Era responsabile verso i genitori di Minta — il Gufo e l’Attizzatoio. I soprannomi che aveva dato ai due le attraversarono la mente mentre leggeva. Il Gufo e l’Attizzatoio — sì, si sarebbero seccati se avessero sentito dire — e non c’era dubbio che lo avrebbero sentito dire — che Minta, mentre era ospite dei Ramsay, era stata vista eccetera, eccetera, eccetera. “Lui portava la parrucca alla Camera dei Comuni e lei lo aiutava con garbo a ricevere gli ospiti”2  ripetè, ripescandoli dal fondo della sua mente con una frase che, di ritorno da un ricevimento, aveva coniato per divertire il marito. Ma come, come era mai possibile, si disse la signora Ramsay, che avessero avuto quella figlia così stravagante? quel ragazzaccio con le calze bucate? Come poteva esistere in quella solenne atmosfera in cui la cameriera non faceva che portare via con la paletta la sabbia che il pappagallo aveva sparpagliato, e la conversazione si limitava quasi esclusivamente alle imprese — forse interessanti ma dopo tutto limitate — del pappagallo? Inevitabilmente, l’avevano invitata a colazione, al tè, a cena e infine a essere loro ospite a Finlay, causando una certa tensione con il Gufo, la madre, e altre visite, altre conversazioni, altra sabbia, e alla fine lei aveva detto tante bugie sui pappagalli da poterle bastare per una vita (così aveva riferito al marito quella sera, tornando dal ricevimento). Minta però era venuta... Sì, era venuta, pensò la signora Ramsay, sospettando vi fosse una spina nascosta nell’intrico di quel pensiero; e riuscendo a liberarla scoprì che era questa: una donna l’aveva una volta accusata di «rubarle l’affetto della figlia»;  qualcosa che aveva detto la signora Doyle le aveva riportato alla memoria quell’accusa. Desiderio di dominare, desiderio di interferire, volontà di far fare agli altri quel che voleva — ecco le accuse contro di lei, e le parevano molto  ingiuste. Era forse sua la colpa se il suo aspetto era “così”? Nessuno poteva accusarla di affannarsi a far colpo sugli altri. Spesso si vergognava della sua sciatteria. E non era  autoritaria, né tirannica. Era molto più vero l’interesse che aveva per gli ospedali e le fognature e le latterie. Quelli erano argomenti per i quali si accalorava, e le sarebbe piaciuto, se ne avesse avuto la possibilità, prendere la gente  per la collottola e costringerla a vedere. Nessun ospedale in tutta l’isola. Una autentica vergogna. Il latte che veniva consegnato a casa a Londra marrone per lo sporco. Avrebbe dovuto essere illegale. Una latteria modello e un ospedale nell’isola — queste due cose, sì, avrebbe voluto farle, e farle lei stessa. Ma come? Con tutti quei figli? Quando fossero stati più grandi, allora forse ne avrebbe avuto il tempo; quando fossero andati tutti a scuola. 

Oh, ma non voleva che James crescesse mai di un solo giorno, e neppure Cam. Quei due avrebbe voluto conservarli sempre così com’erano, diavoli di malizia, angeli di delizia, senza vederli mai crescere e trasformarsi in mostri dalle gambe lunghe. Nulla poteva ricompensare della perdita. Quando leggeva proprio ora a James: «E c’erano file e file di soldati con tamburi e trombe» e gli occhi di lui si facevano scuri, allora pensava, perché dovrebbero crescere e perdere tutto questo? James era il più dotato, il più sensibile dei suoi figli. Ma tutti, si disse, erano pieni di promesse. Prue, un vero angelo con gli altri, e a volte ora, soprattutto di notte, tanto bella da togliere il fiato. Andrew — anche suo marito riconosceva che il dono del ragazzo per la matematica era straordinario. E Nancy e Roger, ora erano due selvaggi, sempre a correre tutto il giorno per la campagna. Quanto a Rose, aveva la bocca troppo grande, ma era molto dotata per i lavori manuali. Quando si mettevano in scena i quadri viventi, Rose preparava i costumi; preparava tutto; soprattutto le piaceva sistemare le tavole, i fiori, qualsiasi cosa. Non era contenta che Jasper sparasse agli uccelli; ma era soltanto una fase transitoria; tutti ne attraversavano. Perché, si chiedeva, appoggiando il mento alla testa di James, dovevano crescere tanto in fretta? Perché dovevano andare a scuola? Le sarebbe piaciuto avere sempre un bambino piccolo. Era felice soprattutto quando poteva tenerne uno in braccio. Allora la gente, se voleva, poteva dire che era tirannica, dominatrice, imperiosa; non le importava. E, sfiorandogli i capelli con le labbra, pensò che non sarebbe stato mai più così felice, ma si fermò, ricordando quanto indispettisse il marito sentirle dire così. Pure, era vero.