Ma l'uomo che ruba per salvare sé e i suoi che stanno per morire di fame, merita pietà o casti-go? Chi scaglierà la prima pietra contro il marito che nella sua giusta collera immola la sua donna infedele e l'indegno seduttore? contro la fanciulla che in un'ora di voluttà si perde nelle indicibili gioie dell'amore?
Le stesse nostre leggi, fredde e pedanti, si lasciano commuovere e so-spendono la loro punizione!"
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"Questo non c'entra, replicò Alberto, perché un uomo che è in balìa delle passioni perde ogni forza di ragione, ed è considerato come in preda all'ebbrezza o al delirio".
"Oh le persone ragionevoli!, esclamai sorridendo. Passione! Ebbrezza!
Delirio! Voi siete così impassibili, così estranei a tutto questo, voi uomini per bene! Rimproverate il bevitore, condannate l'insensato, passate dinanzi a loro come il sacrificatore e ringraziate Dio, come il fariseo, perché non vi ha fatto simili a loro! Più di una volta io sono stato ebbro, le mie passioni non sono lontane dal delirio, e di queste due cose io non mi pento perché ho imparato a capire che tutti gli uomini straordinari che hanno compiuto qualcosa di grande, e che pareva impossibile, sono stati in ogni tempo ritenuti ebbri o pazzi.
Ma anche nella vita comune, è insopportabile sentir dire ogni volta che qualcuno sta per compiere un'azione libera, nobile, inattesa: quell'uomo è ubriaco, è pazzo! Vergognatevi, uomini sobri e savi!"
"Ecco le tue solite fantasie, disse Alberto, tu esageri tutto, e in questo caso hai per lo meno il torto di paragonare il suicidio di cui ora è questione, con delle grandi gesta, mentre esso non può esser considerato che co-me una debolezza, poiché certo è più facile morire che sopportare con fermezza una vita dolorosa".
Ero sul punto di interrompere il discorso, perché niente mi mette così fuori dei gangheri come vedere qualcuno armato di insignificanti luoghi comuni mentre io parlo con tutto il cuore. Pure mi contenni, perché molte volte ho sentito addurre quell'argomento e me ne sono indignato: risposi dunque alquanto vivamente: "Tu lo chiami una debolezza? Ti prego, non lasciarti ingannare dall'apparenza. Puoi chiamare debole un popolo che geme sotto il giogo di un tiranno se infine, fremendo, spezza le sue catene? Un uomo che nel terrore di vedere la sua casa in preda alle fiamme sente le sue forze centuplicate, e solleva facilmente dei pesi che a mente calma potrebbe appena muovere? e uno che nel calore dell'offesa ne affronta sei, e li vince, tu lo chiami debole? E, mio caro, se lo sforzo co-stituisce la forza, perché lo sforzo supremo dovrebbe essere il
contrario?".
Alberto mi guardò e disse: "Non te ne avere a male, ma gli esempi che tu porti non hanno nulla a vedere col nostro discorso". "Può darsi, risposi, già più volte mi hanno detto che il mio modo di ragionare è spesso privo di logica. Vediamo se possiamo in altro modo figurarci quale coraggio deve avere un uomo che si decide a gettare il fardello della vita, che è generalmente gradito, perché solo in quanto noi sentiamo una cosa, possiamo parlarne con giusto criterio.
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La natura umana, continuai dunque, ha i suoi limiti: essa può sopportare la gioia, la sofferenza, il dolore fino a un certo punto, e soccombe se questo è oltrepassato. Non è questione di stabilire se un uomo è debole o forte, ma di vedere se egli può sopportare la sofferenza che gli è imposta, sia morale che fisica; e a me pare tanto strano dire che un uomo è vile perché si toglie la vita, come troverei assurdo dire che è tale perché muore di febbre maligna".
"Che paradosso!" esclamò Alberto.
"Non tanto quanto tu pensi, ribattei. Ammetterai che noi chiamiamo mortale una malattia la quale assale la nostra costituzione naturale in modo che le sue forze sono in parte distrutte e in parte sminuite nella lo-ro attività: sicché essa non può in alcun modo aiutarci né riattivare, per mezzo di alcuna risoluzione, il corso della vita. Ebbene, amico mio, ap-plichiamo questo allo spirito. Vedi quante impressioni agiscono
sull'uomo nella sua limitata sfera, quante idee penetrano in lui, finché una crescente passione non gli toglie ogni serena forza di pensiero e lo trascina alla sua perdita. Invano l'uomo libero da ogni cura e in possesso della sua ragione lo guarda con pietà, invano cerca di convincerlo con la persuasione. È come un uomo sano che pur stando al letto di un infermo non può infondergli la minima parte delle sue forze".
