Tu puoi dire: questo esiste! quando tutto passa, quando ogni cosa scompare con la velocità del fulmine, e così raramente conserva l'integrità del suo essere, ed è travolta nel torrente e an-nientata contro le rocce? Non passa un istante che non distrugga te e i tuoi, non uno in cui tu non sia, non debba essere un distruttore; la più innocente passeggiata costa la vita a mille poveri insetti, un passo distrugge gli edifici delle formiche faticosamente costruiti, e seppellisce in una tomba ingloriosa tutto un piccolo mondo. Ah non le grandi rare catastro-fi del mondo mi commuovono, non le inondazioni che inghiottiscono i

vostri villaggi, non i terremoti che distruggono le vostre città; mi atterri-sce la forza annientatrice che è nascosta nell'essenza della natura; la quale non produce nessuna cosa che non sia distrutta dalla sua vicina, o che da se stessa non si distrugga. Così io vado barcollante e tormentato fra il cielo e la terra e le forze creatrici che mi circondano: e vedo soltanto un essere mostruoso che eternamente divora e rumina.

21 agosto.

Invano io le tendo le braccia al mattino, quando mi sveglio da sogni penosi, invano la cerco la notte sul mio letto quando un dolce, puro sogno mi fa credere di sedere vicino a lei sul prato e di tenere la sua mano, e di coprirla di baci. Ah, quando sono ancora quasi immerso

nell'ebbrezza del sonno, e la cerco… e poi mi sveglio, un torrente di lacrime irrompe dal mio cuore oppresso, e io piango sconsolatamente nella prospettiva di un cupo avvenire.

39

22 agosto.

È una disgrazia, Guglielmo, le mie forze attive si consumano in una ir-requieta indolenza, non posso restare in ozio e neppure posso far nulla.

Non ho forza d'immaginazione, non ho sentimento di natura e i libri mi disgustano: e quando noi manchiamo a noi stessi, tutto ci manca. Io te lo giuro, vorrei talvolta essere un operaio che lavora a giornata per avere la mattina al risveglio la prospettiva del giorno che viene, per avere un impulso, una speranza. Spesso invidio Alberto che vedo sepolto nelle carte fino agli occhi, e immagino che sarei contento se fossi al suo posto. E già qualche volta sono stato sul punto di scrivere a te e al ministro per solle-citare quel posto all'ambasciata che, a quanto tu mi dici, non mi verrebbe rifiutato. E del resto lo credo anch'io: il ministro mi vuol bene da molto tempo e mi ha detto più volte che dovrei dedicarmi a qualche occupazione; e per un'ora penso anch'io che questo sarebbe bene. Ma quando poi rifletto mi viene in mente la favola del cavallo che, insofferente della sua libertà, si fece mettere sella e briglia, e fu ignominiosamente cavalcato…

e non so che cosa devo fare. E del resto, amico mio, questo impulso che mi spinge a cambiare di condizione non è forse un'intima, morbosa im-pazienza che dovunque mi perseguiterà?

28 agosto.

Certo, se il mio male potesse guarire, questa brava gente lo guarirebbe.

Oggi è stato il giorno del mio compleanno, e stamattina all'alba ho ricevuto un pacchettino di Alberto. Aprendolo, ciò che prima d'ogni altra co-sa colpì il mio sguardo fu uno dei nastri rosa pallido che Carlotta portava quando io la conobbi, e che da allora parecchie volte le avevo chiesto.

C'erano anche due libretti in dodicesimo: il piccolo Omero di Wetstein, un'edizione che avevo spesso desiderato per non dovermi trascinar dietro, passeggiando, quella dell'Ernesti. Vedi come esse prevengono i miei desideri, e come cercano di farmi tutti i piccoli piaceri suggeriti

dall'amicizia che valgono mille volte di più di splendidi doni con i quali la vanità del donatore ci umilia. Io bacio quel nastro mille volte, e ad ogni mio respiro rivive in me il ricordo della beatitudine che mi diedero quei pochi giorni felici, che più non ritorneranno. È così Guglielmo, e io non mormoro. I fiori della vita non sono che apparizioni. Quanti passano senza lasciar traccia, quanti pochi danno frutti e quanti pochi di questi frutti diventano maturi! Eppure, fratello mio, possiamo noi trascurare, disprezzare i frutti maturi, e lasciarli marcire inutilizzati?

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Addio! è una magnifica estate; spesso salgo sugli alberi da frutta nel giardino di Carlotta, con una lunga pertica, e raggiungo le pere sulla ci-ma. Lei sta sotto l'albero e prende i frutti che io lascio cadere giù.

