“In aria c’è il cielo” disse Fratello
Michael. Era un allievo del terzo corso di grammatica e, mentre Stefano si
spogliava, chiese a Fratello Michael di portargli un piatto di crostini imburrati.
“Ah, vi prego!” disse.
“Te lo do io il burro!” disse Fratello
Michael.
“Domani mattina, quando verrà il dottore,
sarai dimesso dall’infermeria”.
“Chi, io?” disse l’allievo. “Non sto ancora
bene”.
Fratello Michael ripeté:
“Sarai dimesso dall’infermeria. Te lo dico
io”.
Si chinò ad attizzare il fuoco. Aveva una
lunga schiena, come il dorso di un cavallo da tranvai. Scosse con gravità l’attizzatoio
e fece cenno di sì con la testa all’allievo del terzo corso di grammatica.
Poi Fratello Michael uscì e dopo un po’ l’allievo
del terzo di grammatica si girò verso la parete e si addormentò. Si trovava all’infermeria.
Dunque era malato. Avevano scritto a casa per avvertire la mamma e il babbo? Ma
sarebbe stato più sbrigativo se uno dei sacerdoti fosse andato ad avvertirli personalmente.
Oppure lui avrebbe scritto una lettera da consegnare al sacerdote.
Cara mamma, sono malato. Voglio tornare a
casa. Ti prego, vieni a prendermi. Mi trovo all’infermeria.
Il tuo affezionato figlio
Stefano
Quanto erano lontani! Si vedeva la fredda luce
del sole fuori della finestra. Si domandò se sarebbe morto. Si poteva morire
pure in una giornata di sole. Avrebbe potuto morire prima che sua madre arrivasse.
Allora sarebbe stata celebrata una messa funebre per lui nella cappella come i
compagni gli avevano detto che era stato fatto dopo la morte di Little. Tutti gli
allievi avrebbero assistito alla messa, vestiti di nero, tutti con il viso malinconico.
Ci sarebbe stato anche Wells, ma nessun allievo l’avrebbe guardato. Alla messa
avrebbe assistito il rettore con un piviale nero e oro e ci sarebbero state
alte candele gialle sull’altare e intorno al catafalco. E avrebbero portato
adagio la bara fuori della cappella e lui sarebbe stato seppellito nel piccolo
cimitero della comunità; di lato al viale grande dei tigli. E Wells si sarebbe
pentito, allora, di quel che aveva fatto. E la campana avrebbe suonato a morto.
Gli sembrò di udire i rintocchi lenti. E
ripeté tra sé e sé la canzone che gli aveva insegnato Brigid.
Din don! La campana del castello!
Addio, madre mia!
Seppelliscimi nel vecchio cimitero
Accanto al mio fratello maggiore.
Avrò una bara nera
E sei angeli alle spalle,
Due per cantare, due per pregare
E due per portare lontano l’anima mia.
Com’era bello e triste! Quanto erano belle
le parole là dove dicevano “Seppelliscimi nel vecchio cimitero”! Un tremito gli
dilagò in tutto il corpo. Com’era triste e bello! Avrebbe voluto piangere
piano, ma non per se stesso: per quelle parole, così belle e tristi, come musica.
La campana! La campana! Addio! Oh, addio!
La fredda luce del sole era più scialba e Fratello
Michael si trovava in piedi al suo capezzale con una tazza di brodo. Ne fu lieto
perché aveva la bocca infuocata e secca. Udiva gli altri giocare nel cortile.
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