Da i gradi alti del circo ammantellati Di porpora, esse ritte

Ne i lunghi bissi, gli occhi dilatati, Le pupille in giú fitte,

Abbassavano il pollice nervoso De la mano gentile.

Ardea tra bianche nuvole estuoso Il sol primaverile

Su le superbe, e ne la nera chioma Mettea lampeggiamenti.

Fremea la lupa nutrice di Roma Ne i lor piccoli denti,

Bianchi, affilati, tra le labbra rosse Contratte in fiero ghigno.

Un selvatico odor su da le fosse Vaporava maligno.

Era il sangue del mondo che fervea Con lievito mortale,

Su cui provava già Nemesi dea Al vol prossimo l’ale.

E le nipoti di Camilla, pria Di cedere le mani

A i ferri, assaporavan l’agonia De’ cerulei Germani.

82

Letteratura italiana Einaudi Giosue Carducci - Giambi ed epodi II.

Voi sgretolate, o belle, i pasticcini Tra il palco e la galera;

Ed intente a fornir di cittadini La nuova italica èra,

Studiate, e gli occhi mobili dan guizzi 5

Di feroce ideale,

Gli abbracciamenti de’ cavallerizzi Tra i colpi di pugnale;

E palpate con gli occhi abbracciatori Le schiene ed i toraci,

10

Mentre rei gerghi tra sucidi odori Testimonian su i baci.

Poi, se un puttin di marmo avvien che mostri Qualcosellina al sole,

Protesterete con furor d’inchiostri, 15

Con fulmin di parole.

E pur ieri cullaste il figliuoletto Tra i notturni fantasmi

Co ’l piè male proteso fuor del letto Ne gli adulteri spasmi.

20

Ma voi siete cristiane, o Maddalene!

Foste da’ preti a scuola.

Siete moderne! avete ne le vene L’Aretino e il Loiola.

Ottobre 1879.

83

Letteratura italiana Einaudi Giosue Carducci - Giambi ed epodi XXX.

il canto dell’amore

Oh bella a’ suoi be’ dí Rocca Paolina Co’ baluardi lunghi e i sproni a sghembo!

La pensò Päol terzo una mattina Tra il latin del messale e quel del Bembo.

– Quel gregge perugino in tra i burroni 5

Troppo volentier – disse – mi si svia.

Per ammonire, il padre eterno ha i tuoni, Io suo vicario avrò l’artiglieria.

Coelo tonantem canta Orazio, e Dio Parla tra i nembi sovra l’aquilon.

10

Io dirò co’ i cannoni: O gregge mio, Torna a i paschi d’Engaddi e di Saron.

Ma, poi che noi rinnovelliamo Augusto, Odi, Sangallo: fammi tu un lavoro Degno di Roma, degno del tuo gusto, 15

E del ponteficato nostro d’oro. –

Disse: e il Sangallo a la fortezza i fianchi Arrotondò qual di fiorente sposa: Gittolle attorno un vel di marmi bianchi, Cinse di torri un serto a l’orgogliosa.

20

La cantò il Molza in distici latini; E il paracleto ne la sua virtú Con piú che sette doni a i perugini In bombe e da’ mortai pioveva giú.

Ma il popolo è, ben lo sapete, un cane, 25

E i sassi addenta che non può scagliare, 84

Letteratura italiana Einaudi Giosue Carducci - Giambi ed epodi E specialmente le sue ferree zane Gode ne le fortezze esercitare; E le sgretola; e poi lieto si stende Latrando su le pietre ruinate, 30

Fin che si leva e a correr via riprende Verso altri sassi ed altre bastonate.

Cosí fece in Perugia. Ove l’altera Mole ingombrava di vasta ombra il suol Or ride amore e ride primavera, 35

Ciancian le donne ed i fanciulli al sol.

E il sol nel radïante azzurro immenso Fin de gli Abruzzi al biancheggiar lontano Folgora, e con desio d’amor piú intenso Ride a’ monti de l’Umbria e al verde piano.

40

Nel roseo lume placidi sorgenti I monti si rincorrono tra loro, Sin che sfumano in dolci ondeggiamenti Entro i vapori di viola e d’oro.

Forse, Italia, è la tua chioma fragrante 45

Nel talamo, tra’ due mari, seren, Che sotto i baci de l’eterno amante Ti freme effusa in lunghe anella al sen?

Io non so che si sia, ma di zaffiro Sento ch’ogni pensiero oggi mi splende, 50

Sento per ogni vena irmi il sospiro Che fra la terra e il ciel sale e discende.

Ogni aspetto novel con una scossa D’antico affetto mi saluta il core, 85

Letteratura italiana Einaudi Giosue Carducci - Giambi ed epodi E la mia lingua per sé stessa mossa 55

Dice a la terra e a al cielo, Amore, amore.

Son io che il cielo abbraccio, o da l’interno Mi riassorbe l’universo in sé?…

Ahi, fu una nota del poema eterno Quel ch’io sentiva e picciol verso or è.