Ciò che la perde non è la sessualità, ma la passione, dandole così un carattere di nobiltà che risente, forse molto più di quanto non si sia supposto, dell’influenza della tradizione «cortese»; come pure del fatto che mentre Sophie è un modello pedagogico, Julie è una creatura del sogno e della «fantasticheria», dotata quindi di ogni immaginaria e perfetta bellezza.
È lei stessa comunque che, al contrario di Saint-Preux, disposto ad aderire alla passione fino alle sue estreme conseguenze, riconosce l’errore, la «deviazione» da quella legge di natura che la spinge alla virtù e, contemporaneamente, ad un sentimento che possa fondersi con l’universo etico e sociale; da questo, infatti, non solo essa non può prescindere, ma tende a perfezionarlo, liberandolo degli aspetti corrotti della società esistente. Sebbene non sia sempre padrona delle proprie emozioni, e si lasci consapevolmente andare al trasporto passionale, Julie resta tuttavia presente a se stessa, sempre memore dello sguardo del mondo.
Nel seno stesso della passione, essa fa appello al pudore, come ciò che limita l’eccesso e le degenerazioni del desiderio e lo purifica, trasformandolo in «vero amore»: un sentimento casto nella sua totale esclusività, nel quale il cuore non «segue» i sensi, ma li «guida», in modo da conservare la voluttà senza perdere la purezza e la virtù:
«Il mistero, il silenzio, il timido pudore aguzzano e celano i suoi dolci trasporti. La sua fiamma onora e purifica tutte le sue carezze; la decenza e l’onestà l’accompagnano nel seno stesso della voluttà, lui solo sa concedere tutto ai desideri senza nulla togliere al pudore». 130
Di questo sentimento, la donna si fa portatrice per eccellenza, in quanto essa incarna le sue stesse qualità: il mistero, la timida riservatezza, una sensualità solo allusiva che promette senza concedere, che alimenta il desiderio dell’altro rimandandolo, purificandolo. Il parallelo ritorna infatti, con toni più accesi e polemici nella Lettera a d’Alembert:
«...i desideri velati dalla vergogna diventano, per questo, più seducenti: il pudore li accende mentre li mette in imbarazzo: i timori, le scappatoie, le riserve, le timide confessioni, la tenera e timorosa malizia dicono ciò che esso credeva di tacere meglio di come avrebbe potuto fare la passione priva di pudore. È proprio questo che dà valore ai favori e dolcezza ai rifiuti; in realtà, il vero amore possiede ciò che gli viene conteso solo dal pudore; questo insieme di debolezza e di modestia, lo rende più commovente e più tenero; meno ottiene, più aumenta il valore di ciò che ha ottenuto: è in tal modo che si arriva a godere sia delle privazioni che dei piaceri».131
Una donna senza pudore è dunque anche incapace di «vero amore» e si rende colpevole di aver calpestato un sentimento del tutto naturale al suo sesso.132
Questa sua attitudine non è, dunque, puramente strumentale; non tende cioè, all’interno dei rapporti di forza tra i sessi, semplicemente a sedurre l’uomo per poterlo catturare. Essa ha semmai, potremmo dire, una funzione strategica, che opera ai fini della conservazione e della durata, e che emerge soprattutto nel rapporto coniugale. È qui infatti che la donna trova la più alta e completa realizzazione di sé e può valorizzare al massimo le sue qualità naturali, come il pudore e la modestia. Rousseau prosegue infatti nella Lettera a d’Alembert:
«Anche se si potesse negare che un particolare sentimento di pudore sia proprio delle donne, non sarebbe meno vero che nella società il loro compito deve essere limitato a una vita domestica e ritirata, e che è necessario educarle con criteri adatti a questo scopo. [...] Vi è forse nel mondo uno spettacolo così commovente, così degno di rispetto come quello di una madre di famiglia circondata dai suoi figliuoli, intenta a organizzare i lavori domestici, procurando così una vita felice al marito e governando saggiamente la casa?».133
Il sentimento innato del pudore spinge la donna ad organizzare la propria vita quotidiana in uno spazio separato da quello del suo compagno, dove essa può dedicarsi alle occupazioni che le sono più congeniali: dirigere la casa, allevare i figli, provvedere al bonheur dell’uomo e di coloro che ama.
