Il processo di produzione appare perciò solo come interruzione del processo di circolazione del valore-capitale, del quale finora è stata percorsa solo la prima fase D — M. Esso percorre la seconda e conclusiva fase M — D dopo che M si è trasformato per materia e per valore. Considerando però il valore-capitale preso a sé, esso ha subito nel processo di produzione soltanto una trasformazione della sua forma d’uso. Esso esisteva come valore di 101.280 € in L e Pm, esiste ora come valore di 101.280 €. di 8.440 q.li di filo. Se dunque consideriamo solo ambedue le fasi del processo di circolazione del valore-capitale, immaginato separato dal suo plusvalore, esso percorre 1) D — M e 2) M — D, dove la seconda M ha una forma d’uso trasformata, ma lo stesso valore della prima M; dunque D — M — D, una forma di circolazione la quale attraverso il doppio scambio della merce in op posta direzione, trasformazione da denaro in merce, trasformazione da merce in denaro, condiziona necessariamente il ritorno del valore anticipato come denaro alla sua forma di denaro; la sua ritrasformazione in denaro.
Il medesimo atto di circolazione M’ — D’, che è per il valore- capitale anticipato in denaro la seconda conclusiva metamorfosi, ritorno alla forma di denaro, è invece per il plusvalore, assieme a quello racchiuso nel capitale-merce e realizzato mediante la sua conversione in forma di denaro, la prima metamorfosi, trasformazione da forma di merce in forma di denaro, M—D, prima fase della circolazione.
Ci sono dunque qui due cose da osservare.
Primo: la ritrasformazione conclusiva del valore-capitale nella sua originaria forma di denaro è una funzione del capitale-merce.
Secondo: questa funzione comprende la prima trasformazione del plusvalore dalla sua originaria forma di merce in forma di denaro. La forma di denaro sostiene dunque qui una doppia parte: da un lato è la forma ricorrente di un valore originariamente anticipato in denaro, dunque ritorno alla forma di valore che aprì il processo; è, d’altro lato, la prima forma trasformata di un valore che originariamente entra in circolazione in forma di merce. Se le merci, in cui consiste il capitale-merce, vengono vendute al loro valore, come qui si presuppone, allora M + m viene trasformato nel l’equivalente D + d; in questa forma D + d (101.280 € + 18.720 € = 120.000 €) il capitale-merce realizzato esiste ora nelle mani del capitalista. Valore-capitale e plusvalore sono ora presenti come denaro, dunque nella forma generale di equivalente.
Alla fine del processo il valore-capitale si trova dunque di nuovo nella stessa forma con cui era entrato in esso, può dunque nuovamente iniziano e compierlo come capitale monetario. Proprio perché la forma iniziale e finale del processo è quella del capitale monetario (D), questa forma del processo ciclico viene da noi designata come ciclo del capitale monetario. Non la forma, ma unicamente la grandezza del valore anticipato alla fine è mutata.
D + d non sono che una somma di denaro di una determinata grandezza, nel nostro caso 120.000 €. Ma come risultato del ciclo del capitale, come capitale-merce realizzato, questa somma di denaro contiene il valore-capitale e il plusvalore; e precisamente questi ora non sono più cresciuti congiuntamente insieme, come nel filo; essi stanno ora uno accanto all’altro. La loro realizzazione ha dato a ciascuno dei due una forma di denaro autonoma. 211/250 di essa sono il valore-capitale, 101.280 €, e 39/250 il plusvalore di 18.720 €. Questa separazione operata mediante la realizzazione del capitale-merce non ha soltanto il contenuto formale di cui tra breve parleremo; essa diviene importante nel processo di riproduzione del capitale, a seconda che d viene aggiunto per intero, in parte o per nulla a D, dunque a seconda che esso continua o no ad operare come parte costitutiva del valore-capitale anticipato. D e d possono anche compiere una circolazione del tutto differente.
In D’ il capitale è tornato nuovamente alla sua forma originaria D, alla sua forma di denaro; ma in una forma nella quale esso è realizzato come capitale.
Vi è, in primo luogo, una differenza quantitativa. Esso era D, 101.280 €; ora è D’, 120.000 €, e questa differenza è espressa in D... D’, gli estremi quantitativamente differenti del ciclo, il cui movimento stesso è indicato soltanto con i puntini... D’ è > D, D’ — D = Pv, il plusvalore. Ma come risultato di questo processo D... D’ esiste ora unicamente D’; è il prodotto in cui il suo processo di formazione è terminato. D’ esiste ora per sè in modo autonomo, indipendentemente dal movimento che lo ha prodotto. Questo è finito, ed esso è ora al suo posto.
Ma D’ in quanto (D + d), 120.000 € in quanto 101.280 € di .capitale anticipato più un suo incremento di 18.720 €, rappresenta contemporaneamente un rapporto qualitativo, sebbene questo rapporto qualitativo stesso esista soltanto come rapporto delle parti di una somma dello stesso nome, dunque come rapporto quantitativo. D, il capitale anticipato, che è ora nuovamente presente nella sua forma originaria (101.280 €), esiste ora come capitale realizzato. Non soltanto esso è conservato, ma si è anche realizzato come capitale, come tale distinguendosi da d (18.720 €) verso il quale è in rapporto come verso il suo accrescimento, il suo frutto, un incremento da esso stesso generato. Esso è realizzato come capitale, poiché è realizzato come valore che ha generato un valore. D’ esiste come rapporto di capitale; D non appare più come mero denaro, ma è posto espressamente come capitale monetario, espresso come valore che si è valorizzato, dunque possiede anche la proprietà di valorizzarsi, di generare più valore di quel che esso stesso abbia. D è posto come capitale dal suo rapporto con un’altra parte di D’, come con cosa da esso posta, da esso, in quanto origine, attuata, come con la conseguenza di cui esso è la causa. Così D’ appare come somma di valore in sé differenziata, al suo interno funzionalmente (concettualmente) distinta, esprimente il rapporto di capitale.
Ma ciò è espresso soltanto come risultato, senza la mediazione del processo, di cui esso è il risultato.
Parti di valore in quanto tali non si distinguono qualitativamente l’una dall’altra, se non in quanto si presentino come valori di articoli diversi, di cose concrete, dunque in forme d’uso differenti, perciò come valori di differenti corpi-merci, una distinzione che non scaturisce da esse stesse in quanto pure e semplici parti di valore. Nel denaro si dissolve ogni differenza delle merci, perché esso è appunto la forma di equivalente a tutte comune. Una somma di denaro di 120.000 € consta di elementi tutti omonimi di 240 €.
1 comment