tres.
L’Entrèe de Anthoine de Leive es Terres du Bresil.
Marforii Bacalarii cubantis Rome, de pelendis mascarendisque Cardinalium mulis.
Apologie d’icelluy contre ceux qui disent que la Mule du Pape ne mange qu’à ses heures.
Pronostication que incipit “Silvi Triquebille” balata par M. n. Songecrusyon.
Boudarini, episcopi, De emulgentiarum profectibus eneades novem cum privilegio Papali ad trienniun et postea non.
Le Chiabrena des Pucelles.
Le Cul pelé des vefves.
La coqueluche des moines.
Les Brimborions des Padres Celestins.
Le Barrage de Manducité.
Le Clacquedent des Marroufles.
La Ratouère des Theologiens.
L’ambouchouoir des Maistres en Ars.
Les Marmitons de Olcam à simple tonsure.
Magistri n. Fripesaulcetis, De grabellationibus horrarum canonicarum lib. quadraginta.
Cullebutatorium confratriarum, incerto autore.
La Cabourne des Briffaulx.
Le Faguenat des Hespaignolz, supercoquelincantiqué par Frai Inigo.
La Barbotine des Marmiteux.
Poiltronismus rerum Italicarum, autore magistro Bruslefer.
R. Lullius, de balisfolagiis Principium.
Callibistratorium Cattardie, auctore M. Jacobo Hocstratem, hereticometra.
Chaultcouillons, de Magistro nostrandorum, Magistro nostratorumque beuvetis, lib. octo gualantissimi.
Les Patarredes des Bullistes, Copistes, Scripteurs, Abbreviateurs, Referendaires et Dataires, compillées par Regis.
Almanach perpetuel pour les Gouteux et Verollez.
Maneries ramonandi fournellos, per M, Eccium.
Le Poulemart des Marchans.
Les Aisez de Vie monachale.
La Gualimaffrée des Bigotz.
L’Histoire des Farfadetz.
La Belistrandie des Millesouldiers.
Les Happelourdes des Officiaulx.
La Bauduffe des Thesauriers.
Badinatorium Sophistarum.
Antipericatametanaparbeugedamphicribrationes merdicantium.
Le Limasson des Rimasseurs.
Le Boutavent des Alchymistes.
La Nicquenocque des Questeurs, cababezacée par frère Serratis.
Les Entraves de Religion.
La Racquette des Brimbaleurs.
L’Acodouoir de Vieillesse.
La Museliere de Noblesse.
La Patenostre du Cinge.
Les Grezillons de Devotion.
La Marmite des Quatre temps.
Le Mortier de Vie politique.
Le Mouschet des Hermites.
La Barbute des Penitenciers.
Le tric trac des Freres Frapars.
Lourdaudus, De vita et honestate Braguardorum.
Lyripipii Sorbonici moralisationes, per M. Lupoldum.
Les Brimbelettes des Voyageurs.
Les Potingues des Evesques potatifz.
Taraballations Doctorum Coloniensium adversus Reuchlin.
Les cymbales des Dames.
La Martingalle des Fianteurs.
Virevoustatorum Nacquettorum per F. Pedebilletis.
Les Bobelins de Franc Couraige.
La Mommerie des Rebatz et Lutins.
Gerson, De auferibilitate Pape ab Ecclesia.
La Ramasse des Nommez et Graduez.
Jo. Dytebrodii, De terribilitate excomunicationum libellus acephalos.
Ingeniositas invocandi Diabolos et Diabolas per Guinguolfum.
Le Hoschepot des Perpetuons.
La Morisque des Hereticques.
Les Henilles de Gaïetan.
Moillegroin, doctoris cherubici, De origine patepelutarum et torticollorum ritibus lib. septem.
Soixante et neuf Breviaires de haulte gresse.
Le Godemarre des cinq Ordres des Mendians.
La Pelletiere des Tyrelupins, extraicte de la Bote fauve incornifistibulée en la Somme Angelique.