Forse nessuno più di Rousseau ha contribuito a promuovere l’immagine peculiarmente moderna e borghese della donna come moglie e madre, chiamata a governare la sfera intima degli affetti e a gestire l’organizzazione della vita domestica e privata. Questo è ciò che le compete a partire dal principio della differenziazione dei sessi che, sebbene possa oggi risuonare più interessante e ricco di implicazioni di ogni piatto egualitarismo, soffre, tuttavia, per lo meno in questa formulazione, del pericolo della gerarchia; e della mortificazione del femminile ridotto ad un ruolo tanto più cogente in quanto legittimato dal ricorso alla sacralità della «natura».
A Clarens, questo principio regola non solo, come abbiamo visto, la vita dei domestici, ma anche quella della coppia coniugale che li dirige:
«Ecco perché nemmeno i coniugi vanno esenti da questa regola; – scrive Claire a Julie, aderendo anch’essa a questa norma basilare – Ecco perché le più oneste donne mantengono in generale una grande autorità sui mariti; perché grazie a questa savia e discreta riservatezza, senza capricci e senza rifiuti, sanno tenerli a una certa distanza, pur nella più tenera unione, e così evitano la pericolosa sazietà».134
La separazione, fondata sulla discrezione e il riserbo della donna, consente dunque di mantenere quella distanza fisica tra i sessi che preserva entrambi dall’usura del sentimento ed impedisce all’uomo di saziarsi della propria compagna; garantendo così una più solida pace domestica ed una più profonda unione tra gli sposi.135
A Clarens, Julie governa la vita privata dei propri familiari e dell’intera comunità attraverso una «voluttà temperante» (Parte quinta, lettera II) che sa distillare dai piaceri l’essenza più semplice e innocente, e sa farne un uso moderato al fine di prevenire l’eccesso e, di conseguenza, il disgusto. La sua saggia amministrazione del godimento è inscindibile dalla materna sollecitudine verso i figli e dalla cura del proprio sposo, sui quali essa veglia costantemente prevenendone i bisogni, orientandone nella giusta direzione i giochi, i divertimenti, il piacere (ibid.).
Sensuale e padrona di sé allo stesso tempo, Julie presiede alla vita intima degli altri, penetra nelle loro occupazioni quotidiane, sorveglia le loro inclinazioni all’insegna di un’«arte di godere» che, piegando «ogni suo piacere alla regola» e le «passioni all’ubbidienza»,136 aggrega, anima e fa la felicità di tutti.
Analogo è il ruolo di Sophie, per certi aspetti ancora più delicato poiché in essa Rousseau tenta audacemente la sintesi tra amante e moglie, cui Julie aveva dovuto rinunciare, dividendosi tra due uomini diversi. Facendosi guidare dal suo istintivo pudore, essa ha la facoltà di mantenere vivo, dopo il matrimonio, il legame con Emile attraverso una distanza che permetta la gestione disciplinata dell’amore e del trasporto sensuale.137 Gradualmente, passando dal ruolo di amante a quello di sposa e madre, essa sa sostituire alla passione che inevitabilmente si spegne attraverso il possesso e lo scorrere del tempo, una «dolce abitudine» fondata sulla fiducia che si crea nella vita in comune e sulla condivisione del ruolo genitoriale.138
Spetta alla donna, possiamo dunque dedurre, trasformare la passione in sentimento e la sessualità in amore e cura, per divenire così la vera artefice di una strategia della durata, senza la quale non esiste il vero bonheur.
