Escono tutti nell’ordine in cui sono entrati, tranne i due tribuni)

 

BRUTO - Ecco, hai sentito con quali intenzioni

vuol trattar con il popolo.

 

SICINIO - Ho sentito,

e speriamo che il popolo capisca.

Andrà a sollecitare il lor suffragio

con l’aria d’uno che tenga a disdegno

che siano loro a doverglielo dare.

 

BRUTO - Andiamo, adesso. Bisogna informarli

di quanto è stato qui deliberato.

So che sono nel Foro ad aspettarci.

 

(Escono)

 

 

SCENA III - Roma, il Foro

 

Entra un gruppo di CITTADINI

 

PRIMO CITTADINO - Insomma, se ci chiede il nostro voto,

rifiutarglielo certo non possiamo.

 

SECONDO CITT. - E invece sì; basterà che vogliamo!

 

TERZO CITTADINO - Il potere di farlo ce l’abbiamo:

ci manca quello di tradurlo in atto.

Perché se mette in mostra le ferite

e ci spiattella tutto quel che ha fatto

ci tocca cedere la nostra lingua

a quelle, e far che parlino per noi.

Così se si presenta avanti a noi

a raccontar le sue nobili gesta,

come facciamo a non significargli

la nostra generosa gratitudine?

L’ingratitudine è cosa mostruosa,

e per il popolo mostrarsi ingrato

vuol dire farsi mostro da se stesso;

e noi tutti, che ne facciamo parte,

passeremo così per tanti mostri.

 

PRIMO CITTADINO - E ci vuol poco a far ch’essi ci vedano

non meglio di così. Quando insorgemmo

per il grano, non esitò un istante

proprio lui, Coriolano, a definirci

“una plebaglia dalle molte teste”.

 

TERZO CITTADINO - Oh, quanti ci chiamavano così!

E non perché la testa

fra tutti noi c’è chi la tiene grigia,

chi castana, corvina e chi pelata,

ma son le nostre idee

che sono tutte di color diverso.

Del resto penso anch’io, per parte mia,

che se le idee di ciascuno di noi

dovessero uscir tutte da un sol cranio,

sciamerebbero in ogni direzione,

a est, a ovest, a nord e a sud;

e il solo punto su cui accordarsi

circa la direzione dove andare,

sarebbe di volarsene ciascuna

per tutti i quattro punti cardinali(113).

 

SECONDO CITT. - Così pensi? Ed in quale direzione

volerebbe la mia, secondo te?

 

TERZO CITTADINO - Beh, intanto non è facile, alla tua,

di venirsene fuori come l’altre,

chiusa com’è in una zucca di legno;

ma direi che, se uscisse in libertà,

tirerebbe filato verso sud.

 

SECONDO CITT. - E perché proprio là?

 

TERZO CITTADINO - Per andare a disfarsi nella nebbia;

dove si scioglierebbe per tre quarti

mischiata con vapori puzzolenti,

mentre la quarta, presa dallo scrupolo,

ritornerebbe a te,

per aiutarti a sceglierti una moglie.

 

SECONDO CITT. - A te la voglia di sfottere il prossimo

non manca mai. Ma fa’ pure, fa’ pure!

 

TERZO CITTADINO - Allora, siete tutti risoluti

a dargli il vostro voto?

Anche se, poi, sì o no, non cambia niente.

La maggioranza è quella che decide.

Però se si mostrasse un po’ più incline

al popolo, più degno uomo di lui

non c’è mai stato. Eccolo che viene,

e con la tunica dell’umiltà.

 

Entra CORIOLANO. Ha indosso la “tunica dell’umiltà”. Con lui è MENENIO

 

Stiamo a vedere come si comporta...

Ma non restiamo qui tutti ammassati;

avviciniamolo, pochi per volta,

a uno, a due, a tre, dove si ferma...

Deve rivolgere la sua richiesta

a ciascuno di noi, singolarmente:

perché ciascuno di noi ha diritto

di dargli il voto con la propria voce.

Perciò statemi dietro,

vi mostrerò come dovete fare

quando l’avvicinate.

 

TUTTI - Ti seguiamo.

 

(Escono tutti)

 

MENENIO - No, hai torto, mio caro, a far così!

Ma non hai mai saputo

che persone degnissime l’han fatto,

prima di te?

 

CORIOLANO - Che cosa devo fare?

