Se lo svegliassi, pensò Fridolin, e gli dessi i soldi per procurarsi da dormire stanotte? Ah, a che servirebbe, rifletté ancora, allora dovrei provvedervi anche domani, altrimenti non avrebbe alcun senso e alla fine si potrebbe pensare che io abbia con lui dei rapporti equivoci. Accelerò il passo come per sfuggire il più presto possibile a ogni specie di responsabilità e di tentazione. Perché proprio quello? si domandò, nella sola Vienna vivono migliaia di poveri diavoli come lui.
Se ci si volesse prender cura di tutti - del destino di tutti gli sconosciuti! E gli venne in mente il morto che aveva appena lasciato, pensò con un certo raccapriccio e non senza disgusto che in quel corpo magro allungato sotto la bruna coperta di flanella la decomposizione, ubbidendo a leggi eterne, aveva già iniziato la sua opera. Si rallegrò di essere ancora vivo e, con ogni probabilità, ancora lontano da tutte quelle cose spiacevoli; era ancora nel pieno della giovinezza, marito di una donna amabile ed attraente, si sapeva capace di procurarsi anche altre donne, solo che ne avesse avuto voglia. Certo, per uno svago del genere ci sarebbe voluto più tempo libero di quanto gli era concesso; si ricordò che l’indomani mattina alle otto doveva trovarsi nel suo reparto, dalle undici all’una andare a visitare pazienti privati, il pomeriggio dalle tre alle cinque ricevere nel suo studio e che anche nelle ore serali lo attendevano alcune visite a domicilio.
Comunque - sperava che almeno non lo venissero a chiamare di nuovo a sera tarda, come era accaduto oggi.
Attraversò la piazza del municipio che luccicava opaca come uno stagno brunastro, e si avviò verso il familiare quartiere di Josefstadt. Udì da lontano dei passi pesanti, regolari, e vide, ancora ad una certa distanza, proprio mentre voltavano l’angolo di una strada, un gruppetto di sei od otto studenti che procedevano nella sua direzione.
Quando i giovani capitarono sotto la luce di un lampione, credette di riconoscere i berretti blu della corporazione studentesca degli alemanni. Non aveva fatto mai parte di un’associazione di goliardi ma a suo tempo si era qualche volta misurato in duello con loro. Il ricordo degli anni di università gli richiamò alla mente le due maschere in domino rosso che la notte scorsa l’avevano attirato nel palco e subito dopo insolentemente abbandonato. Gli studenti si erano avvicinati, parlavano ad alta voce e ridevano; - poteva darsi che ne avesse già conosciuto qualcuno in ospedale? Ma con quella luce incerta non era possibile scorgerne i volti. Dovette tenersi molto accosto al muro per evitare di scontrarsi con loro; - adesso erano passati; solo l’ultimo, uno spilungone col cappotto aperto e una benda sull’occhio sinistro, sembrò attardarsi addirittura di proposito e gli diede una gomitata. Non poteva essere un caso. Che gli salta in mente, pensò Fridolin, e istintivamente si fermò; l’altro fece lo stesso dopo due passi, si guardarono così per un momento negli occhi piuttosto da vicino. Ma improvvisamente Fridolin si voltò e proseguì per la sua strada. Udì una breve risata alle sue spalle, si sarebbe quasi girato di nuovo per affrontare il giovanotto, ma sentì uno strano batticuore - proprio come una volta dodici o quattordici anni prima, quando qualcuno aveva bussato violentemente alla porta mentre si trovava da lui quella graziosa fanciulla che amava sempre chiacchierare di un fidanzato che viveva lontano e probabilmente non esisteva affatto; in realtà non era stato che il postino a bussare a quel modo. E
adesso sentiva il cuore battere proprio come allora. Che succede, si domandò adirato, e notò che gli tremavano un po’ le ginocchia. Viltà…? Sciocchezze, si disse. Dovrei forse litigare con uno studente ubriaco, io, un uomo di trentacinque anni, medico, sposato, padre di una bambina! Sfida! Padrini!
Duello! E infine una bella ferita al braccio per una così stupida provocazione? Inabile al lavoro per qualche settimana? Oppure la perdita di un occhio? O addirittura: setticemia…? E fra otto giorni… disteso sotto la coperta di flanella bruna come il signore della Schreyvogelgasse! Viltà…? Si era battuto tre volte con la sciabola e una volta aveva anche accettato un duello alla pistola, poi la questione era stata composta pacificamente, non certo per sua iniziativa.
E la sua professione! Pericoli da ogni parte ed in ogni momento, solo che uno non ci faceva più caso. Quanto tempo era trascorso da quando il bambino con la difterite gli aveva tossito in faccia? Tre o quattro giorni, non di più. Quella era comunque una faccenda più preoccupante di un duello alla sciabola. Tuttavia non ci aveva più pensato. Eppoi, se avesse incontrato di nuovo quel tipo, avrebbe pur sempre potuto chiarire la questione. Non era affatto obbligato, a mezzanotte, mentre tornava da un malato o si recava da un malato, - in fondo era possibile anche quello, - no, non era veramente obbligato a reagire a una sciocca provocazione goliardica. Se adesso per esempio gli fosse venuto incontro il giovane danese con cui Albertine… ma no, che gli saltava mai in mente? Ebbene - in fondo era come se fosse stata la sua amante, o peggio ancora. Sì, che gli venisse incontro lui in quel momento! Oh, sarebbe un vero piacere potergli stare di fronte in una radura e puntare contro quella testa dai capelli biondi e lisciati la canna di una pistola.
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