In questo era figlia di sua madre; che, dopo aver deliberatamente sposato il Generale Shaw, senza provare altro sentimento per lui, se non il rispetto per il suo carattere e la sua posizione, viveva costantemente con pensieri silenziosi, lamentandosi con sé stessa per quanto fosse stato difficile essere unita a un uomo che non amava.
“Mi sono occupata delle spese del suo corredo” furono le parole successive che Margaret udì. “Avrà tutti i bellissimi scialli indiani e le sciarpe che il Generale mi aveva donato, ma che non potrò mai più indossare”.
“E’ una ragazza fortunata” rispose un’altra voce, che Margaret riconobbe essere quella della Signora Gibson, una gentildonna che aveva un doppio interesse in quella conversazione, per il fatto che una delle sue figlie si sarebbe maritata entro poche settimane. “Helen ha lasciato il cuore su uno scialle indiano, e invero quando ho notato il prezzo esorbitante che pretendevano, sono stata costretta a rifiutarglielo! Sarà molto invidiosa quando verrà a scoprire che Edith possiede scialli indiani. “Di che tipo sono? Di Delhi? Con quegli adorabili piccoli bordi?”.
Margaret sentì nuovamente la voce di sua zia, ma questa volta fu lei stessa ad allungarsi verso la debole illuminazione del salotto. “Edith! Edith!” la sentì chiamare, e poi la vide accasciarsi come se si fosse stancata enormemente per lo sforzo. Margaret allora si fece avanti.
“Edith si è addormentata, zia Shaw. C’è qualcosa che posso fare per voi?”
Tutte le gentildonne intonarono “povera bambina!” nel ricevere tali penose notizie su Edith; e in un attimo la cagnolina di casa saltò tra le braccia della Signora Shaw cominciando ad abbaiare, come entusiasmata dallo slancio di tanta pietà.
“Taci, Tiny! Piccola birichina dispettosa! Sveglierai la padroncina! Volevo solo domandare a Edith se avesse chiesto a Newton di portare giù i suoi scialli: forse potreste chiederglielo voi, Margaret cara?”.
Margaret salì nella vecchia stanza dei bambini in cima alla casa, dove Newton era impegnata a raccogliere un po’ di nastri necessari per il matrimonio. Mentre Newton era andata (senza reprimere un rumoroso brontolio) a recuperare gli scialli, che già erano stati esibiti quattro o cinque volte quel giorno, Margaret osservò con attenzione la stanza nella quale si trovava, la prima stanza di quella casa con la quale aveva preso familiarità nove anni prima, quando vi fu condotta completamente incolta, e si ritrovò a condividere la stanza, i giochi e le lezioni con sua cugina Edith. Si ricordava il buio, l’aspetto cupo della scuola di Londra, presieduta da un’insegnante austera e solenne, particolarmente attenta alle mani pulite e gli abiti strappati. Aveva preso il suo primo tè lassù – lontana da suo padre e sua zia, che cenavano da qualche parte là sotto un numero infinito di scale; le sembrava di trovarsi in alto nel cielo (pensieri di bambina), per questo loro dovevano trovarsi in profondità, nelle viscere della terra. A casa – prima d’andare ad abitare in Harley Street – lo spogliatoio di sua madre era la sua stanza. Oh! L’alta e signorile ragazza di diciotto anni ricordò improvvisamente le lacrime versate con passione selvaggia e il dolore di quando era una ragazzina di nove anni, e si coprì il viso sotto le coperte quella prima notte, e ricordò come le era stato ordinato di non piangere dalla balia, perché avrebbe disturbato la Signorina Edith; e di come aveva comunque pianto amaramente, ma in silenzio, fino a quando fu sorpresa dall’inaspettata visita della grande e bella zia, che era salita dolcemente al piano di sopra con il Signor Hale, per mostrargli la sua piccola figlia addormentata. Allora la piccola Margaret aveva messo a tacere i singhiozzi, fingendo di dormire, temendo di rendere infelice suo padre mostrandogli il suo dolore, che non aveva osato esprimere neanche davanti alla zia, pensando che fosse sbagliato sentirsi in quel modo dopo la lunga speranza, e la pianificazione, e i problemi che avevano avuto a causa della casa. Finalmente il guardaroba sarebbe stato disposto in modo migliore, e suo padre avrebbe potuto lasciare la parrocchia e restare a Londra, anche se solo per pochi giorni. Adesso però lei amava la sua vecchia stanza, anche se era stata smantellata; e mentre si guardava attorno, fu invasa da una sorta di rammarico al pensiero che entro tre giorni avrebbe lasciato quel luogo.
