Abitavano a Clane, aveva detto un compagno: c’erano laggiù piccoli villini
e lui aveva visto sulla porta di uno di essi, nel vano di un battente, una
donna con un bambino in braccio quando le carrozze erano tornate da Sallins. Sarebbe
stato bello dormire per una notte in quel villino davanti al fuoco di torba fumosa,
nell’oscurità illuminata dalle fiamme, nella calda oscurità, aspirando l’odore dei
contadini, d’aria e pioggia, di torba e fustagno. Ma, oh, la strada laggiù tra gli
alberi era buia! Nel buio ci si può smarrire. Gli veniva paura al solo
pensarci.
Udì la voce del prefetto della cappella che
recitava l’ultima preghiera. Pregò pure lui, timoroso delle tenebre esterne
sotto gli alberi.
Entra, Ti supplichiamo, oh Signore, in
questa casa e scacciane tutte le insidie del nemico. Possano i Tuoi santi
angeli dimorare qui per mantenerci in pace e possa la Tua benedizione essere sempre
su di noi nel nome del Cristo nostro Signore. Amen.
Gli tremavano le dita quando si spogliò nel
dormitorio. Disse alle sue dita di sbrigarsi. Doveva spogliarsi e poi mettersi
in ginocchio e recitare le preghiere ed essere a letto prima che la luce a gas venisse
abbassata in modo da non andare all’inferno quando fosse morto. Si tolse i calzini
arrotolandoli, infilò rapido la camicia da notte, si inginocchiò tremante
accanto al letto e recitò in fretta le preghiere temendo che la fiammella del gas
si abbassasse. Sentì che le spalle gli si scuotevano mentre mormorava:
Dio benedici il papà e la mamma e
conservameli!
Dio benedici i miei fratellini e le mie
sorelline e conservameli!
Dio benedici Dante e lo zio Carlo e
conservameli!
Si fece il segno della croce, salì svelto a
letto e rimboccata sotto i piedi la camicia da notte, si rannicchiò sotto il
lenzuolo freddo e bianco sussultando e tremando. Ma non sarebbe andato all’inferno
quando fosse morto; e avrebbe smesso di rabbrividire. Una voce augurò la
buonanotte ai ragazzi nel dormitorio. Egli sbirciò fuori per un attimo al di
sopra della coperta e vide le tendine gialle intorno e davanti al letto che lo
isolavano da ogni lato. La luce venne abbassata senza rumore.
Le scarpe del prefetto si allontanarono.
Dove? Giù per la scala e lungo i corridoi, fino alla sua stanza in fondo? Vedeva
l’oscurità. Era vero quello che dicevano del cane nero che si aggirava là durante
la notte con occhi grandi come fanali di carrozza? Dicevano che era il fantasma
di un assassino. Un lungo brivido di paura gli dilagò in tutto il corpo. Vedeva
lo scuro vestibolo del castello. Anziani servi in vecchie livree si trovavano
nel guardaroba sopra lo scalone. Era un tempo lontano. I vecchi servi tacevano.
C’era il fuoco acceso laggiù ma il vestibolo restava buio lo stesso. Una figura
salì lo scalone dal vestibolo. Indossava il bianco mantello di maresciallo; aveva
un viso pallido e strano; teneva la mano premuta sul fianco. Guardava con occhi
strani gli anziani servitori. Essi guardavano lui e vedevano il viso e il
mantello del loro padrone e capivano che gli era stata inferta una ferita
mortale. Ma là dove guardavano non c’era che oscurità: soltanto aria oscura e silente.
Il loro padrone era stato ferito a morte sul campo di battaglia di Praga, molto
lontano al di là del mare. Si teneva in piedi sul campo; premeva la mano sul fianco,
aveva un viso pallido e strano e portava il bianco mantello di maresciallo.
Oh, quanto era gelido e strano pensare a
questo! Tutta l’oscurità era gelida e strana. Ci si vedevano pallidi strani
visi, occhi grandi come fanali di carrozza. Erano gli spettri degli assassini, le
figure di marescialli feriti a morte su campi di battaglia lontani al di là del
mare. Che cosa volevano mai dire per avere visi così strani?
Entra, Ti supplichiamo, oh Signore, in
questa casa e scacciane tutte...
Tornare a casa per le vacanze! Sarebbe
stato meraviglioso: glielo avevano detto i compagni.
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