L’Abbazia di Leicester illuminata. Ci era morto
Wolsey. Gli abati stessi lo avevano seppellito.
Non era più il viso di Wells, era il viso
del prefetto. Non stava fingendo. No, no: si sentiva male veramente. Non
fingeva. E sentì la mano del prefetto sulla fronte e sentì la propria fronte ardente
e umida contro la mano fredda e umida del prefetto. Ecco come doveva essere
toccare un topo di fogna, viscido e umido e freddo. Ogni topo aveva due occhi
con i quali guardare. Pelame lustro e melmoso, piccole piccole
zampe flesse e pronte al balzo, neri occhi melmosi con cui guardare. Sapevano
bene come si salta. Ma il cervello dei topi non capiva la trigonometria. Quando
morivano, i topi, giacevano riversi sul fianco. Il pelame si asciugava, allora.
Non erano che cose morte.
Il prefetto era di nuovo lì e la sua voce
stava dicendo che doveva alzarsi; Padre Ministro aveva detto che doveva alzarsi
e vestirsi e andare in infermeria. E mentre lui si vestiva, il più rapidamente
possibile, il prefetto disse:
“Dobbiamo fare i bagagli e andare da Fratello
Michael perché abbiamo l’intestino che brontola!”.
Era stato molto buono a dire questo. Solo
per farlo ridere. Ma non poteva ridere perché aveva le guance e le labbra tutte
un brivido: e allora il prefetto dovette ridere da solo. Il prefetto esclamò:
“Fuori il passo! Paglia! Fieno! Destro!
Sinistro!”.
Discesero insieme le scale e percorsero il
corridoio e passarono davanti al bagno. Nel passare davanti alla porta ricordò con
un timore vago l’acqua stagnante tiepida color torba, l’aria calda e umida, il
tonfo dei tuffi, l’odore degli asciugatoi, come di medicina.
Fratello Michael era in piedi sulla soglia
dell’infermeria e dallo sportello dell’armadio scuro alla sua destra usciva un
odore di medicine. Veniva dai flaconi sulle mensole. Il prefetto parlò a Fratello
Michael e Fratello Michael rispose e diede del “signore” al prefetto. Aveva
capelli rossastri spruzzati di grigio e un’aria strana. Era strano che
rimanesse sempre Fratello. Era strano anche che non si potesse rivolgersi a lui
dandogli del “signore” perché era un Fratello e aveva un’aria diversa. Non era
forse abbastanza pio, o per quale altro motivo non riusciva a raggiungere gli altri?
Nella stanza si trovavano due letti e in un
letto c’era un allievo: e quando entrarono gridò:
“Ehilà! È il piccolo Dedalus! Che cosa c’è
in aria?”.
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