Il principe si avvide nondimeno al naso impustolito e alla faccia rossa degli svizzeri, che questi erano solo addormentati, e le tazze ancora contenenti qualche goccia di vino mostravano chiaro che s'erano addormentati bevendo.
Traversa una gran corte lastricata di marmo. Monta la scala, entra nel salone delle guardie, e le trova schierate in fila, carabina a spallarme, e russando della grossa. Traversa varie sale zeppe di dame e gentiluomi che tutti dormivano, chi ritto e chi seduto. Entra infine in una camera tutta dorata, dove, sopra un letto dalle cortine aperte da ogni lato, vide il più bello spettacolo che mai avesse visto, una fanciulla tra i quindici e i sedici anni, luminosa, splendida, divina. Si accostò ammirato e tremante e le s'inginocchiò vicino.
Allora, poichè la fine dell'incanto era arrivata, la principessa si svegliò, e guardandolo con occhi più teneri che un primo incontro non consentisse: "Siete voi, mio principe? gli disse; quanto vi siete fatto aspettare!" Estasiato da queste parole, e più dal modo con cui eran dette, il principe non sapeva come attestarle la sua gioia e la riconoscenza. Le giurò di amarla più di sè stesso. Parlava imbrogliato epperò piaceva di più: con poca eloquenza e molto amore si fa molto cammino. Egli era più imbarazzato di lei, il che è naturale. La principessa aveva avuto tutto il tempo di pensare alle cose da dirgli; perchè sembra (la storia non lo dice però) che la buona Fata, durante il lungo sonno, le procurava la dolcezza di piacevoli sogni. In somma, già da quattr'ore si parlavano, e non s'erano dette la metà delle cose da dirsi: "Come! bella principessa, esclamava il principe guardandola con occhi che si esprimevano molto meglio delle parole, la sorte amica mi mise al mondo per servirvi? Solo per me cotesti begli occhi si aprirono, e tutti i re della terra, con tutta la loro potenza, non avrebbero ottenuto quel che io ottenni col mio amore? - Sì, caro principe, rispose la principessa, solo in vedervi io sento che siam fatti l'uno per l'altra. Voi vedevo, con voi discorrevo, voi amavo, durante il mio sonno. La Fata mi aveva empito la fantasia dell'immagine vostra. Io già sapevo che l'uomo destinato a toglier l'incanto sarebbe stato più bello dell'amore, che più di sè stesso mi avrebbe amato, e appena comparso, vi ho subito riconosciuto."
Intanto tutto il palazzo erasi svegliato con la principessa. Ciascuno pensava al proprio ufficio, e poichè non tutti erano innamorati, si morivano dalla fame, tant'era che non mangiavano. La dama di compagnia, non meno degli altri impaziente, disse forte alla principessa che la carne era in tavola. Il principe aiutò la principessa ad alzarsi. Era già vestita di tutto punto; ma egli si guardò bene dal dirle che era vestita come la vecchia nonna e che portava il colletto alto d'una volta. Non per questo era meno bella.
Passarono in una sala di specchi, e cenarono. Violini ed oboi sonarono motivi vecchi di cent'anni, ma sempre belli; e, dopo cena, senza perder tempo, il primo grande elemosiniere glì sposò nella cappella, e la dama d'onore tirò loro le cortine. Dormirono poco. La principessa non ne aveva gran bisogno e il principe la lasciò a punta di giorno, per tornarsene in città, dove il re suo padre dovea stare in pensiero per lui.
Il principe gli disse di essersi sperduto a caccia nel bosco, e di aver dormito nella capanna di un carbonaio, che aveagli dato da mangiare pane nero e formaggio. Il re, che era un brav'uomo, gli credette; ma la regina madre non si capacitò, e vedendolo andare ogni giorno a caccia e trovar sempre delle scuse quando aveva dormito fuori due o tre notti, sospettò di qualche amoretto. Parecchie volte, per farlo discorrere, gli disse che la vita bisogna godersela; ma egli non osò mai confidarle il segreto: le volea bene ma ne avea paura. Ella era di razza orca e il re l'avea solo sposata perchè ricca a milioni. Susurravasi anzi in corte che avesse tutte le inclinazioni degli orchi, e che vedendo passare dei bambini, a gran fatica si tratteneva per non acciuffarli: sicchè il principe niente le disse. Durante due anni continuò a vedere in segreto la cara principessa e l'amò sempre più forte. Il mistero gli conservò il gusto d'una prima passione, e tutte le dolcezze dell'imene non valsero a scemare gl'impeti dell'amore
Ma venuto il re a morte, e vistosi egli padrone, dichiarò pubblicamente il matrimonio, e si recò in gran pompa a prendere la regina sposa nel suo castello. L'entrata nella capitale fu una cosa magnifica.
Qualche tempo dopo, il re andò a far la guerra all'imperatore Cantulabutta, suo vicino. Lasciò alla regina madre la reggenza, e molto le raccomandò la reginotta, ch'egli più che mai adorava, dopo averne avuto due figliuoletti, una bambina che chiamavano Aurora e un bambino cui davano il nome di Giorno, a motivo della loro somma bellezza. Il re doveva passare tutta l'estate alla guerra; e non appena lo vide partito, la regina madre mandò la nuora co' bimbi a una casa di campagna nei boschi, per aver più agio di saziare l'orrenda sua voglia.
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