Il suo carattere privato è inscindibile da quello pubblico e, viceversa, una società armonica e felice non può che fondarsi su individui intimamente soddisfatti. Questo ci fa capire ulteriormente come le due dimensioni, quella individuale e quella sociale siano così profondamente interrelate da sfumare spesso l’una nell’altra. La scelta di Julie di rinunciare alla passione in nome del bonheur non è evidentemente dettata da una costrizione esterna, ma da quella parte di sé che si rispecchia nei valori collettivi e che non può pensarsi separatamente da un ordine etico e sociale.
Aderendo a questa parte di sé, Julie decide di sposare Wolmar, il candidato paterno, l’uomo maturo e razionale, e così presente a se stesso da essere in grado di dirigere e governare, come abbiamo visto, persino le passioni altrui. Ma, ancor prima di conoscere e apprezzare le qualità dell’uomo, Julie subisce, al momento stesso del suo matrimonio, una vera e propria «conversione»90 che la convince intimamente della propria decisione e la libera dal conflitto che ancora la turba:
«Giunta in chiesa, provai entrando un’emozione che non avevo mai sentita. Non so che terrore si impadronì dell’anima mia in quel luogo così semplice e augusto, pieno della maestà di colui che vi si adora».91
L’atmosfera sacrale e il rituale religioso del matrimonio colpiscono Julie con la forza improvvisa della «grazia» che viene pertanto a dissipare le ombre residue di una ancora fragile «virtù»:
«Che sentimento di pace, da tanto tempo spento, venne a rianimare questo cuore avvizzito dall’ignominia, e a spandere in tutto il mio essere una nuova serenità! Credetti di sentirmi rinascere; di ricominciare un’altra vita. Dolce e consolante virtù, per te la ricomincio; tu me la farai cara; e te la voglio consacrare».92
Emerge qui l’importanza della religione nell’universo rousseauiano, e la sua funzione di sostegno interiore della morale. Essa permette infatti quel risveglio della «coscienza» o «principio interiore» che, come Julie afferma poco più avanti, guida naturalmente l’uomo al bene e permette un sicuro e incontrovertibile ritorno alla virtù, in quanto fondato sulla verità del cuore. Si annuncia qui quella che sarà da parte di Julie una vera e propria «professione di fede» (Parte quinta, lettera V), la quale evoca per molti aspetti la Professione di fede del vicario savoiardo, poiché lo stesso percorso che porta il vicario dal dubbio alla saggezza, guida Julie dal conflitto alla pace e alla fondazione intima della morale.93 Senza sconfinare in alcun modo nel misticismo, la religione è un «sentimento» che permette di cogliere delle verità inaccessibili alla ragione fredda e intellettuale;94 e che trova nella vita quotidiana degli affetti e nella partecipazione al mondo il costante alimento al rapporto dell’uomo con Dio (Parte quinta, lettera V). È la coscienza, o «istinto divino»,95 che media questo rapporto. Sebbene soffocata dalla corruzione del mondo, essa torna ogni volta a riemergere, in quanto il suo linguaggio è quello eterno e incancellabile della natura.96 Allora, essa permette all’uomo di uscire dal disordine, di cui egli soltanto è responsabile a causa delle sue passioni, e di ritrovare l’ordine nascosto del mondo, a cui presiede un Dio-Provvidenza, giusto, buono, clemente.97
Torneremo sul tema della religione a proposito del «finale» della Nuova Eloisa. Importa qui sottolineare, oltre al suo ruolo nella fondazione della morale, la più specifica connessione con la morale coniugale. L’improvviso mutamento interiore che Julie avverte attraverso l’affiorare del sentimento religioso, è strettamente legato al rituale del matrimonio; la cui forte, tradizionale connotazione cristiana produce in Julie una vera e propria rivelazione. Essa dice infatti: «La purità, la dignità, la santità del matrimonio, che le parole della Scrittura espongono con tanta efficacia, i suoi casti e sublimi doveri così essenziali alla felicità, all’ordine, alla pace, alla durata del genere umano, e così dolci da essere osservati in sé: tutto mi fece un’impressione tale che credetti sentire dentro di me un’improvvisa rivoluzione».98
