Le sofferenze dei suoi sei primi anni di vita avevano introdotto un che di passivo nella sua natura. Del resto, cosa su cui torneremo in più di un'occasione, era abituata, senza troppo rendersene conto, alle singolarità dell'uomo e alle bizzarrie del destino. E poi si sentiva sicura, trovandosi con lui.

            Jean Valjean non sapeva dove andasse più di Cosette. Si affidava a Dio come la bambina si affidava a lui. Gli sembrava di dar la mano, anche lui, a qualcuno di molto più grande; credeva di sentire un essere che lo guidava, invisibile. Del resto non aveva alcuna idea formata, alcun piano, alcun progetto. Non era nemmeno assolutamente sicuro che fosse Javert, e poi poteva anche essere Javert, senza che Javert sapesse che lui era Jean Valjean. Non era travestito? Non lo credevano morto? Tuttavia da qualche giorno accadevano cose che diventavano singolari. Questo gli bastava. Era deciso a non tornare più nella casa Gorbeau. Come l'animale cacciato dalla tana, cercava un buco in cui nascondersi, in attesa di trovarne uno in cui abitare.

            Jean Valjean descrisse molti e svariati labirinti nel quartiere Mouffetard, già addormentato come se vigesse ancora la disciplina del medioevo e il giogo del coprifuoco; combinò in diverse maniere, con strategie sapienti, rue Censier e rue Copeau, rue du Battoir-Saint-Victor e rue du Puits-l'Hermite. In quei paraggi ci sono affittacamere, ma egli non vi entrava neppure, non trovando ciò che gli conveniva. Per esempio, non dubitava che se per caso avessero cercato la sua pista non l'avrebbero perduta.

            Quando suonarono le undici a Saint-Étienne-du-Mont attraversava rue de Pontoise davanti al commissariato di polizia che si trova al numero 14. Qualche istante dopo, l'istinto di cui parlavamo prima lo fece voltare. In quel momento vide distintamente, grazie alla lanterna del commissariato che li tradiva, tre uomini che lo seguivano da molto vicino passare successivamente sotto quella lanterna nel lato buio della strada. Uno di quei tre uomini entrò nel vialetto della casa del commissario. Quello che camminava in testa gli parve decisamente sospetto.

            «Vieni, bambina», disse a Cosette, e si affrettò a lasciare rue de Pontoise.

            Fece un circuito, aggirò il passaggio dei Patriarches che era chiuso per via dell'ora, misurò a grandi passi la rue de l'Epée-de-Bois e la rue de l'Arbalète e s'addentrò in rue des Postes.

            Qui c'è un incrocio dove si trova oggi il collegio Rollin e dove viene a raccordarsi rue Neuve-Ste-Geneviève.

            (È inutile dire che la rue Neuve-Ste-Geneviève è una via vecchia, e che in rue des Postes non passa una carrozza di posta in dieci anni. Questa rue des Postes era abitata nel tredicesimo secolo da alcuni vasai, e il suo vero nome è rue des Pots).

            La luna gettava viva luce su quell'incrocio. Jean Valjean si imboscò sotto un portone, calcolando che se quegli uomini lo seguivano ancora non poteva mancare di vederli benissimo quando avrebbero attraversato quella radura di luce.

            In effetti, non erano trascorsi tre minuti che gli uomini apparvero. Ora erano quattro; tutti d'alta statura, vestiti di lunghe finanziere marroni, con cappelli rotondi e grossi bastoni in mano. Non erano meno inquietanti per la loro alta statura e i loro grossi pugni che per la loro marcia sinistra nelle tenebre. Sembravano quattro spettri travestiti da borghesi.

            Si arrestarono al centro dell'incrocio e si raggrupparono come per consultarsi. Avevano l'aria indecisa. Colui che sembrava guidarli si voltò e indicò decisamente con la destra la direzione che aveva preso Jean Valjean; un altro sembrava indicare con una certa ostinazione la direzione opposta. Nell'istante in cui il primo si voltò, la luna gli illuminò in pieno il volto. Jean Valjean riconobbe perfettamente Javert.

 

II • È UN BENE CHE IL PONTE DI AUSTERLITZ AMMETTA IL TRANSITO DELLE VETTURE    (torna all'indice)

 

            Per Jean Valjean l'incertezza era finita; fortunatamente, essa durava ancora per quegli uomini. Approfittò della loro esitazione; era tempo perduto per loro, guadagnato per lui. Uscì dal portone in cui si era rimpiattato e percorse rue des Postes in direzione del Jardin des Plantes. Cosette cominciava a stancarsi, la prese in braccio e la portò. Non c'era un passante, e non avevano acceso i lampioni a causa della luna.

            Raddoppiò il passo.

            In poche falcate raggiunse la stoviglieria Goblet, sulla cui facciata il chiar di luna rendeva distintamente leggibile la vecchia iscrizione:

 

            De Goblet fils c'est ici la fabrique;

            Venez choisir des cruches et des brocs,

            Des pots à fleurs, des tuyaux, de la brique.

            A tout venant le Coeur vend des Carreaux .

 

            Lasciò dietro di sé la rue de la Clef, poi la fontana St-Victor, costeggiò il Jardin des Plantes per le vie basse e arrivò al lungosenna.