Le Ravasseurs des Cas de conscience.
La Bedondaine des Presidenz.
Le Vietdazouer des Abbez.
Sutoris adversus quendam, qui vocaverat eum fripponnatorem, et quo Fripponnatores non sunt damnati ab Ecclesia.
Cacatorium medicorum.
Le Rammoneur d’astrologie.
Campi Clysteriorum, per § C.
Le Tyrepet des apothecaires.
Le Baisecul de chirurgie.
Iustinianus De Cagotis tollendis.
Antidotarium anime.
Merlinus Coccaius, De Patria Diabolorum.
Di questi alcuni sono stampati, altri si stanno ora stampando nella nobile città di Tubinga.
CAPITOLO VIII.
Come qualmente Pantagruele, essendo a Parigi, ricevette lettera dal padre Gargantua e la copia di essa.
Pantagruele studiava intensamente, come ben comprendete, e profittava del pari avendo un cervello a doppio fondo e una capacità di memoria della misura di dodici otri e botti d’olio. Un giorno ricevette dal padre una lettera che diceva così:
“Carissimo figlio, tra i doni, grazie e prerogative onde il sovrano plasmatore Iddio onnipotente ha dotato e ornato l’umana natura fin dal principio, singolare ed eccellente sugli altri mi sembra quello grazie al quale l’uomo può durante la vita mortale acquistare una sorta d’immortalità e nel corso della vita transitoria perpetuare il nome suo e sua semenza. Ciò avviene per progenie uscita di noi mediante matrimonio legittimo. Così ci è in qualche modo restituito ciò che ci tu tolto causa il peccato dei primi genitori ai quali fu detto che non avendo obbedito al comandamento di Dio creatore sarebbero morti e colla morte sarebbe stata ridotta a nulla la tanto magnifica plasmatura onde l’uomo era stato creato.
Ma per questa via della propagazione seminale resta ai figlioli ciò che era perduto dai genitori e ai nipoti ciò che periva nei figlioli e così successivamente fino al giorno del giudizio finale quando Gesù Cristo avrà restituito a Dio padre il suo regno pacifico fuor di pericolo e di contaminazione del peccato.
E allora cesseranno le generazioni e le corruzioni e saranno gli elementi fuori delle loro trasmigrazioni continue, visto che la pace tanto desiderata sarà piena e perfetta e che tutte le cose saranno giunte alla loro fine e rivoluzione.
Non dunque senza giusta e ragionevole causa rendo grazia a Dio, mio salvatore, per avermi concesso di poter vedere la mia canuta vecchiezza rifiorire nella tua giovinezza. E quando per volere di lui, che tutto regge e governa, la mia anima lascierà questo umano abitacolo, io non mi reputerò morire totalmente, ma passare da un luogo a all altro, poiché in te e per te io resto nella mia immagine visibile in questo mondo, vivente veggente e conversante tra gente onorata e amici miei, come già soleva. La quale mia conversazione è stata, mediante l’aiuto e grazia di Dio, non senza peccato, lo confesso (poiché tutti pecchiamo e continuamente chiediamo a Dio che cancelli i peccati nostri) ma senza macchia.
Perciò, se come dimora in te l’immagine del mio corpo, così parimenti non risplendessero i costumi dell’anima, non si giudicherebbe esser tu guardiano e custode dell’immortalità del nome nostro; e n’avrei, ciò vedendo, piacere ben piccolo, poiché la minima parte di me, che è il corpo, sarebbe rimasta, laddove apparirebbe degenerata e imbastardita la migliore, che è l’anima per la quale il nome e la benedizione nostra rimangono tra gli uomini. E ciò non dico per diffidenza della tua virtù, che già in passato mi tu provata, ma per incoraggiarti sempre più a profittare di bene in meglio.