Il matrimonio equivale per Julie ad una sorta di iniziazione che trasforma radicalmente la sua vita, e la inserisce nell’ordine morale e collettivo, garantendo così pace, durata, e soprattutto bonheur, sia al singolo che all’intera comunità degli uomini. Esso non può dunque fondarsi sulla passione, ma su di un sentimento tenero e ragionevole simbolicamente rappresentato dalla coppia Claire-d’Orbe, sulla quale lo sguardo di Julie si posa come per attingervi il modello stesso dell’amore coniugale: «... teneri amici, sposi fedeli, senza ardere del fuoco divoratore che strugge l’anima, vi amate con un senso puro e dolce che la alimenta, che la saggezza e che la ragione governa; così che siete anche più saldamente felici».99
Un analogo sentimento che trova, per così dire, le sue origini archetipiche, non nell’eros, ma nell’agape cristiana, lega infatti Julie a Wolmar. Si tratta di «un attachement très tendre qui, pour n’être pas précisément de l’amour, n’en est pas moins doux et n’en est que plus durable» (cfr. nota 100). Non il cieco trasporto dell’amore appassionato fonda l’unione coniugale, ma un affetto pacato e costante che si basa sull’assenza di illusioni e di mitiche proiezioni sull’altro (ibid.). Tenerezza, solidarietà, comunione, costituiscono il nucleo affettivo del matrimonio e ne assicurano, diversamente dalle inquietudini e dagli eccessi di un immaginario desiderante, la peculiare funzione di trait-d’union tra le esigenze individuali e quelle comuni e civili.
«Un pensiero che mi ha illuso a lungo [...] – scrive Julie a Saint-Preux in un passo capitale – è che l’amore è necessario per formare un matrimonio felice. Caro amico, è un errore; l’onestà, la virtù, certi rapporti, non tanto di condizione e di età quanto di carattere e di umore, bastano tra due sposi; il che non impedisce affatto che da tale unione non risulti un affetto assai tenero il quale, pur non essendo esattamente amore, non è meno dolce ed è più durevole. L’amore va continuamente unito a un’inquietudine, di gelosia o di privazione, che non si accorda col matrimonio: il quale è uno stato di pacifico godimento. Non ci si sposa per pensare esclusivamente l’uno all’altro, ma per adempiere insieme i doveri della vita civile, governare con prudenza la casa e educare bene i figli. Gli amanti non vedono altro che se stessi, non si occupano d’altro che di sé, l’unica cosa che sappian fare è amarsi. Non basta per degli sposi che hanno tante altre cose cui pensare.»100
Diviene ancora più chiaro che l’opposizione formulata da Julie – nella quale risiede, come si è già accennato, uno degli aspetti più interessanti del testo rousseauiano – non è quella tra il sentimento e l’istituzione (il matrimonio), tra la passione e la legge, cioè in definitiva tra l’individuo e la società, ma quella tra due forme del sentimento, l’amore-passione e l’amore coniugale, che rimandano a due opposte dimensioni dell’Io in conflitto tra loro: l’una tesa alla totale espansione dell’emotività e del desiderio, con i rischi di isolamento e perdita di sé e del proprio universo collettivo, l’altra tesa invece all’autoconservazione, alla garanzia del bonheur, alla comunicazione con gli altri attraverso l’identificazione con i valori universalmente condivisi.
È questo che rende la Nuova Eloisa un romanzo peculiarmente moderno e differenzia ad esempio la vicenda di Julie da quella dell’Eloisa medievale, per la quale l’opposizione amore/matrimonio equivale, più schematicamente, al contrasto tra la libera espansione del sentimento e le fredde imposizioni normative della società. Quando Eloisa si ribella all’idea del matrimonio con Abelardo, è perché essa aderisce fino in fondo alla propria passione, che vuole libera da ogni vincolo.101 La «nuova Eloisa» rousseauiana, al contrario, rifiuta il matrimonio con Saint-Preux perché non riconosce alla passione il diritto di dar vita al legame coniugale, nel quale essa cerca e trova il coronamento dell’amore di sé e della spinta all’autoconservazione.