“Ah Newton!” disse, “penso che saremo tutte dispiaciute di lasciare questa cara vecchia stanza”.
“Certamente, Signorina, io non lo sarò. I miei occhi non sono più buoni come un tempo, e la luce qui è così fioca che non riesco a riparare i merletti, se non appunto stando vicina alla finestra, dove c’è sempre un fastidiosissimo spiffero – sufficiente però a farmi morire di freddo”.
“Beh, oserei dire che presto avrete abbondante luce e calore andando a Napoli. Dovete tenere davvero molto al vostro rammendo, vi ringrazio Newton, mi occuperò io di portare gli scialli di sotto, voi siete impegnata”.
Così Margaret scese carica di scialli, inebriata dall’odore di spezie orientali. Sua zia le domandò di presentarsi come una sorta di posata figura mentre li mostrava; intanto Edith dormiva ancora. Nessuno pensò a questo, ma l’altezza di Margaret, nella sua fine e alta figura, avvolta nell’abito da sera di seta nera che indossava, in rispetto per il lutto di qualche lontano parente di suo padre, metteva in evidenza le lunghe e bellissime pieghe dei magnifici scialli che avrebbero ricoperto Edith. Margaret stava proprio sotto il lampadario, silenziosa e passiva, mentre sua zia le avvolgeva addosso le stoffe. Ogni tanto si voltava, intravedendo la sua figura nello specchio sopra la mensola del camino, e sorrise del suo aspetto – trasformato in una caratteristica principessa. Toccò con delicatezza gli scialli che le avevano fatto indossare, ed era un piacere sentire la loro morbidezza e osservarne i colori brillanti; le piacque vedersi rivestita di quello splendore – e con la felicità d’una bambina, mostrò un sorriso compiaciuto e tranquillo sulle labbra. Proprio in quell’istante la porta improvvisamente si aprì, e il Signor Henry Lennox fu annunciato. Alcune delle signore si voltarono, come se si vergognassero di mostrare il loro interesse femminile per gli abiti. La Signora Shaw tese la mano verso il nuovo arrivato; Margaret rimase perfettamente immobile, pensando di dover essere ancora utilizzata come un manichino per gli scialli; ma guardò verso il Signor Lennox con un luminoso volto divertito, come se fosse stata colta in fallo, sorpresa in una situazione ridicola.
Sua zia era completamente assorta a far domande al Signor Henry Lennox – che non era riuscito ad arrivare in tempo per la cena – ogni sorta di domane sul fratello (lo sposo), sulla sorella damigella d’onore (arrivata con il Capitano dalla Scozia per l’occasione), e sui vari altri membri della famiglia Lennox, e Margaret intuì che non era necessario continuare a fare da manichino, per il semplice divertimento degli ospiti, che al momento sua zia stava completamente ignorando. Quasi immediatamente Edith entrò dal retro del salotto, ammiccando e socchiudendo gli occhi per la forte luce, scuotendo i riccioli increspati sulle spalle, guardandosi attorno come la Bella Addormentata appena risvegliata dai suoi sogni. Anche nei suoi sogni aveva istintivamente percepito l’entusiasmante arrivo d’un Lennox, aveva una moltitudine di domande da porgli circa la cara Janet, il futuro, la sua nuova sorella, per la quale professava così tanto affetto, e se Margaret non fosse stata così orgogliosa, avrebbe quasi potuto sentirsi gelosa del suo arrivo. Come Margaret si unì alla conversazione di sua zia, vide Henry Lennox dirigere lo sguardo verso la sedia vuota vicina a lei; e sapeva perfettamente che appena Edith l’avesse liberato dal suo interrogatorio, egli avrebbe preso possesso di quella sedia. Dal resoconto piuttosto confuso degli impegni fatto da sua zia, non era sicura ch’egli sarebbe arrivato quella sera; era quasi sorpresa di vederlo, ma era certa che avrebbero trascorso una piacevole serata. Approvavano e disapprovavano quasi le stesse cose.
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