Erano più felici ora di quanto sarebbero mai stati. Un servizietto da tè da dieci pence rendeva Cam felice per giorni. Li sentiva sgambettare e chiacchierare sul pavimento al piano di sopra appena si svegliavano. Venivano correndo lungo il corridoio. Poi la porta si spalancava, e loro entravano, freschi come rose, gli occhi spalancati, svegli e attenti, come se quel loro irrompere nella sala da pranzo dopo la prima colazione, come facevano tutti i giorni della loro vita costituisse per loro un autentico avvenimento; e così per tutte le cose, una dopo l’altra, tutto il giorno, fino a quando lei saliva a augurargli la buona notte, e li trovava intrappolati nei loro lettini come uccelli tra ciliegie e lamponi a inventare ancora storie su qualche piccolo nonnulla — qualcosa che avevano sentito, qualcosa che avevano raccolto in giardino. Avevano tutti i loro piccoli tesori... E allora lei scendeva e diceva al marito: Perché devono crescere e perdere tutto questo? Non saranno mai più così felici. E lui si infuriava. Perché avere un’immagine così cupa della vita? diceva. Non è ragionevole. Poiché era strano; e lei era certa fosse vero; che con tutte le sue malinconie e la sua disperazione lui era più felice, in complesso più fiducioso, di lei. Meno esposto alle preoccupazioni umane — forse era questo. Aveva sempre il suo lavoro in cui rifugiarsi. Non che lei fosse “pessimista” come lui la accusava di essere. Soltanto pensava alla vita — e davanti agli occhi le si presentava un breve spazio di tempo, i suoi cinquant’anni. Era là davanti a lei — la vita. La vita: pensò, ma non finì il suo pensiero. Guardava la vita, perché aveva la chiara sensazione della sua presenza i come di qualcosa di autentico, di privato, che non divideva né con i figli né con il marito. Tra loro si svolgeva una sorta di transazione, che vedeva lei su una sponda e la vita sull’altra, e lei cercava sempre di trarre il meglio dalla vita, come era nella sua natura; e a volte patteggiavano tra loro (quando lei era sola); ricordava grandi scene di riconciliazione; ma in complesso, stranamente, doveva riconoscere di trovare quella cosa che chiamava vita terribile, ostile, e pronta a balzarti addosso se gliene davi la possibilità. Esistevano gli eterni problemi: la sofferenza; la morte; i poveri. Anche qui c’era sempre una donna che moriva di cancro. Eppure lei aveva detto ai suoi figli: Voi dovrete affrontare tutto questo. Lo aveva detto senza sosta a otto  persone (e il conto per la serra sarebbe stato di cinquanta sterline). Per questa ragione, sapendo che cosa li attendesse — amore e ambizione e triste solitudine in luoghi desolati — pensava spesso: perché devono crescere e perdere  tutto? E allora si diceva, brandendo la spada contro la vita,  sciocchezze. Saranno perfettamente felici. E ora eccola là, riflette, trovando nuovamente la vita piuttosto sinistra, che  voleva far sposare Minta e Paul Rayley; poiché, quali che fossero i suoi sentimenti sulle proprie transazioni, e aveva avuto  esperienze che non dovevano accadere necessariamente a  tutti (non ne parlava con sé stessa), era portata, troppo facilmente lo sapeva, quasi si trattasse di un mezzo di salvezza e di fuga anche per lei, a dire che la gente doveva sposarsi; la  gente doveva avere figli. 

Era in errore in questo? si chiese, ripensando alla sua condotta nelle ultime una o due settimane, e chiedendosi se avesse fatto pressioni su Minta, che aveva soltanto ventiquattro anni, perché prendesse una decisione. Non si sentiva tranquilla. Aveva preso le cose troppo alla leggera? Non dimenticava di nuovo con quanta forza influenzasse gli altri? Per il matrimonio erano necessarie... oh, qualità di tutti i tipi (il conto per la serra sarebbe stato di cinquanta sterline); una — non era necessario nominarla  era davvero essenziale; quello che lei aveva con il marito. L’avevano loro? 

«Quindi si infilò i pantaloni e corse via come un pazzo» lesse. «Ma fuori infuriava un gran temporale e il vento era così forte che quasi non riusciva a tenersi in piedi; le case e gli alberi crollavano, le montagne tremavano, gli scogli precipitavano in mare, il cielo era nero come pece, e tuonava e lampeggiava, e il mare si sollevava con onde alte come campanili o montagne, crestate di spuma bianca.» 

Voltò la pagina; mancavano poche righe, così avrebbe finito la storia, anche se l’ora di andare a dormire era già passala. Si stava facendo tardi.