(Lo prende per mano e tenta di trascinarlo con sé nello studio)

 

DOMINGO

Io? Siete padrona di voi stessa, principessa?

 

FERIA

Fermatevi. In questo momento il re non vi ascolterà.

 

EBOLI

Mi deve ascoltare. Deve ascoltare la verità. La verità! Fosse dieci volte un Dio!

 

DOMINGO

Via! Via! Voi rischiate di perdere tutto! Fermatevi.

 

EBOLI

Uomo, sei tu a dover tremare davanti all’ira del tuo idolo! Io non corro nessun rischio.

 

(Mentre corre in direzione dello studio, il duca d’Alba esce a precipizio)

 

ALBA (gli brillano gli occhi, cammina con aria di trionfo. Corre verso Domingo e lo abbraccia)

Fate suonare il Te Deum in tutte le chiese. La vittoria è nostra.

 

DOMINGO

Nostra?

 

ALBA (a Domingo e agli altri Grandi)

Andiamo tutti dal re. Avrete presto altre notizie di me.

 

ATTO QUINTO

 

 

 

Una stanza nel palazzo reale, divisa da un cancello di ferro da un gran cortile dove marciano le sentinelle.

 

 

Scena prima

 

 

(Don Carlos, seduto a un tavolo, col capo appoggiato alle braccia come se dormisse. In fondo alla stanza alcuni ufficiali della guardia, rinchiusi con lui. Il marchese di Posa entra senza essere scorto da lui, e confabula sottovoce con gli ufficiali che escono subito. Si avvicina a Don Carlos e lo contempla tristemente, in silenzio, per qualche minuto e alla fine fa un movimento che lo risveglia dal suo sopore)

 

(Carlos si alza, si accorge della presenza del marchese e trasale spaventato. Lo guarda a lungo con gli occhi sbarrati e si passa una mano sulla fronte come se cercasse di ricordare qualcosa)

 

MARCHESE

Carlos, sono io.

 

CARLOS (dandogli la mano)

Vieni ancora a trovarmi! Un gesto nobile da parte tua.

 

MARCHESE

Ho pensato che potevi aver bisogno del tuo amico.

 

CARLOS

Davvero? Lo pensavi davvero? Ah, questo mi dà molta gioia, un’infinita gioia. Ah, lo sapevo che mi volevi ancora bene.

 

MARCHESE

Io merito la tua fiducia.

 

CARLOS

Non è vero? Oh, noi ci comprendiamo fino in fondo. Mi fa piacere. Questa gentilezza, questa cortesia ed elevatezza di sentire si addicono alle grandi anime come la tua e la mia. È probabile che una delle mie aspirazioni fosse ingiusta e prematura, ma non è un buon motivo perché tu, per questo, rigettassi in blocco anche quelle giuste. La virtù può essere inflessibile, ma non può tramutarsi in qualcosa di implacabile e disumano… Dev’esserti costata molto! Sono assolutamente certo che il tuo cuore tenero ha sanguinato parecchio quando hai adornato di fiori la tua vittima per condurla all’altare.

 

MARCHESE

Carlos! Cosa vuoi dire?

 

CARLOS

Tu porterai a termine ciò che io avrei dovuto fare e non ho potuto… Tu darai agli spagnoli quell’età dell’oro che hanno invano sperato da me. Per me è finita, finita per sempre. Tu l’hai compreso… Oh, quell’amore spaventoso ha trascinato orribilmente con sé i fiori e le gemme del mio spirito, ed io sono morto alle tue grandi speranze. La Provvidenza o la pura fatalità mettono il re sulla tua strada, ed egli è tuo a prezzo del mio segreto, e tu puoi tramutarti nel suo buon angelo. Per me non c’è più scampo, ma forse ce n’è ancora per la Spagna… Ah, non posso maledire nulla, proprio nulla, se non la mia colpevole cecità di non aver compreso fino a questo momento che tu, nella tua grandezza, sei capace di una tenerezza infinita!

 

MARCHESE

No! Non avevo previsto questo… non avevo previsto che la generosità di un amico potesse superare persino le sottigliezze e la solerzia dell’ingegno! Il mio edificio si sgretola… avevo dimenticato il tuo cuore.

 

CARLOS

Tuttavia, se fossi riuscito ad evitare a lei una simile sorte, te ne sarei stato immensamente grato! Non potevo sopportarlo da solo? Perché doveva proprio essere lei la seconda vittima? Ma adesso basta! Non voglio soffocarti con le mie rimostranze! Che importanza ha la regina per te? Tu ami forse la regina? La tua integrità morale dev’essere costretta a scendere a patti con le piccole pene del mio amore? Perdonami! Sono stato ingiusto.

 

MARCHESE

Lo sei. Ma non per ciò che mi rimproveri. Se meritassi uno solo dei tuoi rimproveri, allora li meriterei tutti e non potrei stare adesso qui, così, davanti a te! (Tira fuori il portafogli) Qui ci sono alcune lettere che mi avevi affidato in custodia: riprendile.

 

CARLOS (guarda stupito sia le lettere che il marchese)

Come?

 

MARCHESE

Te le ridò, perché ritengo siano più al sicuro presso di te che non in mano mia.

 

CARLOS

Cosa significa? Il re non le ha lette? Forse non le ha neanche viste?

 

MARCHESE

Queste lettere?

 

CARLOS

Non gliele hai mostrate?

 

MARCHESE

Chi ti dice che gliene abbia mostrata una sola?

 

CARLOS (al culmine dello stupore)

È mai possibile? Il conte di Lerma…

 

MARCHESE

Lui te l’ha detto? Sì, allora tutto si spiega! Ma chi poteva prevederlo? È stato Lerma, quindi? Ah, certo, è un uomo che non ha mai saputo mentire. Perfetto. Le altre lettere sono in possesso del re.

 

CARLOS (lo guarda a lungo in silenzio, esterrefatto)

Perché sono finite qui allora?

 

MARCHESE

Per prudenza, casomai per la seconda volta tu provassi la tentazione di sceglierti una confidente come la principessa d’Eboli…

 

CARLOS (come se si destasse da un sogno)

Ah, finalmente! Adesso comprendo, adesso le ombre si diradano e si fa luce!

 

MARCHESE (Andando verso la porta)

Chi è?

 

Scena seconda

 

 

I precedenti, il duca d’Alba.

 

ALBA (si avvicina deferente al principe, dando le spalle al marchese per tutta la durata della scena)

Principe, siete libero. Il re mi manda ad annunciarvelo. (Carlos guarda stupito il marchese. Una lunga pausa) Al tempo stesso, principe, sono lieto di essere il primo ad aver l’onore di…

 

CARLOS (li osserva entrambi con vivo stupore. Dopo una pausa, al duca)

Vengo arrestato, tradotto in carcere e poi liberato senza che sappia il motivo dell’una e dell’altra cosa…

 

ALBA

È stato un errore, principe, a quanto mi risulta. Un errore di cui il sovrano è stato vittima per colpa di un impostore.

 

CARLOS

Ma io mi trovo qui per ordine di Sua Maestà?

 

ALBA

Sì, per un errore di Sua Maestà.

 

CARLOS

Mi dispiace proprio. Tuttavia, se il re ha commesso un errore, a lui solo spetta correggerlo.