Obbedienza, povertà, castità, perseveranza nella clausura; ecco i loro voti, assai aggravati dalla regola.

            La priora viene eletta per tre anni da quelle madri che, per aver voce in capitolo, sono chiamate madri vocali. Una priora può essere rieletta solo due volte, il che fissa a nove anni la maggior durata possibile del regno di una priora.

            Non vedono mai il prete officiante, sempre nascosto dietro una tenda alta nove piedi. Al sermone, quando il predicatore è nella cappella, si tirano il velo sul viso; debbono sempre parlare a bassa voce, camminare con gli occhi a terra e la testa china. Un solo uomo può entrare nel convento, l'arcivescovo diocesano.

            Ce n'è anche un altro, che è il giardiniere, sempre un vecchio, e perché sia sempre solo nel giardino e le suore siano avvertite per evitarlo, gli attaccano una campanella al ginocchio.

            Alla priora sono sottomesse d'una sottomissione assoluta e passiva. È la soggezione canonica in tutta la sua abnegazione. Come alla voce di Cristo, ut voci Christi, a un cenno, al primo segno, ad nutum, ad primum signum, con letizia, con perseveranza, con una certa cieca obbedienza, prompte, hilariter, perseveranter, et caeca et quadam obedientia, come la lima nelle mani dell'operaio, quasi limam in manibus fabri, senza poter leggere né scrivere niente se non con esplicita licenza, legere vel scribere non adiscerit sine expressa superioris licentia.

            A turno ognuna di loro fa quella che chiamano la riparazione. La riparazione è la preghiera per tutti i peccati, per tutte le colpe, per tutti i disordini, per tutte le violazioni, per tutte le iniquità, per tutti i delitti che si commettono sulla terra. Per dodici ore consecutive, dalle quattro del pomeriggio alle quattro del mattino, o dalle quattro del mattino alle quattro del pomeriggio la monaca che fa la riparazione rimane in ginocchio sulla pietra davanti al Santo Sacramento, le mani giunte, la corda al collo. Quando la stanchezza diventa insopportabile, si prosterna bocconi, faccia a terra, braccia in croce; è questo tutto il suo sollievo. In tale atteggiamento prega per tutti i colpevoli dell'universo. Cosa grande, anzi sublime.

            E poiché quest'azione si consuma davanti a un palo in cima al quale arde un cero, si può dire indifferentemente fare la riparazione o essere al palo. Anzi le monache, per umiltà, preferiscono questa seconda espressione che contiene un'idea di supplizio e di umiliazione.

            Fare la riparazione, è un'azione che assorbe tutta l'anima. La monaca al palo non si volterebbe neanche se dietro di lei cadesse un fulmine.

            Inoltre, sempre, davanti al Santo Sacramento, c'è una monaca inginocchiata: questa consegna dura un'ora. Si danno il cambio come i soldati di guardia. È l'Adorazione Perpetua.

            Le priore e le madri portano sempre nomi improntati a una particolare gravità, che ricordano non già quelli dei santi o dei martiri, ma dei momenti della vita di Gesù Cristo, come madre Natività, madre Concezione, madre Presentazione, madre Passione. Comunque anche i nomi dei santi sono ammessi.

            Quando pur si riesce a vederle, solo la bocca si vede.

            Hanno tutte i denti gialli. Mai uno spazzolino da denti è entrato nel convento. Pulirsi i denti è come essere sulla sommità di una scala, in fondo alla quale c'è la perdizione dell'anima.

            Di nessuna cosa dicono mia, mio. Non posseggono nulla e a nulla debbono affezionarsi. Di ogni cosa dicono nostro; così: il nostro velo, il nostro rosario; se parlano della camicia propria diranno la nostra camicia. A volte capita che si attacchino a qualche oggettino, un libro delle preghiere, una reliquia, una medaglia benedetta. Appena se ne rendono conto, devono subito darlo via. Ricordano così la frase di santa Teresa alla quale una signora, nel momento di entrare nel suo ordine, aveva detto: «Permettete, madre, che mandi a prendere una santa Bibbia alla quale tengo molto». «Ah! tenete dunque a qualche cosa. In questo caso non entrate qui!».

            Proibito a chicchessia di chiudersi dentro, di avere un proprio angolino, una camera. Vivono in celle aperte. Quando si incontrano, una dice all'altra: «Lodato sia e adorato il Santissimo Sacramento dell'altare!». E l'altra risponde: «Sempre sia lodato!». Stessa cerimonia quando si bussa alla porta di una cella. Appena la porta viene sfiorata si sente dall'altra parte una voce che dice precipitosamente: «Sempre sia!».