Ad altri, o dolce Italia,
Doni i sorrisi tuoi;
Ma i morti non obliano
35
Ciò che piú in vita amâr;
Ma Roma è nostra, i vindici Del nome suo siam noi:
Voliam su ’l Campidoglio,
Voliamo a trionfar. –
40
Va come fósca nuvola
La morta compagnia,
E al suo passare un fremito Gl’itali petti assal;
Ne le auree veglie tacciono 45
La luce e l’armonia,
E sordo il tuon rimormora
Su l’alto Quirinal.
Ma i cavalier d’industria, Che a la città di Gracco
50
Trasser le pance nitide
E l’inclita viltà,
Dicon – Se il tempo brontola, Finiam d’empire il sacco;
Poi venga anche il diluvio; 55
Sarà quel che sarà.
4 Novembre 1872.
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Letteratura italiana Einaudi Giosue Carducci - Giambi ed epodi XXVII.
a messer cante gabrielli da gubbio podestà di firenze nel mccci Molto mi meraviglio, o messer Cante, Podestà venerando e cavaliero, Non v’abbia Italia ancor piantato intiero In marmo di Carrara e dritto stante Sur una piazza, ove al bel ceffo austero 5
Vostro passeggi il popolo d’avante, O primo, o solo ispirator di Dante, Quando ladro il dannaste e barattiero.
I ceppi per a lui la man tagliare Voi tenevate presti; ei ne l’inferno 10
Scampò, gloria e vendetta a ricercare.
Spongon or birri e frati il suo quaderno, E quel povero veltro ha un bel da fare A cacciar per la chiesa e pe ’l governo.
Maggio 1874.
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Letteratura italiana Einaudi Giosue Carducci - Giambi ed epodi XXVIII.
la sacra di enrico quinto
Quando cadono le foglie, quando emigrano gli augelli E fiorite a’ cimiteri son le pietre de gli avelli, Monta in sella Enrico quinto il delfin da’ capei grigi, E cavalca a grande onore per la sacra di Parigi.
Van con lui tutt’i fedeli, van gli abbati ed i baroni: 5
Quanta festa di colori, di cimieri e di pennoni!
Monta Enrico un caval bianco, presso ha il bianco suo
[stendardo
Che coprí morenti in campo San Luigi e il pro’ Baiardo.
Viva il re! Ma il ciel di Francia non conosce il sacro segno; E la seta vergognosa si ristringe intorno al legno.
10
Piú che mai su gli aurei gigli bigio il cielo e freddo appare: Con la pace de gli scheltri stanno gli alberi a guardare; E gli augelli, senza canto, senza rombo, tristi e neri, Guizzan come frecce stanche tra i pennoni ed i cimieri.
Viva il re! Ma i lieti canti ne le trombe e ne le gole 15
Arrochiscono ed aggelano su le bocche le parole.
Arrochiscono; ed un rantolo faticoso d’agonia Par che salga su da’ petti de l’allegra compagnia.
Cresce l’ombra de le nubi, si distende su la terra, Ed un’umida tenèbra quel corteggio avvolge e serra. 20
Dan di sprone i cavalieri, i cavalli springan salti: Sotto l’ugne percotenti suon non rendono i basalti.
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Letteratura italiana Einaudi Giosue Carducci - Giambi ed epodi Manca l’aria; e, come attratti i cavalli e le persone Ne la plumbëa d’un sogno infinita regïone, Arrembando ed arrancando per gli spazi sordi e bigi 25
Marcian con le immote insegne per entrar a San Dionigi.
Viva il re! Giú da i profondi sotterranei de la chiesa Questa voce di saluto come un brontolo fu intesa: E da l’ossa che in quei campi la repubblica disperse Una nube di fumacchi si formava, e fuori emerse 30
Uno stuolo di fantasmi: donne, pargoli, vegliardi, Conti, vescovi, marchesi, duchi, monache, bastardi; Tutti principi del sangue: tronchi, mózzi, cincischiati, I zendadi a fiordiligi stranamente avvoltolati.
Entro i teschi aguzzi e mondi che parean d’avorio fino 35
Luccicavano le occhiaie d’un sottil fuoco azzurrino.
Qual brandiva, salutando, un cappel bianco piumato Con un gracil moncherino che solo eragli avanzato; Qual con una tibia sola disegnava un minuetto; Qual con mezza una mascella digrignava un sorrisetto. 40
Tutt’a un tratto quel movente di maligni ossami stuolo Scricchiolando e sgretolando si levò per l’aria a volo; Ed intorno a l’orifiamma dispiegante i gigli gialli Sgambettando e cianchettando intessea carole e balli, Ed intorno a l’orifiamma sventolante i gigli d’oro 45
Sibilando e bofonchiando intonava questo coro.
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Letteratura italiana Einaudi Giosue Carducci - Giambi ed epodi
– Ben ne venga il delfin grigio nel reame ove a’ Borboni Né pur morte guarentisce fide o pie le sue magioni.
Passerem dal Ponte Nuovo. Venga a sciôr la sua pro-messa
Co ’l re grande che Parigi guadagnò per una messa, 55
E nel marmo anche par senta co’ mustacchi intirizziti Caldo il colpo e freddo il ghiaccio del pugnal de’ gesuiti.
Marceremo a Nostra Donna. Mitrïati e porporati Tre arcivescovi i lor sonni per accoglierne han lasciati.
Su l’entrata sta solenne con l’asperges d’oro in pugno 60
Quel che tinse del suo sangue gli arsi lastrici di giugno.
In disparte ginocchioni veglia a dire le secrete Quel che spento fu in sacrato per le mani d’un suo prete.
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