“Ti prego, cittadino...”. Dannazione!

Non me la sento proprio

di forzare la lingua ad un tal passo!

“Guarda le mie ferite, cittadino,

le ho buscate al servizio della patria,

quando non pochi dei compagni vostri

se la davano a gambe schiamazzando

al primo rullo dei nostri tamburi...”.

 

MENENIO - O dèi, per carità, poveri noi!

Non devi tirar fuori tutto questo!

Tu non devi far altro che pregarli

che si ricordino di te.

 

CORIOLANO - Di me...

Loro!... Che s’impiccassero piuttosto!

Di me magari si dimenticassero,

invece, come fanno coi precetti

di virtù che gli predicano i preti!

 

MENENIO - Tu rischi di mandare tutto all’aria.

Ti lascio adesso. Vedi di parlare

a quella gente in maniera garbata.

 

CORIOLANO - Sì, chieder loro di lavarsi il viso

e di pulirsi i denti.

 

(Esce Menenio)

(Entrano il SECONDO e il TERZO CITTADINO)

 

Eccone appunto un paio.

(Al Terzo Cittadino)

Cittadino,

tu sai il motivo per cui io sto qui.

 

TERZO CITTADINO - Già. Ma dicci che cosa ti ci porta.

 

CORIOLANO - I miei meriti.

 

SECONDO CITT. - I tuoi meriti?

 

CORIOLANO - Già,

non certo il mio volere personale.

 

TERZO CITTADINO - Ah, non il tuo volere...

 

CORIOLANO - Nossignore;

non fu mai voler mio

importunare la povera gente

chiedendo io l’elemosina a loro.

 

TERZO CITTADINO - Beh, devi pur pensare

che se noi plebe ti diamo qualcosa

speriamo d’ottener qualcosa in cambio.

 

CORIOLANO - Bene, ditemi allora, per favore,

qual è il prezzo che date al consolato.

 

SECONDO CITT. - Che tu ce lo richieda gentilmente.

 

CORIOLANO - E gentilmente, amico,

io ti chiedo di farmelo ottenere.

Ho qui delle ferite da mostrarti,

che puoi vedere, se lo vuoi, in privato.

(All’altro)

Il tuo buon voto, amico. Che mi dici?

 

TERZO CITTADINO - Che l’avrai, degno Marcio.

 

CORIOLANO - Affare fatto.

Ecco già due magnifici suffragi

mendicati. Ho intascato l’elemosina.

Statevi bene!

 

(Volta loro le spalle, come per andarsene)

 

TERZO CITTADINO - Ma che strano modo!

 

SECONDO CITT. - Mah, se dovessi darglielo di nuovo,

chissà... Comunque, beh, lasciamo stare.

 

(Escono i due cittadini)

 

Entrano il QUARTO e il QUINTO CITTADINO

 

CORIOLANO - (Andando loro incontro)

Di grazia, amici, se mai s’accordasse

col tono stesso dei vostri suffragi(114)

il fatto ch’io sia nominato console,

eccomi qua vestito

come richiesto dalla consuetudine.

 

QUARTO CITT. - Hai meritato bene della patria,

ma hai anche non bene meritato.

 

CORIOLANO - Cos’è, un indovinello?

 

QUARTO CITT. - Pei suoi nemici sei stato un flagello,

ma per i suoi amici una tortura(115).

Tu, la povera gente, in verità,

non l’hai tenuta mai in simpatia.

 

CORIOLANO - Tanto più meritevole per questo

dovresti ritenermi, perché “povero”

non sono stato nel volerle bene(116).

Comunque, cittadino, d’ora in poi

l’adulerò il mio grande fratello,

il popolo, per conquistar da lui

maggiore stima: ché questo per loro

vuol dire “esser gentili con il popolo”.

E dal momento che la lor saggezza

preferisce guardare al mio cappello

piuttosto che al mio cuore, d’ora innanzi

li tratterò col più ipocrita inchino

e con la più leccosa scappellata.

Vale a dire che imiterò, brav’uomo,

le smancerie di certi capipopolo,

che elargirò con generosità

a quanti gradiranno di riceverne.

Perciò, vi supplico, fatemi console.

 

QUINTO CITTADINO - Noi speriamo poterti avere amico;

perciò ti diamo di buon cuore il voto.

 

QUARTO CITT. - Ti sei buscato un sacco di ferite

per la tua patria...