Cercò di infilare le calze. Le sentì ruvide in modo orrido.
La luce del sole era bizzarra e fredda. Fleming disse:
“Non ti senti bene?”.
Non lo sapeva; e Fleming disse:
“Torna a letto. Dirò a MacGlade che non
stai bene”.
“È malato”.
“Chi?”.
“Dillo a MacGlade”.
“Torna a letto”.
“Non si sente bene?”.
Un compagno lo sostenne per le braccia
mentre si toglieva la calza che gli penzolava dal piede e tornava a infilarsi
nel letto caldo. Si raggomitolò tra le lenzuola, felice del loro tepore. Udì i compagni
parlare tra loro di lui mentre si preparavano per la Messa. Era stata una cosa
vile spingerlo nella piscina, dicevano. Poi le loro voci cessarono; erano
usciti. Una voce accanto al letto disse:
“Dedalus, non farci la spia, non ci farai
la spia, vero?”. Aveva di fronte a sé il viso di Wells. Lo guardò e vide che Wells
era spaventato.
“Non l’ho fatto apposta. Non farai la spia,
vero?”.
Il babbo gli aveva detto, qualunque cosa
gli fosse accaduta, di non tradire mai un compagno. Crollò il capo e rispose di
no e si sentì contento. Wells disse:
“Non l’ho fatto apposta, parola d’onore. Volevo
solo scherzare. Scusami”.
Il viso e la voce scomparvero. Si scusava perché
aveva paura. Paura che fosse una malattia. C’erano le malattie delle piante e c’era
il cancro, una malattia degli animali: o un altro male diverso. Era accaduto molto
tempo prima, là nel cortile della ricreazione, alla luce del crepuscolo mentre
lui si spostava di pochi passi all’estremità della linea, e un greve uccello
volava basso nella luce grigia.
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