Su entrambe le figure femminili, e sul mondo di cui esse sono l’anima e il centro, pesa tuttavia l’ombra del fallimento. Sophie, pur senza perdere la sua dignità, cederà agli echi corruttori della città e alla trappola del libertinaggio, rendendosi colpevole del tradimento di Emile.139 Julie rimpiangerà in extremis lo slancio vitale del desiderio e della passione e dovrà morire, per garantire la coesione e la sopravvivenza della collettività cui ha dato vita. Il ruolo di moglie e di madre così nitidamente tratteggiato si incrina, a testimoniare anche in questo caso il carattere aperto e inquieto del pensiero rousseauiano, irriducibile a teorie definitive. Colei che appare come la principale artefice del processo di addomesticamento della sessualità e della passione è anche colei che, in ultima istanza, compromette il successo e la durata della sua stessa operazione: come se la sua natura erotica e pulsionale non arrivasse mai a riconciliarsi con la sua natura materna e conservativa, e tanto meno a lasciarsi assorbire in essa.
5. Una soluzione conflittuale
Un lungo e difficile percorso ha fatto infine approdare Julie al mondo idillico di Clarens, in cui essa vive serena nel seno degli affetti, circondata da persone soddisfatte e felici, ivi compreso Saint-Preux, l’antico amante a cui la lega ora un innocente e legittimo rapporto di amicizia.
Facendo propria un’ottica che percorre tutto il pensiero settecentesco, dal romanzo alla saggistica morale,140 Rousseau ci presenta l’amicizia come il sentimento opposto alla passione, che può fondare non solo l’unione coniugale, come nel caso di Claire e d’Orbe, ma che svolge una funzione sempre costruttiva e benefica, della quale si possono moltiplicare gli esempi. Claire riesce, attraverso un’amicizia incondizionata ed esclusiva, a «restituire a se stessa» una Julie resa vulnerabile dall’impatto disgregante delle passioni; Lord Bomston sostiene Saint-Preux durante la dolorosa separazione da Julie, spronandolo a superare la sua «faiblesse» attraverso una più matura presa di coscienza; Saint-Preux a sua volta aiuta il saggio e stoico inglese, neppur egli esente dalle inquietudini e dai pericoli dell’amore, ad uscire dalla crisi che lo lacera e lo vede combattuto tra Laure e la Marchesa.141 È infine l’amicizia, intesa come complicità e fiducia, che sta al fondo del legame tra Julie e Wolmar, ed è così salda e profonda da potersi estendere anche al delicato e nevralgico rapporto tra Saint-Preux e Wolmar (Parte quarta, lettera VI).
L’amicizia è «consolazione» («soulagement») e cura dell’altro, e soprattutto mezzo efficace di superamento dell’alienazione e della perdita di sé prodotte dalle passioni. Essa redime, consola, riconduce teneramente e senza scosse l’Io alla propria unità interiore, ridandogli la speranza in un’esistenza felice e priva di conflitti.
Particolarmente interessante è quella che si crea tra Julie e Saint-Preux, in quanto scaturisce dalla «depurazione» della passione, e dalla sua trasformazione in un legame tenero e fraterno che può mostrarsi alla luce del sole, senza più temere lo sguardo del mondo.
«Mi onoro dell’amicizia che ci unisce come d’una conversione senza esempio. Si possono soffocare le grandi passioni; depurarle invece è raro»,142 scriverà Julie a Saint-Preux, rallegrandosi della familiarità nella quale possono finalmente vivere, liberi da ogni colpa o inquietudine.
