E quando qualcuno entrava in chiesa si vedevano ventine di poveri assetati assediare il distributore dell’acqua e chinarsi a gola aperta aspettando le goccioline che cadessero, come il cattivo ricco, affinché nulla andasse perduto. Oh, ben fortunato chi avesse avuto in quell’anno fresca e ben fornita cantina!
Racconta il filosofo, proponendo il quesito perché l’acqua del mare sia salata, che al tempo in cui Febo affidò il governo del suo carro lucifico al figlio Fetonte, questi, male esperto dell’arte, non sapendo seguire la linea eclittica fra i due tropici della sfera solare, deviò e tanto s’avvicinò alla terra che disseccò tutte le contrade subiacenti, bruciando anche una parte del cielo che i filosofi chiamano via lattea e i fisolofi chiamano la via di San Giacomo, mentre i piú famosi poeti asseriscono esser quella la parte dove gocciolò il latte di Ginone quando allattava Ercole. La terra fu dunque tanto riscaldata che le venne un sudore enorme, e così sudò tutto il mare, che perciò è salato: infatti ogni sudore è salato. E ciò potete verificare assaggiando il vostro proprio, oppure, se lo preferite, quello degli appestati quando sono fatti sudare: per me è tutt’uno.
Quasi lo stesso accadde nel detto anno: infatti un giorno di venerdì che tutta la gente s’era messa in devozione e faceva una bella processione con molte litanie e belle preghiere, supplicando Dio onnipotente di volgere a loro il suo occhio clemente in tale sciagura, furono viste visibilmente uscir di terra grosse goccie d’acqua come quando alcuno suda copiosamente. E il povero popolo cominciò a rallegrarsi come se fosse stata cosa profittevole: gli uni dicevano che non essendovi goccia d’umidità per l’aria onde sperare la pioggia, la terra riparava al difetto. Altri, gli scienziati, dicevano ch’era pioggia degli antipodi, come Seneca narra nel quarto libro Questionum naturalium parlando della origine delle sorgenti del fiume Nilo; ma s’ingannarono. Infatti finita la processione, mentre ciascuno voleva raccogliere di quella rugiada e ingollarne a sciacquabudella s’accorsero che non era se non salamoia, più salata e peggio dell’acqua di mare.
E poiché in quel giorno nacque Pantagruele, il padre gli impose quel nome da Panta che in greco vuol dire tutto e Gruel che, in lingua agarena significa assetato. Volendo con ciò ricordare che nell’ora della sua natività la gente era tutta assetata e prevedendo, con spirito profetico, che un giorno sarebbe re degli assetati; e ciò fu anche dimostrato, in quell’ora, da altro segno più evidente. Infatti mentre la madre Boccaperta stava per partorirlo e le levatrici attendevano per riceverlo, uscirono prima dal suo ventre sessantotto mulattieri che tiravano ciascuno, per la cavezza, un mulo tutto carico di sale; dopo loro uscirono nove dromedari carichi di prosciutti e lingue di bue affumicate, sette cammelli carichi d’anguillette, poi venticinque carrette di porri, agli, cipolle e cipolline. Le levatrici ne furono spaventate, ma alcune di esse dicevano: “Ecco una buona provvisione; certo noi bevevamo fiaccamente e senza slancio, tutto ciò non è che buon segno: sono i pungoli del vino”.
E mentre chiacchieravano tra loro di queste bazzecole ecco spuntare Pantagruele tutto peloso come un orso, onde una d’esse con spirito profetico disse: “Nato col pelo: farà cose meravigliose; quello lì, se vive, avrà i suoi anni”.
CAPITOLO III.
Doglianza di Gargantua per la morte della sua sposa Boccaperta.
Quando Pantagruele fu nato, chi mai rimase stupefatto e perplesso? Gargantua, suo padre: poiché vedendo da una parte la sua sposa Boccaperta morta, e dall’altra il figlio Pantagruele nato, tanto bello e grande, non sapeva che dire e che fare. Il dubbio che turbava il suo animo era questo: non sapere se dovesse piangere pel lutto della sposa o ridere per la gioia del figlio. Da una parte e dall’altra avea argomenti sofistici che lo soffocavano, ché egli sapeva ordinarli assai bene in modo et figura, ma non poteva risolverli. E intanto restava impacciato come sorcio nella pegola, o milano preso al laccio.
“Piangerò? diceva egli. - Oh sì! - E perché? - Ma è morta la mia buonissima sposa, che era la più così e la più colà che fosse al mondo. Mai più la rivedrò, mai più ne troverò una simile, è perdita inestimabile! Oh, mio Dio, che t’avevo fatto per punirmi così? Perché non inviasti la morte a me prima che a lei? poiché vivere senza lei è languire. Ah Boccaperta mia dolce, amica mia, mia fichettina, (a dire il vero misurava ben tre jugeri e due pertiche) mia teneruccia, mia braghetta, mia ciabatta, mia pantofola, mai più ti rivedrò. Ah, povero Pantagruele, hai perduto la tua buona madre, la tua dolce nutrice, la tua adorata. Ah morte cagna, tanto male mi vuoi, tanto m’oltraggi da togliermi colei che a buon diritto poteva essere immortale”.
