Robert insistette: «Tu dimentichi in che stato erano i miei nervi in primavera, prima che voi mi mandaste in vacanza».

Leinbach si strinse nelle spalle: «Mio caro amico, quando uno si trova nella felice condizione di poter essere mandato in vacanza - è chiaro che lo facciamo subito. D’altro canto c’è molta gente a cui manca semplicemente il tempo di impazzire».

«Impazzire» ripeté Robert fra sé, perché dice subito «impazzire»?

Se ora gli raccontassi la storia della mia palpebra? Sarebbe forse il momento giusto. E cautamente incominciò: «A proposito, volevo proprio venirti a trovare domani, nell’orario delle visite».

«Nell’orario delle visite?! Ma in tal caso bisogna essere in due a decidere, mio caro. Innanzitutto dovrei considerarti alla stregua di un paziente».

«Da qualche tempo mi sono accorto» disse Robert imperturbabile «che il mio braccio sinistro è notevolmente più debole del destro». L’idea gli era venuta in quel momento. «Sì, ridi pure, ma ti dico che è proprio così». Sollevò lentamente il braccio sinistro e articolò goffamente le dita.

«E allora,» disse Leinbach con esagerata allegria «stringi un po’

il mio polso col tuo braccio sinistro paralizzato!».

Robert obbedì, e Leinbach proruppe in uno scherzoso «Ahi!».

«Eppure,» disse Robert «te lo assicuro: stamattina avevo l’impressione di non poter muovere affatto il braccio; sì, provavo questa strana sensazione in tutta la parte sinistra del corpo. Ho sentito anche una singolare stanchezza della parte sinistra del viso, e» - osava spingersi sempre più oltre - «quasi non potevo aprire l’occhio sinistro». Allo stesso tempo, poiché vide lo sguardo di Leinbach fisso su di lui con una certa acutezza clinica, spalancò gli occhi per non tradirsi.

«Sciocchezze,» disse Leinbach «com’è noto, un lato del nostro corpo è sempre più debole dell’altro. La cosiddetta simmetria tra le due metà del corpo è tutta una favola, questo lo saprai anche tu. Del resto… dove sei stato ultimamente? Al mare, nel Sud, non è vero?

Forse non era proprio il luogo più indicato, specialmente come conclusione della vacanza. Se fossi in te andrei a respirare per qualche giorno un po’ d’aria di montagna, prima di riprendere il lavoro».

«Credi…?».

«Non che lo ritenga necessario - neanche per idea. Ma se si ha la possibilità di farlo…». Sospirò. «Per conto mio, è chiaro, puoi benissimo rimanere a Vienna».

Il poeta Kahnberg si avvicinò al tavolo, e con grande meraviglia di Robert lo salutò come un amico ansiosamente atteso, lo fece sedere con lui a un tavolo accanto, gli raccontò il seguito di una storia sentimentale di cui Robert non si rammentava di aver mai sentito l’inizio, e gli chiese se fosse arrivato a destinazione un libro che gli aveva inviato alcuni mesi prima. A Robert venne in mente di aver ricevuto, con una dedica autografa molto calorosa del poeta, un dramma in versi, e di averlo anche letto. Ma non riuscì assolutamente a ricordarne il contenuto. Imbarazzatissimo, non sapeva come ringraziare dopo tanto tempo, né cosa dire del libro, quando a un tratto tutti gli altri si avviarono insieme verso l’uscita per concludere la serata in un bar. Robert si unì volentieri alla comitiva, e poco dopo sedevano tutti ai piccoli tavoli di un locale coi soffitti bassi, affollato e illuminato a giorno, e ascoltavano il pianista che, instancabile, eseguiva arie d’opera ballabili e canzoni, armonizzandole con grandissima finezza e passando con disinvoltura da una melodia all’altra.