Era in sua compagnia un Allodiere, (24) che aveva la barba bianca come una margherita e la carnagione sanguigna. A lui piaceva molto alla mattina inzuppar qualcosa nel vino.
Era abituato a passarsela bene e, da vero figlio d’Epicuro, riteneva che la perfetta felicità stesse nel pieno godimento del piacere. Era ospitale e faceva le cose in grande: un vero e proprio San Giuliano (25) dalle sue parti. Pane e birra da lui erano sempre di prima qualità, nessuno aveva il miglior rifornimento di vini. Timballi di pesce e di carne non mancavano mai in casa sua, ma v’era di tutto, e in tale abbondanza, che in quella casa pareva proprio che vi fioccassero i cibi e le bevande e tutte le leccornie che si possono immaginare. Il pranzo e cena variavano col variare delle stagioni. Teneva nella stia molte grasse pernici, e molte carpe e molti lucci nel vivaio. Guai al cuoco se la salsa non era piccante e forte e se tutto non era pronto! Esigeva che nella sua sala vi fosse sempre tavola imbandita, tutto il santo giorno. Anche nelle assemblee si comportava da signore e padrone: era stato diverse volte eletto rappresentante della contea. Dalla sua cintura, bianca come il latte del mattino, pendevano una daga e una borsa tutta di seta. Era stato anche sceriffo e revisore dei conti. Da nessuna parte esisteva un più degno valvassore.
C’erano poi un Merciaio e un Falegname, un Tessitore, un Tintore e un Tappezziere, e tutti indossavano il costume d’una solenne e grande confraternita. (26) Il loro corredo, pulito e azzimato, era bello nuovo; i loro spadini non avevano placche d’ottone, ma tutte d’argento; cinture e borse erano lucide e ben lavorate. Avevano tutti l’aria di borghesi degni d’occupare un seggio nel palazzo di città: in quanto a saggezza sarebbero stati ottimi consiglieri, e capitale e rendita ne possedevano abbastanza. Le loro mogli poi ne sarebbero state felicissime: e chi avrebbe potuto biasimarle? E’ così bello sentirsi chiamar «madama», poter passare avanti alle altre ai vespri e farsi reggere il manto come una regina!
Avevano con sé un Cuoco, per il caso che occorresse preparare il pollo con ossibuchi, salsa piccante e galanga. Costui conosceva la birra di Londra alla perfezione. Sapeva arrostire, bollire, rosolare, friggere, preparar stufati e cuocere al forno gustose torte.
Peccato che sullo stinco avesse un’ulcera in cancrena! Perché il pasticcio di pollo lo faceva squisitamente.
E c’era un Marinaio che veniva da lontano verso ponente: da quanto potei capire, era di Dartmouth. (27) Cavalcava come poteva sulla groppa d’un ronzino, con una veste di fustagno che gli arrivava al ginocchio. Aveva un pugnale attaccato a una corda che dal collo gli scendeva fin sotto il braccio, ed era ancora tutto abbronzato dal gran caldo dell’estate. Certo era un bel briccone. Tornando da Bordeaux si trincava sempre parecchi sorsi di vino quando i mercanti dormivano. Non era uno che si facesse scrupoli di coscienza. Se per caso veniva alle mani e aveva la meglio, spediva sempre a casa l’avversario per via d’acqua, di qualunque paese fosse. Ma quanto ad abilità nel tener conto delle marce, delle correnti, dei pericoli a lui vicini, dei porti, della luna e del pilotaggio, non c’era nessuno che gli stesse alla pari da Hull (28) fino a Cartagena: (29) era nelle sue imprese ardito e prudente nello stesso tempo, giacché ormai la sua barba era stata scossa da parecchie tempeste. Conosceva tutti i porti da Gottland (30) fino al capo di Finisterra, (31) e ogni insenatura della Bretagna e della Spagna. La sua barca si chiamava la “Maddalena”.
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