Stendeva ora una gamba, ora l'altra sotto il sedile occupato da un grosso signore che gli stava di faccia e che guardava traverso gli occhiali con una calma serena, deciso a non fermare quelle gambe finché non l'avessero urtato. Avanzavano come se volessero finire su lui in un calcio, eppoi passavano nello spazio fra le sue due grosse gambe senza neppure sfiorarle. E il grosso uomo (il signor Aghios lo guardò ora soltanto) aveva degli occhiali dalle lenti di uno spessore sorprendente. La luce vi si frangeva e mandava sulle sue palpebre una macchia azzurra luminosa che dava alla sua faccia l'aspetto del Mefistofele del teatro lirico. E fra quell'uomo tranquillo che aspettava il calcio per protestare e l'altro, inquieto e sofferente, le simpatie del signor Aghios andarono intere al malato. Il movimento è il sollievo del corpo dolorante; si sposta come se al dolore volesse fuggire. Ora il giovinotto cercò di muoversi in altra direzione, forse perché da quella parte sentiva la minaccia di quei grossi occhiali e del loro riverbero. Guardò dietro di sé il soffice cuscino su cui avrebbe voluto poggiare la testa, ma cui non poteva giungere proprio causa le grosse spalle del signor Aghios. E il signor Aghios intese quel desiderio come se gli fosse stato detto e si strinse e volse in modo che quel capo stanco potesse arrivare al cuscino. Poi: “Guardi, guardi” disse con slancio, “mi metterò così!”. Si gettò con la faccia verso la finestra e mise anche il petto parallelo alla stessa. L'altro, pronto, dopo di aver mormorato un fervido grazie, lasciò cadere la testa sul cuscino. Poco dopo la rimise sulle mani, le braccia poggiate sulle ginocchia. Ma il signor Aghios, col naso sulla lastra, non lo vedeva più, perché ogni suo atto gentile rendeva più vivo il suo pensiero sul lieto viaggio, come se la locomotiva si fosse messa a correre più dolce e più forte.
Ma pure questo pensiero non era abbastanza libero, perché egli continuava a discutere la propria libertà di amare le donne degli altri. Con chi? Non con la moglie, che nei suoi sogni mai apriva bocca, ma con quell'essere non precisabile, ma che pur deve esserci in qualche luogo, nell'etere forse che si suppone sia dappertutto, che sovraintende alla legge morale.
Oggidì era acquisito dalla scienza che le giovani e belle donne erano più necessarie ai vecchi che ai giovani. Naturalmente, oltre che la sorpassata legge morale, perché a questa necessità sia corrisposto, c'era l'ostacolo che anche alle giovani e belle donne era concessa la libertà di disporre di sé. Forse contro ogni giustizia, perché per la loro giovinezza e per la loro bellezza esse alla libertà non sono preparate. Oggetti troppo preziosi, venivano distribuiti anche più ingiustamente dell'oro stesso. Si conquistavano anche con un paio di mustacchi bene impomatati. Ai vecchi non si concedevano che in casi rarissimi: Gerontomania. Ma se si confermava quello che Woronoff e Stirnach asserivano? Meglio di loro, sarebbe servita a ridestare nei vecchi organismi la memoria, l'attività, la vita, una bellissima fanciulla o, più precisamente, una bellissima fanciulla alla settimana. Già i vecchi ebrei pensavano così e per tenere in vita re Davide, gli offersero una bella fanciulla. Ma egli non volle toccarla e dovette miseramente perire.
Volle essere giusto e non appena pensò alla giustizia, il suo pensiero corse alla propria moglie. Anch'essa con la faccia tuttora fresca, l'aspetto incantevole come sulla banchina a Milano con quel nastro rosso che si moveva alla brezza vespertina, poteva dare a qualcun altro (non a lui) un po' di vita e riceverne. Invece essa invecchiava peggio di lui, perché essa poi mancava del suo libero pensiero. Poverina! Non era però suo l'ufficio di darle tale pensiero. In passato egli invece aveva fatto del suo meglio per toglierglielo. Anzi, appena sposati, la sua morale era stata dura e imperiosa. Che rimorso! Non bisogna mai sgridare nessuno, perché poi ci si pente. L'altro resiste ed è male.
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