Si fecero allora avanti due studenti, giovani e spiantati, che abitavano nel collegio di cui parlo. Costoro, testardi e amanti di scherzare, si recarono, per puro spasso e divertimento, a implorare un permesso al rettore, solo di poco tempo, per andare al mulino a veder macinare il loro grano: erano tutt’e due pronti a scommettere il collo che il mugnaio a loro non avrebbe rubato neanche mezzo staio di grano, né con l’astuzia né con la prepotenza… Il rettore alla fine li lasciò andare. Giovanni si chiamava l’uno, e l’altro Alan. Erano nati tutt’e due nello stesso paese, Strother, su nel settentrione… non so dirvi precisamente dove (4).

Alan preparò dunque tutta la roba e caricò subito il sacco in groppa al cavallo. E così quei due studenti, ossia Giovanni ed Alan, si misero in viaggio, con un brocchiere e una buona spada al fianco.

Giovanni sapeva la strada (non aveva bisogno di guide lui…) e, non appena giunse al mulino, scaricò il sacco. Il primo a parlare fu Alan: «Ehilà, salute Simone! Come sta la tua bella figliola, e tua moglie?».

«Alan! Benvenuto!» disse Simoncino. «Caspita, c’è anche Giovanni! Che diamine fate da queste parti?»

«Perdio, Simone,» disse Giovanni «la necessità non ha leggi. Chi non ha servi deve servirsi da solo, se no è uno stolto, come dicono i dotti. Il nostro economo… temo che a quest’ora sia bell’e morto, per il gran male che dai denti molari gli ha preso tutta la testa. Ecco perché sono venuto io, insieme con Alan, a macinare il nostro grano, e a riportarlo a casa. Ti prego di sbrigarci di qui più presto che puoi.»

«Sarà fatto,» disse Simoncino «parola mia! E voi che cosa volete fare intanto che io ci metto mano?»

«Perdio, mi piazzerò vicino alla tramoggia» disse Giovanni «a guardare come fa ad entrarvi il grano. Per tutta la tribù di mio padre, non ho mai visto una tramoggia andare avanti e indietro!»

E Alan di rimando: «Tu Giovanni fai così? Allora io mi metto di sotto, con la mia capocchia, a vedere come fa la farina a cadere giù nel trògolo: sarà il mio divertimento.

Perché, parola mia, anch’io sono della tua razza, e di mulini non me ne intendo, come te».

Il mugnaio sorrise a mezza bocca per questa loro fissazione, e pensò: ‘Tutto ciò non ha che uno scopo. Loro credono che nessuno riesca ad imbrogliarli, e invece io, mi venga un po’ di bene, li metterò nel sacco con tutta la loro astuzia e la loro filosofia. Più loro faranno i furbi, più io li deruberò quando sarà ora. Invece di farina, avranno della crusca! ‘Val più la pratica che la grammatica’, come disse quella volta la cavalla al lupo… (5) Di tutta la loro istruzione non m’importa un cavolo!’.

Aspettò il momento buono, e poi uscì quatto quatto dalla porta. Cerca di qua e cerca di là, trovò il cavallo degli studenti legato dietro il mulino, sotto una pergola: s’avvicinò bel bello all’animale e in un attimo gli slacciò la briglia. Appena il cavallo si sentì slegato, si mise a correre, e via… nitrendo per boschi e per radure verso lo stagno, dove scorrazzavano libere alcune cavalle.

Senza dire una parola, il mugnaio se ne tornò in casa e si mise al suo lavoro scherzando con gli studenti sul più e sul meno, finché il grano non fu bell’e macinato. Appena la farina fu insaccata e legata, Giovanni uscì e trovò che il cavallo non c’era più: «Aiuto!

poveri noi!» si mise a gridare «il nostro cavallo è sparito! Alan, per le ossa di Dio, muoviti! Vieni, amico mio, presto! Ahimè, è sparito il cavallo del rettore!».

Alan si scordò di tutto, farina e grano, e tutta la sua economia gli passò di mente: «Ma come? da che parte è andato?» si mise a gridare.

Saltò fuori di corsa la moglie del mugnaio. Disse: «Caspita! Il vostro cavallo se n’è andato correndo a più non posso dalle cavalle laggiù allo stagno. Accidenti alla mano di chi l’ha legato… bisognava allacciare meglio quelle redini!».

«Ahimè,» disse Giovanni «per tutti i triboli di Cristo, Alan, posa giù quella spada come faccio io! Dobbiamo alzare i tacchi, perdio, come capretti! Corpo di Dio, vedrai che a tutti e due non ci scapperà! Anche tu, perché non l’hai messa dentro la stalla, quella rozza! Diamine, Alan, sei proprio un lasagnone, perdio!»

E quegl’ingenui di studenti, tanto Alan che Giovanni, si precipitarono a tutta velocità verso lo stagno.