Il volto di Margaret si era alleggerito in un’onesta, aperta luminosità. Lui le si avvicinò. Lei lo accolse con un sorriso che non era tinto di timidezza o di vanità.

“Bene, vedo che siete tutte profondamente impegnate nelle vostre faccende – affari di donne, voglio dire. Molto diversi dai miei affari, affari veri! Giocare con degli scialli è un lavoro molto diverso dell’elaborare insediamenti”.

“Ah, sapevo quanto vi sareste divertito nel trovarci tutte occupate ad ammirare fronzoli! Ma davvero gli scialli indiani sono la perfezione nel loro genere”.

“Non ho dubbi che lo siano. E fanno pagare la loro perfezione a caro prezzo, non me ne volete”.

Il gentiluomo riposò gli scialli uno ad uno, e con un profondo tono di voce disse rivolto a Margaret: “Questa è l’ultima cena di festeggiamento, non è così? Non ve ne saranno altre prima di giovedì?”.

“No. Credo proprio che dopo questa sera ci metteremo a riposo, e non ne faremo altre per molte settimane; almeno, proveremo quel tipo di riposo di quando non si ha più nulla da fare, e tutti i preparativi sono pronti per un evento che occuperà la testa e il cuore. Sarò lieta d’avere del tempo per pensare, e sono certa che lo sarà anche Edith”.

“Non la conosco così bene, ma immagino che lo sarà. Ogni volta che vi ho vista ultimamente, eravate impegnata in un turbinio di mansioni da svolgere per altre persone”.

“Si”, disse Margaret, leggermente affaticata, ricordando l’infinito prodigarsi per tutti i preparativi che duravano da oltre un mese: “Mi chiedo se un matrimonio debba essere sempre preceduto da quello che voi chiamate un turbinio di mansioni, o se in alcuni casi potrebbe essere semplicemente un momento tranquillo e sereno”.

“Potevamo assegnare alla madrina di Cenerentola il compito d’ordinare il corredo, il pranzo di nozze, e scrivere gli inviti, per esempio” disse il Signor Lennox sorridendo.

“Ma tutte queste disposizioni sono proprio necessarie?” domandò Margaret, alzando lo sguardo diritto verso di lui in attesa d’una risposta. Un senso d’indescrivibile stanchezza dovuta al rendere tutti i preparativi perfetti, nei quali Edith si era impegnata come un’autorità suprema nelle ultime sei settimane, la opprimeva proprio in quel momento; e veramente aveva bisogno d’ascoltare qualcuno che avesse aspirazioni semplici collegate al matrimonio.

“Oh, certamente”, rispose lui, cambiando il tono della sua voce. “Vi sono forme cerimoniali che devono essere rispettate, non tanto per sé stessi, quanto per la stabilità della comunità, senza la quale fermezza sarebbero molto poche le soddisfazioni nella vita. Ma come organizzereste il vostro  matrimonio?”.

“Oh, non ho mai pensato molto a questo; vorrei solo che avvenisse in una bella mattina d’estate, e vorrei arrivare in chiesa camminando attraverso l’ombra degli alberi; e non vorrei avere così tante damigelle, né sposarmi così presto al mattino. Oserei dire che questi desideri sono la conseguenza di ciò che più mi da fastidio in questo momento”.

“No, non credo che lo siano. Direi che tanta signorile semplicità s’accorda bene al vostro carattere”.

Margaret non desiderava proseguire il discorso; gli fece una smorfia e s’allontanò leggermente, ricordando le precedenti occasioni in cui lui aveva cercato di portarla su quell’argomento (al quale lei prese comunque parte) cercando di  capire il suo carattere e le sue attese future. Tagliò corto dicendo:

“E’ naturale per me immaginare la chiesa di Helstone, e la passeggiata per arrivarci, piuttosto che pensare d’essere trasportata attraverso una strada asfaltata, in una chiesa di Londra”.

“Raccontatemi di Helstone. Non me l’avete mai descritta. Vorrei avere un’idea del luogo nel quale vivrete, quando il novantasei di Harley Street diverrà squallido e sporco, noioso, e terribilmente silenzioso. Innanzitutto, Helstone è un villaggio o una città?”

“Oh, è solo una piccola frazione, non credo di poterla definire un villaggio. C'è una chiesa e poche case sparse nel verde – cottage soprattutto – con i roseti che vi crescono tutt’intorno”.

“E magari una fioritura durante tutto l’anno, soprattutto a Natale – renderebbe il vostro quadro perfetto” aggiunse lui.

“No” replicò Margaret, leggermente infastidita, “Non ne sto facendo un dipinto. Sto cercando di descrivervi Helstone com’è realmente. Non avreste dovuto dire così”.

“Sono pentito” rispose lui. “Solo che sembrava davvero di sentirvi parlare d’un villaggio da fiaba, piuttosto che d’un luogo reale”.

“E così è” rispose Margaret entusiasta. “Tutti gli altri luoghi d’Inghilterra che ho visitato, sembrano così freddi e prosaici in confronto! Helstone è come il villaggio d’un poema – un poema di Tennyson. Ma non cercherò mai più di descrivervelo. Riuscireste soltanto a ridere di me se vi dicessi quello che penso – anche se quel luogo è davvero così”.

“Certamente non vorrei farlo. Ma vedo che siete molto risoluta. Bene, allora raccontatemi di qualcosa che vorrei assolutamente sapere: com’è la canonica, per esempio?”.

“Oh, non posso descrivervi la mia casa. E’ una casa, e io non posso esprimere il suo fascino in parole”.

“Posso comprenderlo, e vorrei aggiungere che stasera sembrate piuttosto seria, Margaret”.

“Come?” rispose lei, volgendo i suoi grandi occhi delicati completamente su di lui. “Non credevo d’esserlo”.

“Perché ho fatto un’osservazione infelice, non mi racconterete mai più di com’è Helstone, né mi direte nulla sulla vostra casa, anche se vi ho confidato apertamente quando ci terrei a sapere d’entrambi, dell’ultima in particolare”.

“Ma davvero non posso raccontarvi della mia casa. Non credo che sia un argomento valido di conversazione, almeno che uno già non la conosca”.

“Bene, allora…” disse fermandosi un momento, “raccontatemi di cosa farete lì. Qui voi leggete, o prendete lezioni, o comunque stimolate la vostra mente fino a metà del giorno; passeggiate prima di pranzo, andate in auto con vostra zia, e avete sempre impegni per la sera.