30 agosto.

Infelice! Non sei pazzo? non inganni te stesso? Che diverrà questa passione furiosa e senza fine? Io non prego più che per lei; alla mia immaginazione non si presenta altra immagine che la sua, e tutto quello che mi circonda nel mondo lo considero soltanto in quanto ha rapporto con lei.

E passo così ore felicissime, finché devo strapparmi questa immagine.

Ah, Guglielmo, fin dove mi trascinerà il mio cuore? Quando sono stato seduto due o tre ore vicino a lei e mi sazio del suo aspetto, dei suoi gesti, delle sue celesti espressioni, a poco a poco tutti i miei sensi si esaltano, un'ombra si stende dinanzi ai miei occhi, sento appena, mi pare d'essere afferrato alla gola da una mano omicida, e poi il mio cuore, nei suoi batti-ti precipitosi, cerca sollievo per i miei sensi oppressi e non fa che aumentare il loro turbamento… Guglielmo, spesso non so se vivo! E se qualche volta la tristezza mi vince e Carlotta non mi concede l'estrema consolazione di bagnar di lacrime la sua mano, devo andarmene, fuggire, perdermi lontano nei campi; allora la mia gioia è di arrampicarmi su di un monte scosceso, di aprirmi un sentiero attraverso una foresta impratica-bile, attraverso i cespugli che mi feriscono, attraverso le spine che mi la-cerano. Allora mi sento un poco meglio, un poco! E se talvolta oppresso dalla stanchezza e dalla sete io soccombo lungo il cammino; se qualche volta nella notte profonda, quando la luna piena brilla sul mio capo, nella foresta solitaria, io mi siedo sul tronco ricurvo di un albero per dare ri-storo ai miei piedi feriti, nel chiarore crepuscolare, io mi addormento di un sonno faticoso. Oh Guglielmo, la solitaria dimora di una cella, il saio di crini e il cilicio sarebbero un sollievo al quale la mia anima aspira. Addio! Io non vedo a questa sofferenza altro limite che la tomba.

3 settembre.

Devo partire! Ti ringrazio, Guglielmo, di avere reso salda la mia risoluzione oscillante. Già da quindici giorni penso che la lascerò. Devo partire! Lei è di nuovo in città presso un'amica. E Alberto… e… bisogna che io parta!

10 settembre.

41

Che notte, Guglielmo! ora io posso sopportare qualunque cosa. Non la vedrò più! Oh potessi volare fra le tue braccia, ed esprimerti, caro amico, con le mie lacrime e i miei slanci tutti i sentimenti che agitano il mio cuore. Ora siedo qui, anelante, cerco di calmarmi, aspetto il mattino, e col sorger del sole i cavalli saranno pronti.

Lei dorme tranquilla, e non pensa che non mi vedrà più. Mi sono

strappato da lei, sono stato forte abbastanza per non tradire il mio segreto in un colloquio di due ore. E, mio Dio, quale conversazione!

Alberto mi aveva promesso di trovarsi in giardino con Carlotta subito dopo cena. Ero in terrazza, sotto i grandi castagni, e guardavo il sole che per l'ultima volta vedevo tramontare di là della valle amata, di là del mi-te ruscello. Tanto spesso ero stato lì con lei a contemplare il magnifico spettacolo… E ora! Andavo su e giù per quel viale che mi era caro: una segreta, simpatica attrattiva mi aveva trattenuto in quel luogo prima che io conoscessi Carlotta; e qual piacere era stato per noi, al principio della nostra relazione, scoprire reciprocamente la nostra preferenza per quel luogo, uno dei più romantici creati dall'arte!

Prima di tutto, fra i castagni, si gode di una bella vista… ma mi ricordo di averti molte volte scritto di queste alte pareti di faggi, che limitano il viale che diventa sempre più cupo a causa di un boschetto vicino, finché tutto finisce in una piazzetta chiusa intorno a cui sembrano alitare tutti i fremiti della solitudine. Io sento ancora il fascino segreto che provai la prima volta che vi entrai, mentre splendeva alto il sole di mezzogiorno; presentivo che esso doveva esser per me teatro di beatitudine e di dolore.

Avevo già trascorso una mezz'ora immerso nei tristi e dolci pensieri della separazione e del rivedersi, quando li sentii salire sulla terrazza.

Corsi loro incontro e, con un brivido, presi la mano di lei e la baciai.