Avanti, avanti, o sauro destrier de la canzone!
L’aspra tua chioma porgimi, ch’io salti anche in arcione, Indomito destrier.
A noi la polve a l’ansia del corso, e i rotti vènti, E il lampo de le selici percosse, e de i torrenti 5
L’urlo solingo e fier.
I bei ginnetti italici han pettinati crini, Le constellate e morbide aiuole de’ giardini Sono il lor dolce agon:
Ivi essi caracollano in faccia a i loro amori, 10
La giuba a tempo fluttua vaga tra i nastri e i fiori De le fanfare al suon;
E, se lungi la polvere scorgon del nostro corso, Il picciol collo inarcano e masticando il morso Par che rignino – Ohibò! –
15
Ma l’alfana che strascica su l’orlo de la via Sotto gualdrappe e cingoli la lunga anatomia D’un corpo che invecchiò,
Ripensando gli scalpiti de’ corteggi e le stalle De’ tepid’ozi e l’adipe de la pasciuta valle, 20
Guarda con muto orror.
E noi corriamo a’ torridi soli, a’ cieli stellati, Per note plaghe e incognite, quai cavalier fatati, Dietro un velato amor.
46
Letteratura italiana Einaudi Giosue Carducci - Giambi ed epodi Avanti, avanti, o sauro destrier, mio forte amico!
25
Non vedi tu le parie forme del tempo antico Accennarne colà?
Non vedi tu d’Angelica ridente, o amico, il velo Solcar come una candida nube l’estremo cielo?
Oh gloria, oh libertà!
30
II.
Ahi, da’ primi anni, o gloria, nascosi del mio cuore Ne’ superbi silenzii il tuo superbo amore.
Le fronti alte del lauro nel pensoso splendor Mi sfolgorâr da’ gelidi marmi nel petto un raggio, Ed obliai le vergini danzanti al sol di maggio 5
E i lampi de’ bianchi omeri sotto le chiome d’òr.
E tutto ciò che facile allor prometton gli anni Io ’l diedi per un impeto lacrimoso d’affanni, Per un amplesso aereo in faccia a l’avvenir.
O immane statua bronzea su dirupato monte, 10
Solo i grandi t’aggiungono, per declinar la fronte Fredda su ’l tuo fredd’omero e lassi ivi morir.
A piú frequente palpito di umani odii e d’amori Meglio il petto m’accesero ne’ lor severi ardori Ultime dee superstiti giustizia e libertà; 15
E uscir credeami italico vate a la nuova etade, Le cui strofe al ciel vibrano come rugghianti spade, E il canto, ala d’incendio, divora i boschi e va.
Ahi, lieve i duri muscoli sfiora la rima alata!
Co ’l tuon de l’arma ferrea nel destro pugno arcata, 20
Gentil leopardo, lanciasi Camillo Demulèn, E cade la Bastiglia. Solo Danton dislaccia, 47
Letteratura italiana Einaudi Giosue Carducci - Giambi ed epodi Per rivelarti a’ popoli, con le taurine braccia, O repubblica vergine, l’amazonio tuo sen.
A noi le pugne inutili. Tu cadevi, o Mameli, 25
Con la pupilla cerula fisa e gli aperti cieli, Tra un inno e una battaglia cadevi; e come un fior Ti rideva da l’anima la fede, allor che il bello E biondo capo languido chinavi, e te, fratello Copria l’ombra siderea di Roma e i tre color; 30
Ed al fuggir de l’anima su la pallida faccia Protendea la repubblica santa le aperte braccia Diritta in fra i romulei colli e l’occiduo sol.
Ma io d’intorno premere veggo schiavi e tiranni, Ma io su ’l capo stridere m’odo fuggenti gli anni: 35
– Che mai canta, susurrano, costui torbido e sol?
Ei canta e culla i queruli mostri de la sua mente, E quel che vive e s’agita nel mondo egli non sente.—
O popolo d’Italia, vita del mio pensier, O popolo d’Italia, veccho titano ignavo, 40
Vile io ti dissi in faccia, tu mi gridasti: Bravo; E de’ miei versi funebri t’incoroni il bicchier.
III.
Avanti, avanti, o indomito destrier de gl’inni alato!
Oblïar vo’ nel rapido corso l’inerte fato, I gravi e oscuri dí.
