(Spegne le candele, solleva una tenda della finestra. Muovendosi per la stanza, scruta i paggi addormentati e resta un attimo in silenzio davanti a loro, poi suona il campanello) Si dorme persino nella mia anticamera?

 

Scena seconda

 

 

Il re, il conte di Lerma.

 

LERMA (sbigottito, scorgendo il re)

Vostra Maestà non si sente bene?

 

RE

Nel padiglione a sinistra c’era il fuoco? Non avete sentito il baccano?

 

LERMA

No, Maestà.

 

RE

Come? Allora era soltanto un sogno? Non può essere stato un caso: in quell’ala del palazzo non dorme la regina?

 

LERMA

Sì, Maestà.

 

RE

Quel sogno mi fa paura. Raddoppiate le guardie in quel punto. Avete capito? All’imbrunire, ma in segreto: è un ordine… Non vorrei che… Perché mi guardate così?

 

LERMA

Vedo un occhio febbrile, che ha un gran bisogno di sonno. Posso ricordare a Vostra Maestà che la sua è una vita preziosa, e che i popoli sarebbero dolorosamente stupiti nel constatare sul suo viso le tracce di una notte insonne? Due ore di sonno al mattino…

 

RE (con uno sguardo turbato)

Sonno! Lo troverò all’Escorial. Finché dorme, il re perde la sua corona, e lo sposo il cuore della sposa… No, no! È solo una calunnia. Non è stata una donna a bisbigliarmelo? Il nome della donna è Calunnia. Il delitto non è certo, finché non lo conferma un uomo. (Ai paggi che, nel frattempo, si sono alzati) Chiamatemi il duca d’Alba! (I paggi obbediscono) Venite più vicino conte! Allora è vero? (Resta in piedi fissando il conte) Oh, possedere almeno per un istante la capacità di vedere tutto! Giuratemi che è vero… Sono tradito o no? Sono tradito, è vero?

 

LERMA

Mio grande e buon sovrano…

 

RE (ritraendosi)

Re, sempre e soltanto re! Nessun’altra risposta che questa vacua e sonora eco? Io batto a questa roccia, e voglio acqua, acqua per la sete che mi arde… e al suo posto mi si rovescia addosso solo dell’oro incandescente.

 

LERMA

Ma cosa dovrebbe essere vero, Maestà?

 

RE

Niente, niente. Lasciatemi solo, andate. (Il conte si avvia all’uscita e il re lo richiama) Siete sposato? Avete dei figli?

 

LERMA

Sì, Maestà.

 

RE

Siete sposato, e avete il coraggio di vegliare una notte intera il vostro signore? I vostri capelli sono d’argento ormai, e non avete vergogna a credere all’onestà della vostra sposa? Tornate a casa. La troverete in un amplesso incestuoso con vostro figlio. Credete al vostro sovrano, andate… Siete stupito? Cosa significa il vostro sguardo? Che ho anch’io i capelli grigi? Infelice, riflettete. Le regine non macchiano mai la loro virtù. Siete morto, se avete il minimo dubbio…

 

LERMA (con calore)

E chi osa pensarlo? Chi può avere il coraggio, negli Stati del mio sovrano, di deturpare solo con un soffio quella purissima virtù? Di umiliare la migliore delle regine…

 

RE

La migliore? Anche per voi è la migliore? Ha degli amici che la circondano di una devozione contagiosa, non trovate? Dev’esserle costato parecchio, più di quanto so che non potrà mai dare. Vi congedo, mandatemi il duca.

 

LERMA

Mi sembra di sentirlo in anticamera. (Si avvia all’uscita)

 

RE (in tono più dolce)

Conte, ciò che avete notato poco fa era vero: ho il capo oppresso dalla notte insonne… Scordate le parole che ho pronunciato in sogno. Mi avete sentito? Scordatele. Sono il vostro amato sovrano. (Gli dà la mano da baciare. Lerma esce e introduce il duca d’Alba)

 

Scena terza

 

 

Il re, il duca d’Alba.

 

ALBA (avvicinandosi al re con aria perplessa)

Un ordine improvviso… a un’ora tanto insolita? (Osserva il re ed esprime la sua meraviglia) E questo aspetto…

 

RE (si è seduto, e ha preso in mano il medaglione che era sul tavolino, guarda a lungo il duca)

È proprio vero? Nemmeno un servo mi è fedele?

 

ALBA (rimane in silenzio)

Come?

 

RE

Sono mortalmente offeso, tutti lo sanno e nessuno ha avuto il coraggio di dirmelo!

