Perciò l’ho stracciata. (Guarda con occhio penetrante il principe, che gli scocca di rimando un’occhiata incerta. Lunga pausa) Rispondimi: cosa c’entrano col tuo amore queste offese al talamo regale? Cosa temi da parte di Filippo? Che rapporto ci può essere tra le tue folli speranze e i diritti di un coniuge offeso? Forse ha peccato dove tu ami? Ora ti comprendo: come avevo frainteso finora il tuo amore!

 

CARLOS

Come, Rodrigo? Cosa credi?

 

MARCHESE

Sì, ho capito cosa devo rigettare per sempre. Una volta le cose erano completamente diverse: tu eri così ricco, pieno di fuoco e di calore, e tutto il mondo ruggiva e scalpitava nel tuo petto! Tutto ciò ora non esiste più, è stato cancellato, divorato dalla passione, dal tuo intimo piccolo egoismo: il tuo cuore è morto. Nemmeno una lacrima per lo spaventoso destino delle Province! Oh, Carlos, come sei diventato povero, infimo e miserabile da quando ami soltanto te stesso!

 

CARLOS (gettandosi a sedere in poltrona, dopo una pausa, soffocato dalle lacrime)

So che non hai più stima di me.

 

MARCHESE

Non dire questo, Carlos. Conosco queste reazioni: sono le deviazioni di un sentimento di per sé degno di lode. La regina era tua, e il re te l’ha sottratta. Ma finora un’eccessiva umiltà ti aveva impedito di rivendicare i tuoi diritti. Forse Filippo ne era degno: e tu non avevi il coraggio di pronunciare a voce alta la sentenza. Ma quella lettera è stata risolutiva: il più degno eri tu. Con la smisurata ebbrezza dell’orgoglio ti sei visto designato dal destino come vittima di un sopruso inaudito, il pensiero di essere stato offeso ti dava le vertigini, poiché la sofferenza generata dall’ingiustizia è la più alta forma d’adulazione degli spiriti nobili. A questo punto la tua fantasia ha rotto gli argini, e il tuo orgoglio si è sentito soddisfatto mentre il tuo cuore ha cominciato a sperare. Ero certo che, stavolta, avevi completamente frainteso te stesso.

 

CARLOS (commosso)

No, Rodrigo, ti sbagli. I miei pensieri erano assai meno nobili di quanto tu vorresti farmi credere.

 

MARCHESE

Mi si conosce così male, dunque? Vedi, Carlos, quando tu cadi nell’errore io tento di trovare tra mille quella virtù, una di quelle cento virtù che ti possono salvare. Ma adesso che di nuovo io e te parliamo la stessa lingua, fa’ come meglio credi! Tu parlerai, tu devi parlare alla regina.

 

CARLOS (abbracciandolo)

Come devo arrossire paragonato a te!

 

MARCHESE

Hai la mia parola. Lascia che sia io ad occuparmi del resto. Un pensiero audace, un’idea luminosa prorompe nella mia mente: ma tutto questo, Carlos, lo devi sentire da una bocca ben più affascinante. Tenterò di arrivare alla regina: forse già da domani troveremo la soluzione. Fino a quel momento, Carlos, ricordati che «un piano grande e nobile, generato da una ragione superiore, nutrito dalle sofferenze di un’umanità oppressa, non deve essere abbandonato, anche se fallisse diecimila volte di seguito». Hai sentito bene? Ricordati delle Fiandre!

 

CARLOS

Sì, di tutto, di tutto quello che mi ordinano tu e una virtù superiore.

 

MARCHESE (avvicinandosi a una finestra)

Il tempo è scaduto. Sento che il tuo seguito si avvicina. (Si abbracciano) Siamo di nuovo principe e vassallo.

 

CARLOS

Torni subito in città?

 

MARCHESE

Subito.

 

CARLOS

Non andare! Ancora una parola! Quasi me ne scordavo! È una notizia della massima importanza: il re apre le lettere dirette nel Brabante. Sta’ attento! Io so che la posta del regno riceve ordini segreti.

 

MARCHESE

Come fai a saperlo?

 

CARLOS

Don Raimondo di Taxis è un mio buon amico.

 

MARCHESE (dopo un attimo di pausa)

Anche questo! Allora le dirotteremo verso la Germania!

 

(Escono dai lati opposti della scena)

 

ATTO TERZO

 

 

 

La camera da letto del re.

 

 

Scena prima

 

 

Sul tavolo da notte due candele accese. Sullo sfondo, alcuni paggi addormentati, in ginocchio. Il re, semisvestito, è in piedi davanti al tavolo con un braccio piegato sulla seggiola, immerso nei suoi pensieri. Davanti a lui, un medaglione e delle carte.

 

RE

Che le sia sempre piaciuto andare a briglia sciolta con la fantasia… questo è innegabile. Io non sono mai riuscito a darle amore, eppure… non mi sembra che ne abbia sentito la mancanza, non è vero? Non ci sono dubbi, è una simulatrice. (Compie un gesto che lo riporta alla realtà e si guarda intorno stupito) Dov’ero? Non c’è nessuno che veglia ad eccezione del re? Come? Le candele sono quasi consumate? È già spuntata l’alba? Il sonno mi ha abbandonato. Natura, fingi che io abbia dormito: un re non potrà mai rifarsi delle notti perdute. Adesso sono sveglio, e quindi è giorno.