«Depurare la passione» equivale ad applicare il principio secondo il quale questa non va repressa o negata, ma deve potersi «vincere attraverso se stessa»; un principio, come si ricorderà,143 sostenuto da Julie e teorizzato da Wolmar (Parte quarta, lettera XII). Nel processo di trasformazione della passione in «amicizia», Wolmar gioca infatti un ruolo essenziale. Il suo coinvolgimento affettivo verso Julie, che pure è innegabile, non gli impedisce di conservare il distacco con cui egli osserva gli amanti, sorvegliandoli. O forse, è proprio il suo coinvolgimento che lo spinge a tenere sotto controllo la situazione con un distacco che, in fondo, è prevalentemente tattico.
Wolmar rivela un particolare acume nel comprendere che dietro le sincere proteste di guarigione e di reciproca amicizia da parte di Julie e Saint-Preux (Parte quarta, lettere VI, VII ecc.), si nasconde il fuoco mai veramente sopito dell’amore appassionato. Consapevole del carattere irrazionale e involontario della permanenza dell’amore, dovuta essenzialmente alla «memoria» del passato, egli è convinto che tutto si risolva cancellando la memoria, ed opponendo ad essa la realtà del presente. Saint-Preux non è innamorato di «Julie de Wolmar», cioè della donna divenuta moglie e madre, ma di «Julie d’Etange», cioè della fanciulla-amante di un tempo, la cui immagine è rimasta intatta soltanto nel ricordo (Parte quarta, lettera XIV). Basta allora sovrapporre la prima alla seconda attraverso un’operazione studiata e capillare che ponga ripetutamente l’uno di fronte all’altra in situazioni accuratamente scelte, perché l’amore si spenga definitivamente:
«Toglietegli la memoria – scrive Wolmar a Claire, alludendo a Saint-Preux – e sarà senza amore.»144
Non c’è bisogno di evocare Proust e la sua raffinata analisi del meccanismo della «memoria affettiva» come e ciò che alimenta e crea l’amore, per cogliere l’ingenuità, sia pure un po’ perversa, del «metodo» di Wolmar. Basti solo osservare, come è stato rilevato, che ciò che può metterlo in crisi e precluderne il successo è la premessa stessa su cui si fonda: se è vero infatti che «Mme de Wolmar» offusca in parte «Julie», è anche vero che essa agisce come «segno rammemorativo» di quest’ultima,145 con tutti i rischi che ciò comporta nella frequentazione degli amanti. Rischi che non tardano a tradursi in effettive regressioni e momenti di acuta crisi, come quella che scoppia sul lago di Meillerie, dove Saint-Preux avverte con dolore l’inaccessibilità dell’oggetto d’amore, pur così presente e vicino, e viene colto da una disperazione che riapre l’antica ferita, mai del tutto rimarginata (Parte quarta, lettera XVII).
Saint-Preux, d’altra parte, ha sempre mostrato, pur sottomettendosi pienamente e «cortesemente» al volere dell’amata, segni di ribellione alle austere esigenze della «virtù», rivendicando per la passione tutta la legittimità di una forza della natura (Parte prima, lettera XXXI). Nonostante i suoi sforzi, che lo spingono fino ad accettare di vivere a Clarens, accanto ai coniugi Wolmar, egli rivela a più riprese stati di inquietudine e di crisi, l’ultima delle quali lo coglie a Villeneuve, al suo ingresso nella stanza d’albergo che lo riporta violentemente al passato (Parte quinta, lettera IX).
Personaggio dai toni «wertheriani» e romantici, Saint-Preux resta fedele fino in fondo all’immagine di Julie, in nome della quale egli non può e non vuole aprirsi a nuovi rapporti, ed è indotto a rifiutare anche la proposta, fattagli da Julie, di un suo matrimonio con Claire, tassello mancante alla completa armonia della piccola comunità (Parte sesta, lettere VI e VII).
La passione, dunque, è stata solo rimossa; e questa rimozione è avvenuta in modo ancora più radicale per Julie, la quale è riuscita a costruire su di essa un intero organismo collettivo, retto da leggi ideali. Julie inoltre l’aveva, per così dire, voluta anche per un’altra ragione, non meno importante, sebbene più nascosta della prima.
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