Arnstein.
I. TEN EYCK FIRKINS, Ibsen: a Bibliography of Criticism and Biographv, New York 1940 (II ed.).
Utili indicazioni sono anche nell'edizione delle Opere complete a cura dell'Halvorsen, Köbenhavn 1901, nonché nella miscellanea a cura di H. Landsberg: Das Ibsensbuch, Ibsen in seinen Werken, Briefen, Reden und Aufsätzen, Berlin 1907.
Per la parte italiana, oltre alle opere già citate del Farinelli, dell'Apollonio e dello Jacobbi, si segnalano le bibliografie al termine della voce «Ibsen» nella Enciclopedia dello Spettacolo, Roma 1956 e nel Dizionario Universale della letteratura contemporanea, Verona 1950.
Tra le traduzioni pubblicate in tempi più recenti in Italia, segnaliamo:
Casa di bambola (Una), trad. e cura di R. Alonge, Torino, Rosenberg & Sellier, 1993.
Peer Gynt, Progetto per una messa in scena di Marco Baliani, a cura di A. Ghiglione, Milano, Vita e pensiero, 1994.
Brand, Poema drammatico in cinque atti, trad. di A. Cervesato, a cura di L. Doninelli, Milano, Rizzoli, 1995.
Signora del mare (La), trad. e cura di R. Alonge, Torino, Rosenberg & Sellier, 1995.
Spettri-Rosmersholm, trad. di C. Magris, N. Zoja, Milano, Garzanti, 1995.
Casa di bambola, L'anitra selvatica, La donna del mare, trad. di P. Monaci, Milano, Fabbri, 1996.
Lettere sul teatro, 1868-1900: storia della diffusione della drammaturgia ibseniana in Germania, Austria, Inghilterra e Francia nelle lettere dell'autore, a cura di A. Pertici, 1996.
Casa di bambola, trad. di E. Pocar, intr. R. Alonge, con uno scritto di G.B. Shaw, Milano, Mondadori, 2002.
Rosmersholm di Ibsen per Eleonora Duse, a cura di F. Simoncini, Pisa, ETS, 2005.
1 Si veda per la storia di questa importante rappresentazione l'eccellente studio di Ferruccio Marotti, nel recente volume Il mio teatro, di G. Craig, Roma 1971.
Antologia della critica italiana
1. «E vedendo e osservando, [Ibsen] ha penetrato col suo acutissimo sguardo, fino all'intimo fondo, quelle creature umane, là dove le leggi della vita si rivelano nella loro fatale rigidità; ha veduto l'inanità degli sforzi individuali nella lotta dell'esistenza, se le circostanze non li favoriscono. Eppure il pensatore si è sentito invadere da profonda e ammirativa simpatia per quelle creature dolorose, ognuna con la sua croce, o con la sua illusione, che è tutt'una; e l'artista ha sentito il bisogno di fissare le fuggevoli figure dalla realtà, spingendole vive e palpitanti sul palcoscenico, perché altri osservasse e riflettesse come lui, perché ognuno vi ritrovasse, per conto proprio, qualcuno dei mille pensieri che si sono agitati nella mente di lui, durante la gestazione creativa. [...]
Egli ha voluto che le sue creature apparissero compiutamente staccate dal suo pensiero, segnate dal suo marchio si intende — come sarebbe stato possibile il contrario? — ma creature di carne e di ossa, con la loro particolare fisonomia, coi loro gusti, con la loro voce speciale, con le loro passioni, con le loro debolezze, coi loro sogni, con le loro allucinazioni, e senza l'impaccio di un preconcetto, di una tesi... o almeno con quel tanto di tesi che è indispensabile sostrato di ogni opera d'arte.»
Luigi Capuana, 1895
2. «Cammina verso l'avvenire, l'arte ibseniana: ma la sua grande ora di affermazione, il suo grande momento di azione vigorosa ed affascinatrice su l'intelletto di un'epoca, fu ai tempi che noi vivemmo; nella generazione nostra essa vinse; nella generazione nostra i giovani, come se si destassero in uno straordinario mattino sereno ed algido, soffregandosi gli occhi pieni di stupore, riconobbero il nuovo maestro, e si riconobbero ibseniani, e tentarono con le loro forze povere e ardenti di plasmare una letteratura, di plasmare un teatro, che rompessero lo stampo del passato, che si improntassero di quella energia vigile e profonda d'osservazione interiore della vita in cui era l'ispiratrice forza del poeta moderno fra tutti.
La rivoluzione ibseniana non deve più avvenire; essa è avvenuta. È avvenuta, col suo schianto formidabile su la coscienza d'arte, negli ultimi dieci anni del secolo decimonono.
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