E ciò dicendo piangeva come una vacca; ma subito rideva come un vitello, quando gli veniva a mente Pantagruele. “Oh, mio figlioletto, diceva, mio coglioncino, mio piedino, quanto sei grazioso! E quanto debbo a Dio perché mi ha dato un sì bel figliolo, tanto allegro e ridente e grazioso! Oh, oh, oh, oh, come sono contento! beviamo oh! lasciamo ogni melanconia; porta del migliore, sciacqua i bicchieri, metti la tovaglia, caccia via quei cani, soffia sul fuoco, accendi questa candela, chiudi quella porta, affetta per la zuppa, fuori quei poveri e dà loro ciò che domandano; tieni la mia tonaca, che mi metto in giustacore per meglio festeggiar le comari”.
In così dire ode le litanie e i memento dei preti che portavano a sotterrare la sua sposa; e allora smise la letizia e subito tratto altrove, diceva: “Signore Iddio, ancora devo contristarmi? Ciò mi rincresce, non son più giovane, divengo vecchio, è un’età pericolosa; potrei prendere qualche febbre, eccomi fuor di me. Parola di gentiluomo, val meglio pianger meno e bere di più. La mia donna è morta, ebbene, per… (con licenza)… Dio, non la resusciterò già col mio pianto: ella sta bene, si trova almeno almeno in paradiso, se non meglio: e prega Dio per noi, oh ella è ben fortunata: non si cura più delle nostre miserie e calamità. Oggi a te domani a me e Dio salvi chi resta! Convien che pensi a trovarne un’altra”.
- Ma ecco ciò che avete a fare, disse alle levatrici: andate al funerale di lei mentre io qui cullerò mio figlio, poiché mi sento molto disturbato e corro pericolo d’ammalarmi; ma bevete prima qualche sorso, vi farà bene, parola d’onore. E le donne obbedirono, poi andarono al funerale e il povero Gargantua restò a casa solo. E intanto compose perché fosse inciso, questo seguente epitaffio:
Partorendo partì pel suo destino
La nobil Boccaperta: avea la guancia
Simile al mascheron d’un ribechino,
Corpo spagnol, di svizzera la pancia.
Pregate Iddio che le sia propizio
E le perdoni se in nulla peccò;
Qui sta il corpo vissuto senza vizio
E mori l’anno e il giorno che spirò.
CAPITOLO IV.
Dell’infanzia dl Pantagruele.
Trovo negli antichi storiografi e poeti che molti son nati a questo mondo in modi assai strani che sarebbe troppo lungo raccontare: leggete il settimo libro di Plinio se avete tempo. Ma non udiste mai meraviglie come quelle di Pantagruele. Ed è cosa difficile a credere come crescesse in poco tempo di corpo e di forze. Ercole che, ancora in culla, uccise i due serpenti è nulla: poiché i detti serpenti erano assai piccoli e fragili. Pantagruele, ancora in culla, fece cose ben più spaventevoli. Tralascio qui di dire come qualmente, ad ogni pasto, sorbisse il latte di quattromila e seicento vacche; e come per fabbricargli un padellone da cuocere la sua pappina, furono occupati tutti i padellari di Saumur nell’Angiò, di Villedieu in Normandia, di Bramont in Lorena: gli somministravano la detta pappina in un gran tino che anche oggidì è a Bourges presso il palazzo; ma i denti gli eran già tanto cresciuti e sì robusti che ruppe un gran pezzo del tino come si può vedere tuttora.
Un giorno, sul mattino, mentre lo volevano far poppare a una delle sue vacche (ché altre nutrici non ebbe, come afferma l’istoria) sciolse i legami che gli tenevano alla culla l’un de’ bracci, vi prese la detta vacca per sotto il garretto e le mangiò le due mammelle e la metà del ventre, fegato e rognoni compresi: e l’avrebbe divorata tutta se essa non avesse muggito orribilmente come se i lupi le addentassero le gambe; alle grida accorse gente e strapparono la detta vacca dalle mani di Pantagruele, ma non seppero fare sì che il garretto non gli restasse in mano come lo teneva, e che egli non se lo mangiasse bravamente come voi fareste d’una salciccia; e quando gli vollero strappare l’osso, lo ingoiò presto come farebbe un gabbiano di un pesciolino; e poi cominciò a dire: “Buono! buono! buono!” poiché ancora non sapeva ben parlare; con che voleva far capire che l’aveva gustato assai, né altro gli occorreva. Ciò vedendo quelli che lo servivano lo legarono con grosse corde come quelle che si fabbricano a Tain per il viaggio del sale a Lione, o come quelle della gran nave Françoise che si trova al porto di Grace in Normandia.
Ma una volta che un grosso orso, allevato dal padre, scappò e gli venne a leccare il viso (ché le balie non gli avevano pulito a modino il mostaccio) si sbarazzò delle corde colla stessa facilità di Sansone tra i Filistei, vi prese il signor orso, ve lo fece a pezzi come fosse un pollo ed ebbe, per quel pasto una pietanzina coi fiocchi.
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