Ma verso l’ora del coprifuoco, (16) credo, o poco più tardi, sfinito dalla stanchezza, fu preso da un sonno mortale e, avendo l’animo tutto in subbuglio, si mise a russare lamentandosi… anche perché stava con la testa storta. Allora Nicola se ne scese per la scala, e svelta lo seguì Alison in silenzio. E senza una parola se ne andarono a letto, proprio in quello dove di solito dormiva il falegname. E là vi furono feste e canti… Insomma, Alison e Nicola se ne rimasero coricati insieme fra sollazzi e allegrezze finché non suonò la campana del mattutino e i frati non si recarono nel coro a cantare.

Nel frattempo quello scaccino cascamorto di Assalonne, che in amore era sempre così sfortunato, proprio quel lunedì si trovava ad Osney per stare allegro e distrarsi un po’ in compagnia; e gli capitò di chiedere in segreto notizie di Giovanni il falegname ad un monaco. Costui lo tirò in disparte fuori della chiesa e gli disse: «Non so, qui non l’ho più visto a lavorare fin da sabato. M’immagino che sia andato a prendere del legname per commissione del nostro abate. Ci va spesso per legname, e si ferma nella masseria per un giorno o due. Se no dev’essere a casa, senz’altro. Ma di preciso non so dove sia».

Assalonne fu contento e sollevato di sentir ciò, e fra sé disse: ‘E’ la volta che potrò stare a veglia tutta la notte, perché da stamattina non l’ho visto aggirarsi intorno alla porta di casa… Che bellezza! Al canto del gallo andrò quatto quatto a bussare alla finestra di camera sua che è bassa sul muro; dirò ad Alison tutto il mio desiderio d’amore, e se non altro non perderò l’occasione per lo meno di baciarla… insomma, qualche soddisfazione l’avrò. E’ tutto il giorno che mi prude la bocca, e questo è un segno che indica baci; ho anche sognato tutta la notte d’essere a una festa… Andrò dunque a dormire un’oretta o due, così poi stanotte starò su a spassarmela!’.

Appena il primo gallo si mise a cantare, Assalonne, felice e innamorato, s’alzò e si fece tutto bello. Per prima cosa, prima ancora di pettinarsi i capelli, masticò alcuni granelli di liquirizia per profumarsi l’alito; poi, per rendersi ancora più piacente, si mise sotto la lingua una fogliolina d’amor sincero. S’incamminò così verso la casa del falegname e, appostandosi sotto il balcone (era tanto basso, che gli arrivava al petto), si mise tutto mite a tossicchiare a mezza voce: «Che fai, bocca di miele, mia dolce Alison? Mio vago uccelletto, mia dolce cirillina, svegliati, amoruccio mio, e parlami! Ben poco tu pensi al mio dolore, mentre dovunque io vada mi sciolgo d’amore per te. E per forza mi sciolgo e mi consumo: piango sempre come un agnello dietro alla poppa! Sì, amor mio, il mio desiderio è così forte, ch’io gemo come una tortorella e non mangio più d’una fanciulla!».

«Vattene dalla finestra, Checco balordo!» rispose lei. «Dio me ne liberi, non ti dirò mai di venire a baciarmi! Io amo un altro (se no, starei fresca … ) che, per Cristo, è molto meglio di te, Assalonne! Vattene per la tua strada o ti prendo a sassate, e lasciami dormire, corpo di venti diavoli!»

«Ahimè» disse Assalonne «ahimè, l’amore sincero è sempre stato trattato male!… Se non posso aver niente di meglio, almeno dammi un bacio, te lo chiedo per amor mio e per amore di Gesù!»

«Ma poi te ne andrai per la tua strada?» gli chiese lei.

«Ma sì, certo, amore!» rispose Assalonne.

«Allora preparati» disse lei «io vengo subito.» E sottovoce disse a Nicola: «Ora zitto, avrai da ridere fin che vuoi!».

Assalonne si mise in ginocchio e disse: «Ormai sono un signorone, perché, dopo questo, verrà dell’altro! Amoruccio mio… la tua grazia, il tuo favore, mio dolce uccellino!».

Lei aprì in fretta la finestra e disse: «Tieni, via, e sbrigati, che non ti vedano i vicini!».

Assalonne s’asciugò per bene la bocca. La notte era buia come la pece o il carbone: lei si sporse col sedere dalla finestra e Assalonne, senza rendersene conto, la baciò saporitamente con la bocca né più né meno che in mezzo alle chiappe nude.

Ma subito sobbalzò indietro, pensando che qualcosa non andava: sapeva di certo che una donna non ha la barba, e invece lui aveva sentito un affare tutto ruvido e peloso.

«Puh, puh!» disse «ohimè, che cosa ho combinato?»

«Ah, ah!» fece lei, e chiuse la finestra, mentre Assalonne s’allontanava tutto avvilito.

«Una barba! una barba!» si spanciava il cortese Nicola. «Corpo di Dio, questa è stata bella davvero!»

Quel poveraccio di Assalonne, sentendo tutto questo, si morse con rabbia le labbra e disse fra sé: ‘Me la pagherai!’. E si mise a fregarsi e a strusciarsi le labbra con la polvere, con la sabbia, con la paglia, con pezze e con trucioli, e intanto non faceva che ripetere:

«Ohimè… ohimè… Darei l’anima a Satana anche senz avere in cambio tutta questa città, purché mi vendicasse di questa beffa! Ohimè» continuava a dire «ohimè, mi fossi girato dall’altra parte!». Tutta la sua ardente passione ormai s’era raffreddata e spenta: dall’istante che le aveva baciato le chiappe, non gl’importò più un fico della sua bella…

ormai era bell’e guarito del suo male! E continuava a imprecare contro tutte le ragazze e piangeva come un bambino che, le ha buscate.