 

ALBA

Un’offesa recata al mio re, sfuggita al mio occhio?

 

RE (mostrandogli delle lettere)

Conoscete questa calligrafia?

 

ALBA

È quella di Don Carlos.

 

RE (pausa, durante la quale osserva il duca)

Non sospettate nulla? Non mi avete messo in guardia contro la sua ambizione? Non era di lei, della sua ambizione, che dovevo tremare?

 

ALBA

L’ambizione è una parola grande, una parola grandissima che può comprendere un’infinità di cose.

 

RE

Non potete rivelarmi nessun dettaglio in particolare?

 

ALBA (dopo un attimo di pausa, in tono misterioso)

Vostra Maestà ha affidato il regno alle mie vigili cure. Tutti i segreti che conosco, tutto ciò che il mio spirito ha appreso in fatto di scienza e penetrazione psicologica, io lo devo allo Stato, ma tutte le altre cose che conosco sono di mia esclusiva pertinenza: sono proprietà sacre che sia lo schiavo venduto sul mercato che il vassallo hanno il diritto di non rivelare ai sovrani della terra… Non tutto ciò che per me è indiscusso, possiede l’evidenza infallibile che il mio sovrano richiede. Se desidera che io gli riveli l’arcano, io lo prego in tal caso di non chiederlo da monarca.

 

RE (tendendogli le lettere)

Leggete!

 

ALBA (legge e si volta terrorizzato verso il re)

Chi è stato quel folle che ha messo tra le mani del mio re questi fogli sciagurati?

 

RE

Come? Allora voi sapete chi ne è l’autore? A quanto mi risulta, il nome qui non appare.

 

ALBA (retrocedendo stupito)

Sono colpevole d’imprudenza.

 

RE

Voi lo sapete?

 

ALBA (dopo una certa esitazione)

Ormai mi è sfuggito. Il mio signore ordina, ed io non posso ritirarmi nel silenzio… non lo nego, conosco la persona.

 

RE (alzandosi in preda all’ira)

Tremendo Dio della vendetta, aiutami, ti supplico, a scoprire un nuovo genere di morte! Che due esseri siano coinvolti, è talmente chiaro, evidente, clamoroso, da farlo trapelare al primo sguardo, e non vale la pena di controllare… Ma questo è troppo, ed io non lo sapevo! Questo no! E sono l’ultimo ad esserne informato! L’ultimo in tutto il mio regno…

 

ALBA (gettandosi ai piedi del re)

Potente sovrano, confesso l’immensità della mia colpa. Mi vergogno della prudenza inconfessabile che mi predicava di tacere, quando l’onore del mio re, la verità e la giustizia mi esortavano invece a parlare… Proprio perché tutti vogliono tacere, proprio perché la seduzione della bellezza incatena le lingue degli uomini, io voglio tentare la prova e parlerò, benché sappia che le carezzevoli lusinghe di un figlio, e il fascino e le lacrime di una sposa…

 

RE (rapido, senza dargli tregua)

Alzatevi. Avete la mia parola di sovrano. Alzatevi e parlate, non abbiate timore.

 

ALBA (alzandosi)

Forse Vostra Maestà si ricorda quell’episodio nel giardino di Aranjuez. Quando voi trovaste la regina sola senza nemmeno una dama di compagnia, sconvolta, in un boschetto isolato.

 

RE

Dio mio! Cosa dovrò sentire! Proseguite.

 

ALBA

La marchesa di Mondecar fu esiliata dal regno, perché nella sua generosità non ebbe esitazioni e scelse di sacrificarsi per la regina… Adesso sappiamo cosa è veramente accaduto; la marchesa aveva semplicemente eseguito gli ordini che le erano stati impartiti. Il principe si era recato in quel luogo…

 

RE (con accento spaventoso, balzando in piedi)

Era stato là! Ma allora…

 

ALBA

Le orme sulla sabbia del piede di un uomo che finivano dentro una grotta cominciando da un viottolo a sinistra di quel boschetto, e un fazzoletto smarrito dall’infante e ritrovato nella grotta, destarono i primi sospetti. Un giardiniere aveva visto il principe in quel luogo e proprio nell’ora in cui Vostra Maestà arrivò nel boschetto.

 

RE (riscuotendosi dalle sue cupe riflessioni)

E quando io le comunicai tutto il mio stupore, lei pianse tutte le sue lacrime! Mi fece arrossire davanti alla corte, e persino di fronte a me stesso.