Ricordi tu, bel sauro, quando al tuo primo salto I falchi salutarono augurando ne l’alto 5
E il bufolo muggí?
Ricordi tu le vedove piagge del mar toscano, Ove china su ’l nubilo inseminato piano 48
Letteratura italiana Einaudi Giosue Carducci - Giambi ed epodi La torre feudal
Con lunga ombra di tedio da i colli arsicci e foschi 10
Veglia de le rasenie cittadi in mezzo a’ boschi Il sonno sepolcral,
Mentre tormenta languido sirocco gli assetati Caprifichi che ondeggiano su i gran massi quadrati Verdi tra il cielo e il mar, 15
Su i gran massi cui vigile il mercator tirreno Saliva, le fenicie rosse vele nel seno Azzurro ad aspettar?
Ricordi Populonia, e Roselle, e la fiera Torre di Donoratico a la cui porta nera 20
Conte Ugolin bussò
Con lo scudo e con l’aquile a la Meloria infrante, Il grand’elmo togliendosi da la fronte che Dante Ne l’inferno ammirò?
Or (dolce a la memoria) una quercia su ’l ponte 25
Levatoio verdeggia e bisbiglia, e del conte Novella il cacciator
Quando al purpureo vespero su la bertesca infida I falchetti famelici empiono il ciel di strida E il can guarda al clamor.
30
Là tu crescesti, o sauro destrier de gl’inni, meco; E la pietra pelasgica ed il tirreno speco Fûro il mio solo altar;
E con me nel silenzio meridïan fulgente I lucumoni e gli àuguri de la mia prima gente 35
Veniano a conversar.
E tu pascevi, o alivolo corridore, la biada Che ne’ solchi de i secoli aperti con la spada Dal console roman
49
Letteratura italiana Einaudi Giosue Carducci - Giambi ed epodi Dante, etrusco pontefice redivivo, gettava; 40
Onde al cielo il tuo florido terzo maggio esultava, Comune italïan,
Tra le germane faide e i salmi nazareni Esultava nel libero lavoro e ne i sereni Canti de’ mietitor.
45
Chi di quell’orzo pascesi, o nobile corsiero, Ha forti nervi e muscoli, ha gentile ed intero Nel sano petto il cor.
Dammi or dunque, apollinea fiera, l’alato dorso: Ecco tutte le redini io ti libero al corso: 50
Corriam, fiera gentil.
Corriam de gli avversarii sovra le teste e i petti, De’ mostri il sangue imporpori i tuoi ferrei garetti; E a noi rida l’april,
L’april de’ colli italici vaghi di mèssi e fiori, 55
L’april santo de l’anima piena di nuovi amori, L’aprile del pensier.
Voliam, sin che la folgore di Giove tra la rotta Nube ci arda e purifichi, o che il torrente inghiotta Cavallo e cavalier,
60
O ch’io discenda placido dal tuo stellante arcione, Con l’occhio ancora gravido di luce e visïone, Su ’l toscano mio suol,
Ed al fraterno tumolo posi da la fatica, Gustando tu il trifoglio da una bell’urna antica 65
Verso il morente sol.
Ottobre 1872.
50
Letteratura italiana Einaudi Giosue Carducci - Giambi ed epodi LIBRO II
XVI.
a certi censori
No, le luci non ha di Maddalena Molli e del pianger vaghe; No, balsami non ha la mia Camena Per le fetenti piaghe.
Né Cristi siete voi: per ogni fòro 5
L’anima vostra impura
Fornicò; se v’ha conci il reo lavoro, Ci pensi la questura.
Ma Fulvia, in quel che la persona bella Rileva su ’l divano
10
Ravviando al crin fulgido le anella Con la tremante mano
E le pieghe a la vesta, tutta in viso Vermiglia e di piacere
Spumante, con un guardo e con un riso 15
Ove tutta Citere
Lampeggia e a cui Laide erudita avria Aggiudicato il mirto,
– Odio – dice – la triste poesia Che rinnega lo spirto. –
20
E il buffon Mena, ch’empie d’inodora Corruzion la pancia
51
Letteratura italiana Einaudi Giosue Carducci - Giambi ed epodi E via co ’l guanto profumato sfiora Gli schiaffi de la guancia, Dice – A me giova tra un bicchier di Broglio 25
E l’altro metter l’ale.
1 comment