– Proprio, anche: paura. – Paura, non è vero? – Paura, sipo.»
Era un coro di quattro o cinque fra signore e signorine in fronzoli, molto serie, molto irrigidite dal grande onore di trovarsi in casa della contessa Tarquinia Carrè.
«Sei punti a me!» gridò il senatore.
«Quanti?» rispose un personaggio invisibile.
«Sei, sei, sei! Siete sordo?»
«No, ma i preti ah!»
«Già; è un baccano! Fate un poco tacere a quei preti, contessa Tarquinia!»
I preti giuocavano a tresette nella stanza del piano, vociavano, schiamazzavano.
«Scusate caro voi, Grigioli» disse la contessa a un giovane che parlava con la baronessa Elena Carrè di Santa Giulia, seduta sul canapè vicino. «Andate a pregare i reverendi, con buona maniera, di non far tanto chiasso.»
Quegli s’inchinò.
«Benedetta la Sicilia» gli disse piano la contessa. «A proposito, mi raccomando, eh!»
«Cosa, contessa?»
«Dove avete la testa? Cortis.»
«Eh sì, va benone, contessa. Cinquanta voti sicuri, qui. Lo dicevo adesso alla baronessa Elena.»
«Non parlate, caro voi, di queste cose a mia figlia, che non sa cosa siano né la destra né la sinistra. Andate là, andate là da quei reverendi... Dov’è Cortis?», diss’ella a sua figlia, poi che il giovane si fu allontanato.
«Andate, andate, giovinotto, fate tacere a preti» disse il senatore a colui che passava lungo il biliardo. «Dite che imparino un poco da questi altri signori. Fate tacere a don Bartolo!»
Presso un’altra porta a vetri della gran sala a crociera un gruppo d’uomini discorreva di qualche argomento molto misterioso, pareva, e molto importante.
Uno di loro chiamò:
«Dottor Grigiolo!»
«Comandi!» rispose il giovane. «Vengo subito.» E tirò avanti verso la stanza del piano.
«È medico quel giovinotto?» disse il senatore al suo compagno.
«No signore, dottor in legge» disse questi ossequiosamente.
I preti avevano smesso di giuocare. Il cappellano don Bortolo teneva un foglio in mano e declamava dei versi tra le risate dei colleghi.
«La permetta, don Bortolo» disse l’ambasciatore.
«Bravo, dottore» rispose don Bortolo. «La venga qua, La senta anche Lei:
El sindaco risponde: a ghì rason.
«No, La permetta.»
«Ma La perdoni, La senta!»
Il dottor Grigiolo si rassegnò fremendo ad ascoltare un’altra strofa che finiva così:
E el sindaco: anca vù gavì rason.
«Va bene, ma La permetta.»
«Ma La perdoni, perché non La sa. Adesso viene il bello.»
Don Bortolo, riscaldato da parecchie tazzette, come le chiamava, continuò a declamare una satira anonima, la descrizione di un battibecco fra certi consiglieri comunali intorno a un sindaco che dava ragione a tutti.
El sindaco tasea col collo storto.
E po infin l’à concluso: a no ghì torto.
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