Riversate l’amore sui popoli su cui un giorno dovrete regnare e, invece di essere attanagliato dal rimorso, assaporerete l’immenso piacere di sentirvi un Dio! Elisabetta è stata il vostro primo amore, la Spagna deve essere il secondo! Mio buon Carlos, come sarò lieta di cedere il passo all’amante migliore!
CARLOS (gettandosi ai suoi piedi vinto dalla commozione)
Dio del cielo, di che infinita grandezza siete capace! Sì, seguirò scrupolosamente il vostro consiglio. Sia! (Rialzandosi) Eccomi, sono nelle mani dell’Onnipotente e vi giuro di tacere in eterno, ma non posso giurarvi di dimenticarmi di voi.
REGINA
Come potrei obbligare Carlos a fare ciò che io stessa non sono in grado di compiere?
MARCHESE (arrivando trafelato dal viale)
Il re!
REGINA
Dio!
MARCHESE
Andate via, principe, lasciate questo luogo!
REGINA
Se vi vedesse, avrebbe dei tremendi sospetti…
CARLOS
Io rimango!
REGINA
Allora chi sarà la vittima?
CARLOS (prendendo il marchese per il braccio)
Via! Vieni via, Rodrigo! (S’incammina, poi torna indietro) Cosa posso portare con me?
REGINA
L’amicizia di vostra madre.
CARLOS
Amicizia! Madre!
REGINA
E queste lacrime dai Paesi Bassi.
(Gli porge alcune lettere. Carlos e il marchese se ne vanno. La regina guarda ansiosa se spuntano da lontano le sue dame, ma non ce n’è nemmeno una. Mentre vuol ritirarsi nel fondo, appare il re)
Scena sesta
Il re, la regina, il duca d’Alba, il conte di Lerma, padre Domingo, alcune dame e Grandi di Spagna che restano a rispettosa distanza.
RE (si guarda attorno meravigliato e rimane qualche minuto in silenzio)
Cosa vedo? Voi qui! E completamente sola, signora! Neppure una dama di compagnia? Sono stupefatto. Dove sono finite le vostre dame?
REGINA
Mio gentile consorte…
RE
Perché sola? (Al seguito) Esigo una spiegazione per questa mancanza assolutamente inammissibile. Chi doveva essere di servizio presso la regina? A chi toccava questo compito oggi?
REGINA
Non adiratevi, caro sposo! La colpa è soltanto mia. Io stessa ho ordinato alla principessa d’Eboli di allontanarsi.
RE
Gliel’avete ordinato voi?
REGINA
Per chiamare la cameriera. Volevo vedere l’infanta.
RE
E per questo avete congedato il seguito? In ogni modo tutto ciò giustifica solo la prima dama. La seconda dov’era?
MONDECAR (che nel frattempo è tornata e si è confusa tra le altre dame, si fa avanti)
Maestà, sono io la colpevole.
RE
Per questo, vi dò dieci anni di tempo per rifletterci sopra, lontano da Madrid. (La marchesa si ritira piangendo. Assoluto silenzio. Tutti fissano sgomenti la regina)
REGINA
Marchesa, per chi piangete? (Al re) Caro sposo, se ho commesso una colpa, la corona regale della nazione, cui io non ho steso la mano, dovrebbe almeno proibirmi di arrossire. C’è una legge in questo regno che obbliga le figlie dei sovrani a comparire in giudizio? Solo la legge del divieto impera sulle donne spagnole? Un testimone è in grado di proteggerle più della loro virtù? Ora perdonatemi, sposo adorato, ma non è mia abitudine congedare tra le lacrime coloro che mi hanno servito nella gioia… Mondecar! (Si toglie la cintura e la tende alla marchesa) Avete suscitato l’ira del re, non la mia. Prendetela, in ricordo di quest’ora e del mio favore. Lasciate il paese, solo in Spagna vi siete macchiata di una colpa. Nella mia Francia queste lacrime si asciugano con gioia… Oh, perché devo sempre ricordarmi di questo! (Si appoggia alla dama di compagnia e si copre il viso) Nella mia Francia tutto era diverso.
RE (lievemente commosso)
Ha potuto offendervi fino a questo punto un rimprovero dettato dall’amore? E agitarvi una parola spuntata sul mio labbro per colpa della più tenera premura? (Rivolgendosi ai Grandi della corte) Ecco i vassalli del mio trono. È mai calato il sonno sulle mie palpebre prima che io abbia vegliato, ogni giorno, il battito del cuore dei miei sudditi nelle terre più lontane? Ed io dovrei provare più ansie per il mio trono che per la sposa scelta dal mio cuore? La spada mi garantisce l’obbedienza dei popoli: la mia spada e il duca d’Alba. Ma solo il mio occhio può assicurarmi l’amore della mia sposa.
REGINA
Se vi ho offeso, caro sposo…
RE
Dicono che io sia l’uomo più ricco della cristianità. Nei miei Stati non tramonta mai il sole. Ma tutto questo qualcun altro l’ha posseduto prima di me, e tanti altri lo possederanno in futuro. Mentre questo è mio. Ciò che il re possiede appartiene alla fortuna, ma Elisabetta appartiene a Filippo. Su questo punto sono un uomo mortale.
REGINA
Voi temete, Sire?
RE
Questi capelli grigi, non è vero? Quando comincio a temere, ho anche smesso di temere. (Ai Grandi) Conto i Grandi della mia corte: manca il primo. Dov’è Don Carlos, il mio infante? (Nessuno risponde) Quel ragazzo comincia a darmi delle preoccupazioni: da quando è tornato dall’università di Alcalà evita la mia presenza. Il suo sangue ribolle, e come mai il suo sguardo è così gelido? Perché il suo comportamento è così artificioso e compunto? Ve lo ripeto: vigilate!
ALBA
Io sono vigile. Finché sotto questa corazza batterà un cuore, Don Filippo può dormire dei sonni tranquilli. Il duca d’Alba sta di fronte al trono come il cherubino di Dio davanti al paradiso.
LERMA
Posso permettermi umilmente di dichiararmi d’opinione opposta al più saggio dei re? Ho troppo rispetto per la maestà del monarca, per giudicare con tanta approssimazione e durezza suo figlio. Il caldo sangue di Carlos mi fa temere parecchie cose, ma il suo cuore non me ne fa temere nessuna.
RE
Conte di Lerma, le vostre parole possono lusingare un padre, ma il puntello cui il re farà sempre riferimento è il duca d’Alba.
1 comment