Il matrimonio di Julie con Wolmar si pone ad uguale distanza sia dalla passione sia dal matrimonio tradizionale, di cui Rousseau coglie l’espressione paradigmatica nel matrimonio aristocratico, fondato esclusivamente su ragioni di convenienza, rango e interesse patrimoniale. La critica del matrimonio aristocratico, e soprattutto delle sue degenerazioni libertine (Parte seconda, lettera XXI), presuppone in Rousseau una valorizzazione del «matrimonio d’amore» che sancisce un nuovo codice della scelta coniugale, legato all’emergere della borghesia e alla conseguente creazione di nuovi valori.
Non possiamo qui soffermarci sul processo di trasformazione della famiglia in epoca moderna che gli «storici delle mentalità» hanno così finemente ricostruito. Basti solo accennare al fatto che nel ’700 si consolida una concezione della famiglia intesa non più come pura istituzione economica e sociale, ma come area dell’affettività, in grado di rispondere alla crescente valorizzazione dell’individuo e delle sue istanze personali.102 Il pensiero dell’epoca dei «lumi», dall’Encyclopédie ai «traités du bonheur» e dell’«amicizia», al romanzo,103 si fa promotore di questo nuovo codice che inaugura, insieme al riconoscimento delle funzioni affettive del matrimonio, il principio della libera scelta del congiunto e della sovranità individuale nella gestione della vita privata.
Ma è soprattutto Rousseau, attraverso la Nuova Eloisa e l’Emilio, ad attribuire al matrimonio e alla famiglia la sacralità di un «diritto naturale», che trova il proprio fondamento nella decisione soggettiva dei singoli contraenti ai fini del loro bonheur:
«Sta agli sposi combinarsi bene – dirà nell’Emilio il padre di Sophie quando questa è in età da matrimonio –. L’inclinazione reciproca deve essere il loro primo vincolo: i loro occhi, i loro cuori devono essere le loro prime guide; poiché, siccome il primo dovere, stando uniti, è di amarsi, e l’amare o il non amare non dipende affatto da noi, questo dovere ne porta necessariamente un altro, cioè quello di cominciare con l’amarsi prima di unirsi. È questo il diritto della natura che nulla può abrogare...».104
Anche per Julie si è trattato in fondo, nonostante le mediazioni del padre, di un atto libero e volontario, poiché essa dichiara che, se dovesse sposarsi di nuovo, la sua scelta non cadrebbe su Saint-Preux, ma ancora una volta su Wolmar (Parte terza, lettera XX).
Julie e Wolmar, Emile e Sophie formano il nucleo coniugale di quella «felicità domestica» che, in un mondo corrotto, fondato sul «falso patto» e sulla disuguaglianza, 105 rimane l’unica mèta raggiungibile per chi voglia vivere secondo natura.106 Dalla coppia, legata da sentimenti di «tenerezza», «stima», «amicizia», il bonheur si estende alla comunità tutta intera: da qui nasce il mondo di Clarens, in cui regnano «l’ordine, la pace e l’innocenza» (Parte quarta, lettera X), e gli individui sono stretti gli uni agli altri da un legame di profonda solidarietà.
Clarens è l’universo alternativo alla società corrotta, rappresentata dalla grande città nella quale, come era già emerso dalla critica pungente di Parigi da parte di Saint-Preux, imperano la maschera, la falsità, l’«apparenza» (Parte seconda, lettere XIV, XVII). Si potrebbe dire che esso incarna, secondo una distinzione ormai classica, il trionfo della Gemeinschaft sulla Gesellschaft,107 della comunità sulla società. Il principio di base su cui è costruita è quello della valorizzazione della terra e del lavoro agricolo, di evidente origine fisiocratica. Wolmar è il proprietario che cura egli stesso la coltivazione della terra; in questa egli trova, insieme a coloro che lo circondano e lo aiutano, il radicamento che lo preserva dal pericolo dell’alienazione, che sempre minaccia chi si allontana dalla natura. Perciò il primo requisito necessario è l’autarchia, rinsaldata da un’economia di baratto, in cui il denaro ha un ruolo soltanto marginale ed ausiliario (Parte quarta, lettera X). Si tratta di un sistema chiuso e autosufficiente che tende a migliorare il patrimonio più che ad estenderlo.
Ritorna qui la critica della ricchezza, che è un topos della teoria economica e morale di Rousseau.
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