corioli, nel nome di Roma,
al guinzaglio, come un levriero docile
da lasciar libero come si voglia.
COMINIO - (Volgendosi intorno)
Dov’è quel miserabile
che poc’anzi è venuto ad annunciarmi
che il nemico v’aveva ricacciati
nelle vostre trincee?... Dov’è? Chiamatelo!
MARCIO - Lascialo stare. T’ha informato bene.
A parte i nobili, la bassa forza
- peste li colga! E gli han dato i tribuni! -
son fuggiti, come da gatto sorcio,
davanti a scalcagnati più di loro.
COMINIO - E come avete fatto a prevalere?
MARCIO - C’è tempo per spiegartelo? Non credo.
Ma il nemico dov’è? Siete rimasti,
a quanto pare, padroni del campo.
Se no, perché cessaste di combattere?
COMINIO - Finora, Marcio, abbiamo combattuto
in una posizione di svantaggio,
e ci siam ritirati di proposito,
per poi rifarci e vincerli.
MARCIO - Sai com’hanno schierato il loro esercito?
E dove han messo gli uomini migliori?
COMINIO - Da quel che m’è dato indovinare,
in prima linea son quelli di Anzio,
che sono i combattenti più affidabili,
e li comanda Aufidio,
il vero cuore delle lor speranze.
MARCIO - Ti supplico, Cominio,
per le battaglie combattute insieme,
per il sangue che insieme abbiam versato,
pei giuramenti che ci siam fatti,
fa’ in modo ch’io mi trovi faccia a faccia
con Aufidio e con tutti i suoi Anziati,
e non tardare ad attaccar battaglia;
affrontiamoli subito, riempiamo
di frecce l’aria, e di spade brandite.
COMINIO - Sarebbe meglio, penso, nel tuo stato,
ch’io ti faccia condurre ad un bel bagno
e spalmarti d’unguenti le ferite;
ma non saprò giammai negarti nulla.
Scegli tu stesso gli uomini
più adatti a secondarti nell’azione.
MARCIO - Saranno solo quelli
che mi diranno d’esservi disposti.
(Forte, ai soldati)
Se c’è qualcuno qui
- e sarebbe peccato dubitarlo -
cui piaccia questa tinta ond’io, vedete,
sono imbrattato dalla testa ai piedi;
se c’è qualcuno che ha meno paura
di rischiare la vita che il suo nome,
che pensa che una morte valorosa
vale più d’una vita senza onore;
e che la patria val più che se stesso,
egli solo, o quant’altri in mezzo a voi
si trovino a pensarla come lui,
levino in alto il lor gladio, così,
per dir che sono pronti a seguir Marcio.
(Tutti, con un grido, agitano in alto i gladii; alcuni sollevano Marcio sulle loro braccia, altri lanciano in aria i berretti)
Di me solo, di me fate una spada(46)!
Se queste vostre manifestazioni
non son soltanto mostra,
quale di voi non vale quattro Volsci?
Non c’è nessuno che non sia capace
d’opporre al grande Aufidio
uno scudo robusto come il suo.
Io vi ringrazio tutti, ma tra voi
debbo scegliere solo un certo numero.
Gli altri daranno prova in altra impresa,
quando se ne presenti l’occasione.
Ora vi piaccia di sfilarmi innanzi
in bell’ordine, sì ch’io possa scegliere
subito quelli più adatti a seguirmi.
COMINIO - In marcia, miei soldati!
Date prova d’avere quel coraggio
che avete sì altamente proclamato,
e ciascuno dividerà con noi
la sua parte di rischi e di bottino.
(Escono marciando)
SCENA VII - Davanti alle porte di Corioli
TITO LARZIO con un tamburino, un trombettiere e una guida è sul punto di partire per recare aiuto a Cominio e Caio Marcio; con lui è anche un LUOGOTENENTE con altri soldati
LARZIO - (Al Luogotenente)
Dunque, le porte siano ben guardate.
Attenetevi agli ordini impartiti.
Se lo richiederò,
mandate subito quelle centurie(47)
in nostro aiuto. Il resto basterà
a tenere per poco la città;
per poco, sì, ché se perdiamo in campo,
la città non potremo più tenerla.
LUOGOTENENTE - Va bene, generale, sarà fatto(48).
LARZIO - Muoviamo, dunque, e chiudete le porte
dietro di noi.
(Alla Guida)
Andiamo, battistrada,
scortaci fino al campo dei Romani.
(Escono)
SCENA VIII - Il campo di battaglia.
1 comment