Lei in seguito si dimostrò così zelante e sollecita a servire e a far piaceri a tutti, che chiunque la vedeva le voleva subito bene.

Il castaldo e sua moglie, madonna Ermenegilda, erano ancora pagani, come tutti in quel paese. Ma Ermenegilda voleva bene a Costanza come alla propria vita, e Costanza tanto pregò e pianse per l’amica, che Gesù, con la sua grazia, la convertì, dico madonna Ermenegilda, la moglie del castaldo.

Da quelle parti non osava mai avventurarsi alcun cristiano; tutti erano stati cacciati via dai pagani che avevano conquistato completamente le regioni del nord, sia per terra che per mare, e gli antichi bretoni cristiani rimasti in quest’isola fuggirono tutti nel Galles e vi si rifugiarono per diverso tempo… Non proprio tutti, però, questi bretoni cristiani: qualcuno infatti ancora si trovava che, in cuor suo, venerava Cristo di nascosto al popolo pagano; e appunto tre di costoro vivevano vicino al castello. Uno era cieco e non ci vedeva, se non con gli occhi della mente, con i quali anche chi è cieco può vedere…

Risplendeva dunque il sole come in un giorno d’estate, quando il castaldo e sua moglie, insieme con Costanza, presero la strada che andava diretta al mare, per svagarsi un’ora o due passeggiando avanti e indietro, e così accadde che incontrassero proprio quel vecchio storpio dagli occhi irrimediabilmente chiusi.

«In nome di Cristo» gridò il bretone cieco «ridatemi la vista, madonna Ermenegilda!»

La dama si sentì perduta a queste parole, per timore che il marito, venendo a sapere che s’era fatta cristiana, volesse ucciderla. Costanza allora le fece animo, ordinandole di compiere la volontà di Cristo come figlia della sua chiesa.

Il castaldo, sbalordito al veder ciò, chiese: «Che significa tutto questo?».

Rispose Costanza: «Signor mio, è la potenza di Cristo che salva gli uomini dalle insidie del demonio!». E prese a parlargli della nostra fede con tanto fervore, che prima di sera convertì anche lui a credere in Cristo.

Il castaldo non era però il signore del posto di cui parlo, del posto cioè dove lui aveva trovato Costanza, ma lo governava ormai da anni per conto di Alla, (17) re del Northumberland intero, il quale, come poi sentirete, era un uomo molto savio e di prode mano contro gli scozzesi. Ma procediamo con ordine nel racconto.

Satana, che sempre è in attesa per tradirci, notando in Costanza tanta perfezione, pensò subito a come opporvisi, facendo in modo che un giovane cavaliere che viveva in quella città, s’infiammasse per lei di tanta insana passione, da sembrargli veramente di morire se non fosse riuscito a dar sfogo alle sue voglie. Costui dunque prese a corteggiarla, ma inutilmente: lei non avrebbe mai commesso alcun peccato. Alla fine, per vendicarsi, tramò nella sua mente di farla condannare a morte per ignominia.

Aspettò che il castaldo fosse via, e una notte penetrò di nascosto nella camera d’Ermenegilda, mentre dormiva. Stanca per aver vegliato a lungo in orazione, accanto a lei dormiva anche Costanza. Spinto dunque dalla tentazione di Satana, il cavaliere s’avvicinò pian piano al letto e con un solo colpo spaccò in due la gola ad Ermenegilda; quindi, posato il coltello sanguinante accanto a Madonna Costanza, se ne fuggì via di corsa e… che Dio lo maledica!

Poco dopo tornò a casa il castaldo, insieme con Alla, il re di quella terra, e, trovando la moglie così spietatamente uccisa, scoppiò in lacrime torcendosi le mani, e vide nel letto il coltello insanguinato accanto a madonna Costanza… Ahimè, che cosa poteva dire lei?

Per il gran dolore svenne.

Re Alla fu subito informato di tutta questa sventura, e gli fu anche riferito quando, dove e come la povera Costanza fosse stata trovata sopra una nave, tutte cose che avete già udito. E il cuore del re si riempì di compassione, nel vedere quell’amabile creatura prostrata nel dolore e nella sfortuna. Pareva proprio un agnello che fosse condotto a morte, quell’innocente che ora stava davanti al re. Il cavaliere impostore, che aveva commesso il delitto, spergiurava invece che lei sola poteva aver fatto una cosa simile.

Ma allora si levò un gran clamore fra la gente, e tutti dicevano che non riuscivano neppure a immaginarsi come lei avesse potuto commettere una simile atrocità.

L’avevano sempre vista così virtuosa, e affezionata ad Ermenegilda come alla propria vita: tutti nell’aula lo testimoniarono, all’infuori di colui che Ermenegilda l’aveva uccisa col coltello. Il nobile re tenne naturalmente gran conto di queste testimonianze e pensò d’investigare più a fondo per accertare il vero.

Ahimè, Costanza, tu non hai campioni e non sai certo combattere, povera infelice! Ma Colui che morì per la nostra redenzione e incatenò Satana (laggiù nel fondo dove ancora giace) sia oggi il tuo forte campione! Se infatti non interviene Cristo con un miracolo, ormai, pur senza colpa, tu dovrai morire.

Lei dunque si prostrò in ginocchio e disse: «Dio immortale che salvasti Susanna (18) dalla calunnia, e tu pietosa Vergine, Maria figlia di Sant’Anna, madre di Colui davanti al quale intonano osanna gli angeli, com’è vero che sono innocente di questa turpe colpa, soccorretemi, altrimenti dovrò morire!».

Avete mai visto tra la folla il pallido volto di chi viene condotto a morte senz’aver ottenuto grazia, un volto d’un colore così livido, che subito si riconosce, tant’è alterato, fra tutti gli altri volti del corteo? Ebbene così era Costanza, mentre smarrita si guardava attorno.

O regine, che vivete in agiatezza, o duchesse, e voi tutte gentildonne, abbiate un poco di pietà per la sua sventura! E’ figlia d’un imperatore, ma ora è sola e non ha nessuno con cui piangere il suo dolore. O sangue reale, raggelato nella paura, lontano da ogni amico proprio nel momento di maggior bisogno!

Lo stesso re Alla, che il cuor gentile aveva colmo di pietà, provò tanta compassione da non riuscire a trattener le lacrime: «Su, presto, andate a prendere una bibbia» disse «e se ancora il cavaliere giurerà che fu lei a uccidere quella donna, allora stabiliremo noi in che modo dovremo far giustizia».