Ma per Alberto queste erano idee troppo generali. Gli raccontai allora di una fanciulla che da poco tempo era stata trovata morta annegata, e ri-petei la sua storia. Era una buona giovane creatura, cresciuta nell'angusta cerchia delle occupazioni casalinghe, nel lavoro di tutta la settimana, e che non aveva altra prospettiva ed altro piacere oltre quello di andare a volte la domenica, con le sue compagne, a passeggiare intorno alla città, abbellita da qualche ornamento messo insieme a poco a poco; di ballare forse una volta nelle feste solenni e di chiacchierare qualche ora da una vicina con vivacità ed interesse a proposito di una disputa o di una mal-dicenza. L'ardore della sua giovinezza le fa provare infine degli intimi desideri accesi dalle lusinghe degli uomini. Le sue antiche gioie le sembrano sempre più insipide, e infine incontra un uomo verso il quale è irresistibilmente spinta da un sentimento sconosciuto e su cui posano tutte le sue speranze; dimentica il mondo intero, non ode, non vede, non sente che lui, non aspira che a lui, l'Unico. E poiché non è corrotta dai vuoti piaceri di un'incostante vanità, il suo desiderio va dritto allo scopo, vuole essere di lui, vuole in un eterno legame raggiungere tutta la felicità che le manca e godere tutte le gioie alle quali aspira. Ripetute promesse, che co-ronano tutte le sue speranze, ardite carezze che accendono il suo desiderio, dominano tutta la sua anima; lei è in preda a un oscuro sentimento 36
che le fa pregustare ogni gioia, si esalta al massimo grado, stende infine le braccia per cingere l'oggetto dei suoi desideri… e il suo amato la abbandona. Lei si stupisce e, come insensata, le pare di essere davanti a un abisso: tutto è tenebre intorno a lei; non ha nessun avvenire, nessun conforto, nessuna speranza, perché l'ha lasciata colui nel quale si sentiva vivere. Non vede il vasto mondo che si stende davanti a lei, né i molti che potrebbero consolarla della perdita subìta; si sente sola, abbandonata da tutti al mondo, e cieca, oppressa nell'angustia dell'orribile miseria del suo cuore, si precipita per distruggere tutti i suoi tormenti in una morte annientatrice. Vedi, Alberto, è questa la storia di molte persone! e non ti pare proprio lo stesso caso di una malattia? La natura non trova nessuna via d'uscita dal labirinto delle forze turbate e contrarie, e l'uomo deve morire.
Guai a colui che potrà dire, vedendo un simile evento: che pazza! se avesse aspettato, se avesse lasciato agire il tempo, la sua disperazione si sarebbe placata, qualche altro si sarebbe trovato per consolarla! Sarebbe lo stesso che dire: quel pazzo, è morto di febbre! se avesse aspettato finché le forze gli fossero ritornate, i succhi vitali purificati, e calmato il tumulto del suo sangue! Egli vivrebbe ancora oggi e tutto sarebbe andato bene!".
Alberto, a cui il paragone non pareva appropriato, mosse ancora qualche obiezione; e fra l'altro disse che io avevo parlato di una semplice giovinetta, ma che egli non capiva come si sarebbe potuto scusare un uomo di criterio, di mente non così limitata, e che sa cogliere un maggior numero di rapporti.
"Amico mio, esclamai, l'uomo è uomo, e quel poco d'intelligenza che egli può avere serve poco o niente quando arde la passione e l'essere umano è spinto verso i confini della sua forza. Tanto più… Ma ne parle-remo un'altra volta" dissi, e presi il cappello… Il mio cuore era gonfio e ci lasciammo senza esserci compresi. Ma del resto in questo mondo è difficile che gli uomini si comprendano.
15 agosto.
È certo che al mondo nulla è necessario agli uomini quanto l'amore.