E ciò che presentemente ti scrivo non è tanto perché tu continui a vivere in codesto modo virtuoso, quanto perché ti rallegri di vivere e aver vissuto così e ti si rinnovi egual coraggio per l’avvenire. A condurre e compiere tale impresa puoi ricordare come io nulla abbia risparmiato: anzi a ciò t’aiutai come se non avessi altro tesoro in questo mondo che di vederti una volta in mia vita assoluto e perfetto tanto in virtù, onestà e saggezza, quanto in ogni arte liberale e decorosa e nulla mi premesse se non lasciarti, dopo la mia morte, come uno specchio riflettente la persona di me tuo padre e, se non di fatto così eccellente e tale quale ti auguro, certo tuttavia tale nel desiderio.
Ma, benché il defunto padre mio Grangola di buona memoria, avesse dato ogni cura a ciò ch’io profittassi d’ogni perfezione e sapere politico e il mio lavoro e studio corrispondessero benissimo, anzi oltrepassassero il suo desiderio, tuttavia, come puoi ben capire, il tempo non era tanto propizio alle lettere e comodo come ora, e non avevo copia di precettori tali quali tu hai havuto. Il tempo era ancora tenebroso e sentiva l’influsso malefico e calamitoso dei Goti che avevano distrutto ogni buona letteratura. Ma, per la bontà divina, luce e dignità sono state restituite alle lettere in questa età e si vede tale progresso che difficilmente oggi sarei promosso nella prima classe degli scolaretti io che nell’età virile ero (non a torto) reputato il più sapiente del secol nostro.
Né ciò dico per vana iattanza, ancorché potessi farlo scrivendoti sull’autorità di Marco Tullio (nel suo libro DE SENECTUTE) e secondo la sentenza di Plutarco (nel libro intitolato: COME UNO PUÒ LODARSI SENZA INVIDIA) ma per stimolarti a tendere più in alto.
Ora tutte le discipline sono rifiorenti, le lingue restaurate: la greca senza la quale sarebbe onta chiamarsi sapiente, l’ebraica, la caldea, la latina. Sono in uso stampe elegantissime e corrette, inventate al tempo mio per ispirazione divina come, per contro, I’artiglieria per ispirazione diabolica. Tutto il mondo è pieno di persone sapienti, di precettori dottissimi, di ben provveduti librai, e parmi che nemmeno al tempo di Platone, o di Cicerone, o di Papiniano, fosse tanta comodità di studio quanta ora si vede. Non si troverà più d’ora innanzi in alcun posto o compagnia chi non sia stato ben forbito nell’officina di Minerva. I briganti, i carnefici, gli avventurieri, i palafrenieri d’oggi son più dotti che i dottori e predicatori del tempo mio.
Che più? Le donne e le ragazze hanno aspirato anch’esse a questa lode, a questa manna celeste della buona dottrina. Tant’è che alla mia vecchia età sono stato costretto ad apprendere le lettere greche che non avevo disprezzate prima, come Catone, ma che non avevo avuto agio di comprendere da giovine. E volentieri mi diletto a leggere i MORALI di Plutarco, i bei DIALOGHI di Platone, i MONUMENTI di Pausania e le ANTICHITÀ di Ateneo, attendendo l’ora che piaccia a Dio creatore di chiamarmi e comandarmi d’uscire da questa terra.
Perciò, figlio mio, t’ammonisco a ben occupare la tua giovinezza con profitto di studi e di virtù. Sei nella città di Parigi, e hai precettore Epistemone: l’uno può indottrinarti per vive e vocali istruzioni, l’altra per lodevoli esempi. Intendo e voglio che apprenda le lingue perfettamente. Anzitutto la greca, come vuole Quintiliano: in secondo luogo la latina, poi l’ebraica per le sante scritture, e parimente la caldea e l’arabica; quanto alla greca, forma il tuo stile a imitazione di Platone, quanto alla latina di Cicerone: e non vi sia storia che non tenga presente alla memoria; a che t’aiuterà la cosmografia di quelli che ne hanno scritto.
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