Giù un ruscello di sangue sul petto! E per terra, col naso rotto e la bocca spaccata, si rotolarono come due porci chiusi dentro un sacco. Ora s’alzavano, ora ricadevano a terra, finché il mugnaio non batté contro un sasso e cadde riverso addosso a sua moglie, che non sapeva niente di questa furiosa lotta, perché s’era un po’ riaddormentata con lo studente Giovanni, dopo ch’erano stati a far veglia tutta la notte. A quel colpo, lei sobbalzò dal sonno: «Aiuto! Santa croce di Bromholm!» (7) si mise a gridare. «“In manus tuas!” (8) Signore, m’affido a te! Svegliati, Simone, m’è cascato addosso il diavolo! Mi scoppia il cuore, aiuto, muoio! Qualcuno mi sta schiacciando il ventre e la testa. Aiuto, Simoncino, questi studenti imbroglioni ora se le suonano!».

Giovanni balzò su più presto che poté, e si mise a raspare avanti e indietro per le pareti in cerca d’un bastone. Saltò su anche la donna: lei conosceva i recessi della casa molto meglio di Giovanni e in un attimo trovò un bastone appoggiato al muro, e scorse un barlume di luce, perché la luna splendeva chiara attraverso un pertugio, e a quella luce vide due che si picchiavano, ma, senza poterli distinguere, rimase abbagliata da qualcosa di bianco. Fissandosi su quella cosa bianca, pensò che lo studente avesse un berretto da notte: s’avvicinò pian piano col bastone e, credendo di suonarle ad Alan, colpì in pieno sul cranio pelato il mugnaio, che s’accasciò sul pavimento gridando:

«Aiuto, sono morto!».

Gli studenti gliele suonarono ancora di santa ragione e lo lasciarono là per terra. Poi si vestirono, presero in fretta il cavallo e la farina, e se ne andarono. Al mulino raccolsero anche la focaccia da mezzo staio di fior di farina, tutta bella croccante.

Così quel tronfione di mugnaio le buscò sode, rimettendoci i soldi per la macina del grano e tutta la cena di Alan e Giovanni, che per giunta lo picchiarono. Sua moglie fu disonorata, e così sua figlia. Ecco quel che succede ai mugnai disonesti! Dice bene il proverbio: «Chi la fa, l’aspetti. L’imbroglione finisce sempre per essere imbrogliato». E

ora Iddio, dall’alto della sua maestà, protegga, dal primo all’ultimo, quanti sono in questa compagnia! Io intanto, con questo racconto, l’ho resa al Mugnaio pari e patta.

Qui termina il Racconto del Fattore

Note del “Racconto del Fattore”.

Nota 1. Deptford si trova sulla sponda meridionale del Tamigi, a nord rispetto alla strada che i pellegrini stanno seguendo da Southwark a Canterbury, a circa cinque miglia dal loro punto di partenza. Greenwich, dove forse il Chaucer trascorse un breve periodo della sua vita, si trova immediatamente a est di Deptford.

(*). Il “Racconto del Fattore” (composto intorno al 1390) appartiene, come quello precedente del Mugnaio, al genere dei “fabliaux”. La storia dei due studenti che si beffano di un illetterato era popolarissima nel Medioevo. Una novella simile si trova anche nel “Decamerone” (IX, 6), ma è probabile che tanto il Chaucer quanto il Boccaccio abbiano attinto a una comune fonte a noi sconosciuta.

Nota 2. Già allora la città di Sheffield, nello Yorkshire, era famosa per la fabbricazione dei coltelli.

Nota 3. Questo collegio, fondato nel 1337 da Edoardo Terzo, si chiamava anche “King’s Hall”, e fu in seguito annesso al “Trinity College”.

Nota 4. Il linguaggio del due studenti è, nel testo chauceriano, ricchissimo di colorazioni dialettali, del nord d’Inghilterra appunto.