Sento che Carlotta sarebbe dolente di perdermi, e i bambini pensano che io debba sempre ritornare l'indomani. Oggi ero andato da Carlotta per accordare il suo pianoforte, ma non è stato possibile perché i bambini mi hanno perseguitato per farsi raccontare una favola, e Carlotta ha detto che dovevo soddisfare la loro volontà. Ho tagliato loro il pane della merenda che ora essi accettano volentieri da me come da Carlotta, e ho raccontato la storia della principessa che è servita da mani incantate. Ti 37
assicuro
che
così
imparo
molte
cose,
e
sono
meravigliato
dell'impressione che produco, poiché qualche volta devo inventare un particolare, lo dimentico poi ripetendo il racconto, ed essi subito osservano che l'altra volta la cosa era andata diversamente, così che io ho imparato a recitare il mio rosario con un'invariata cantilena. E ho anche imparato che quando un autore fa di una sua storia una seconda edizione mo-dificata, anche migliore dal punto di vista poetico, deve necessariamente danneggiare il suo libro. La prima impressione ci trova docili e l'uomo è fatto in modo che lo si può persuadere delle più strane avventure, ma es-se s'imprimono subito fortemente negli spiriti, e guai a colui che vuole sradicarle e distruggerle.
18 agosto.
Doveva proprio avvenire che ciò che forma la felicità dell'uomo fosse anche la fonte della sua miseria? Il pieno, caldo sentimento che prova il mio cuore per la viva natura mi dava tanta gioia, trasformava in un paradiso il mondo intorno a me, e deve ora trasformarsi in un insopportabile strumento di pena, in uno spirito tormentatore che mi segue dappertutto? Quando io contemplavo una volta dalla roccia che sporge sul fiume la fertile vallata, e vedevo ogni cosa intorno a me germogliare e sgorgare; quando vedevo quei monti rivestiti di folti alberi dalla base alla cima, quelle valli dagli svariati contorni che amate foreste ombreggiavano, e il mite ruscello che scorreva tra canneti mormoranti e rispecchiava le gra-ziose nuvole che il mite vento della sera cullava nel cielo; quando sentivo gli uccelli animare intorno a me la foresta e vedevo milioni d'insetti dan-zare allegramente nell'ultimo ardente raggio di sole, e il suo ultimo cadente sguardo liberare dal verde involucro il ronzante scarabeo, e il brulicare della vita mi faceva attento al suolo; e il muschio, che trae dalla du-ra roccia il nutrimento, e la ginestra che cresce sulle aride colline sabbio-se, mi rivelavano l'intima, fiorente, sacra vita della natura: tutte queste cose io abbracciavo col mio cuore ardente, mi sentivo come divinizzato in quella copia di cose belle, e le splendide forme del mondo sconfinato si muovevano ravvivando ogni cosa nel mio animo. Monti enormi mi cir-condavano, abissi mi stavano dinanzi, torrenti tempestosi precipitavano, fiumi scorrevano ai miei piedi, la foresta e la montagna risuonavano; io vedevo tutte queste forze misteriose agire e creare all'unisono nelle profondità della terra, e poi sulla terra e sotto il cielo brulicare le razze delle svariate creature.
Tutto, tutto si popola di mille forme diverse; e gli uomini si rinchiudono sicuri nelle loro casette e immaginano di essere signori del mondo.
Povero pazzo che giudichi ogni cosa ristretta perché sei così piccolo!
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Dalla montagna inaccessibile al deserto che nessun piede ha calcato, all'estremo dell'ignoto oceano, alita lo spirito dell'eterno creatore e si rallegra di ogni grano di polvere che lo comprende e vive! Oh quante volte avrei voluto allora sulle ali della gru che volava sul mio capo, essere tra-sportato alla riva del mare sconfinato, bere alla coppa spumante
dell'infinito l'ardente gioia di vivere, e solo per un istante far penetrare nel mio seno ristretto una stilla della beatitudine che prova l'essere il quale tutto crea in sé e per sé.
Fratello, il solo ricordo di quelle ore mi fa bene. Lo stesso sforzo che io faccio per risvegliare in me quei sentimenti ineffabili, per esprimerli ancora eleva l'animo mio, e mi fa doppiamente sentire l'angoscia dell'ora presente.
Mi sembra che dinanzi alla mia anima sia stato tirato un sipario e lo spettacolo della vita sconfinata si cambia davanti a me nell'abisso della tomba eternamente aperta.
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