Nachtigall scoppiò in una risata più fragorosa.

«Non mi hai sentito poco fa?».

«Come, sentito? Ah, ora capisco!». E solo allora Fridolin si rese conto che entrando nel locale, ma anche prima, mentre si avvicinava al caffè, aveva sentito venir su da uno scantinato il suono di un pianoforte. «Allora eri tu il pianista?» esclamò.

«Chi altri se no?» rispose ridendo Nachtigall.

Fridolin annuì. Naturalmente; - quel tocco energico e singolare, quegli strani accordi della mano sinistra un po’ troppo liberi ma ben armonizzati, gli erano sembrati subito così familiari.

«Allora ti sei dedicato tutto alla musica?» disse. Si ricordò che Nachtigall aveva abbandonato definitivamente lo studio della medicina già dopo il secondo preesame di zoologia, che pure aveva superato, anche se con sette anni di ritardo.

Ma aveva continuato ad aggirarsi ancora a lungo per l’ospedale, la sala anatomica, i laboratori e le aule, dando vita con la sua bionda testa d’artista, il colletto sempre spiegazzato, la cravatta svolazzante che una volta doveva essere stata bianca, a un personaggio stravagante, popolare e benvoluto non solo dai colleghi ma perfino da alcuni professori. Figlio di un ebreo proprietario di una mescita di acquavite in un paesino polacco, era venuto a Vienna per studiare medicina. Le esigue sovvenzioni dei genitori, sin dall’inizio quasi irrilevanti, erano per giunta presto cessate del tutto, ma ciò non gli aveva impedito di continuare a frequentare un gruppo di studenti di medicina che si riunivano abitualmente al Riedhof e del quale faceva parte anche Fridolin. Da un certo momento in poi il suo conto era stato sempre pagato a turno da uno dei colleghi benestanti. Talvolta gli regalavano anche dei vestiti, che accettava altrettanto volentieri, senza falsa superbia. Già nel suo villaggio natale Nachtigall aveva cominciato a studiare il pianoforte con un concertista fallito e a Vienna da studiosus medicinae frequentava contemporaneamente il conservatorio, dove pare lo si considerasse dotato di un promettente talento. Ma anche in quel campo non mostrava la serietà e la diligenza necessarie per portare regolarmente a termine gli studi; ben presto si accontentò solo dei successi musicali ottenuti nella cerchia dei suoi conoscenti, anzi del piacere che procurava loro con le sue esecuzioni al pianoforte. Per un certo periodo aveva fatto il pianista in una scuola di ballo della periferia.

Colleghi di università e amici conviviali avevano cercato di introdurlo in case signorili, ma in quelle occasioni suonava sempre solo ciò che sul momento gli andava a genio e fin quando ne aveva voglia; si abbandonava con le giovani signore a conversazioni non sempre innocenti e beveva più di quanto potesse tollerare. Una volta suonò a una festa da ballo in casa di un direttore di banca.

Ancor prima di mezzanotte, dopo avere messo in imbarazzo con osservazioni galanti ed allusive le ragazze che gli passavano davanti e provocato il risentimento dei loro cavalieri, attaccò all’improvviso un furioso cancan e su quella musica cantò con la sua poderosa voce di basso una strofetta a doppio senso. Il direttore di banca lo rimproverò duramente.

Nachtigall, come preso da subitanea euforia, si alzò e abbracciò il direttore; questi s’indignò e, sebbene anch’egli ebreo, lanciò al pianista una tipica ingiuria che Nachtigall ricambiò immediatamente con un potente ceffone - sembrò così definitivamente conclusa la sua carriera presso le famiglie per bene della città. In circoli più ristretti in genere si comportava meglio, sebbene anche in quelle occasioni a tarda ora fossero talvolta costretti ad allontanarlo con la forza dal locale. Ma la mattina successiva quegli incidenti venivano scusati e dimenticati da tutti. Un giorno, i suoi colleghi avevano terminato da un pezzo i loro studi, sparì dalla città senza salutare nessuno. Per alcuni mesi continuarono ad arrivare cartoline di saluto da diverse città polacche e russe; e una volta Fridolin, per il quale Nachtigall aveva sempre avuto una particolare simpatia, fu improvvisamente costretto a ricordarsi di lui per aver ricevuto non solo dei saluti, ma anche la richiesta di una modesta somma.

Fridolin inviò subito il danaro senza mai più ricevere un ringraziamento od un qualunque segno di vita di Nachtigall.

Ma in quel momento, alle due meno un quarto di notte, dopo otto anni, Nachtigall volle rimediare subito a quella dimenticanza e, ricordandosi esattamente l’ammontare della somma, tirò fuori le banconote da un portafogli alquanto logoro ma per altro discretamente fornito, sicché Fridolin potè accettare senza nessuno scrupolo la restituzione del danaro.

«Allora te la passi bene» disse sorridendo, come per tranquillizzarsi.