A p. 617 del primo volume del Capitale si trova la citazione: «The possessors of surplus produce or capita!» da uno scritto: The Source and Remedy of the National Difficulties. A Letter to Lord John Russeil, Londra, 1821. In questo scritto, della cui importanza già «surplus produce or capita!» avrebbe dovuto rendere avvertiti, e che è un opuscolo di 40 pagine strappato da Marx al suo oblio, è detto:

«Qualunque cosa possa spettare al capitalista» (dal punto di vista del capitalista) «egli può sempre appropriarsi soltanto il plus lavoro (surplus labour) del lavoratore, perchè il lavoratore deve vivere» (p. 23). Ma come il lavoratore viva e quanto grande sia perciò il pluslavoro che il capitalista si appropria, è molto relativo. «Se il capitale non decresce in valore nella proporzione in cui cresce in massa, il capitalista estorcerà al lavoratore il prodotto di ogni ora di lavoro al di là del minimo del quale il lavoratore può vivere.., il capitalista può infine dire al lavoratore: tu non devi mangiare pane perchè si può vivere di barbabietole e patate; e a questo siamo giunti» (p. 24). «Se il lavoratore può essere portato fino al punto di nutrirsi di patate anziché di pane, è incontestabilmente esatto che dal suo lavoro si possa guadagnare di più; cioè, se per vivere di pane egli era costretto, per mantenere sè e la sua famiglia, a ritenere per sè il lavoro del lunedì e del martedì, col nutrimento a patate egli riterrà per sè soltanto la metà del lunedì; e l’altra metà del lunedì e l’intero martedì verranno resi disponibili a vantaggio dello Stato o per il capitalista» (p. 26). «Non si contesta (it is admitted) che gli interessi pagati al capitalista, in forma di rendita o di interessi di denaro o di profitto di impresa, vengono pagati dal lavoro di altri» (p. 23). Qui dunque abbiamo in tutto e per tutto la «rendita» di Rodbertus, soltanto, anzichè «rendita», è detto interessi.

Marx osserva a questo proposito (Manoscritto Per la critica ecc., p. 852): «Questo opuscolo quasi sconosciuto — apparso nel tempo in cui L’” incredibile ciabattino” Mac Culloch cominciava a far parlare di sè — presenta un importante progresso rispetto a Ricardo. Esso designa direttamente il plusvalore, o “profitto” come lo chiama Ricardo (spesso anche plusprodotto, surplus produce), o interest, come lo chiama l’autore dell’opuscolo, come surplus labour, pluslavoro, il lavoro che il lavoratore compie gratis, che egli compie oltre la quantità di lavoro mediante la quale viene sostituito il valore della sua forza-lavoro, quindi viene prodotto un equivalente per il suo salario. Come era importante risolvere il valore in lavoro, così era importante risolvere il plusvalore (surplus value), che si presenta come un plusprodotto (surplus produce), in pluslavoro (surplus labour). Di fatto, ciò è già detto in A. Smith, e costituisce un momento capitale nello sviluppo di Ricardo. Ma in essi non è espresso e fissato in alcun luogo nella forma assoluta». È detto poi più oltre, a p. 859 del Manoscritto: «Per il resto, l’autore è prigioniero delle categorie economiche, come le trova belle e fatte. Proprio come in Ricardo lo scambio tra plusvalore e profitto conduce a spiacevoli contraddizioni, così avviene in lui, giacché chiama interessi di capitale il plusvalore. Certo, egli va oltre Ricardo per il fatto che, innanzitutto, riduce tutto il plusvalore a pluslavoro e, chiamando interessi di capitale il plusvalore, sottolinea insieme il fatto che sotto interest of capital intende la forma generale del pluslavoro, distinguendola dalle sue forme particolari, rendita, interessi di denaro e profitto di impresa. Ma egli assume come nome della forma generale il nome di una di queste forme particolari, interest. E ciò è sufficiente perchè ricada di nuovo nel gergo economico (nel Manoscritto c’è: slang)».

Quest’ultimo passo calza a pennello al nostro Rodbertus. Anch’egli è prigioniero delle categorie economiche, come le trova belle e fatte. Anch’egli battezza il plusvalore col nome di una delle sue trasmutate sottoforme, che per di più rende completamente indeterminata: rendita. Il risultato di questi due grossolani equivoci è che egli ricade nel gergo economico, non continua criticamente il suo progresso oltre Ricardo e si lascia invece indurre a prospettare la sua incompleta teoria, prima ancora che sia uscita dal guscio, a fondamento di una utopia con la quale, come dappertutto, arriva troppo tardi. L’opuscolo apparve nel 1821, e anticipa già completamente la «rendita» di Rodbertus del 1842.

Il nostro opuscolo è solo l’estremo avamposto di tutta una letteratura che fra i 1820 e il ‘30 volge la teoria ricardiana del valore e del plusvalore nell’interesse del proletariato contro la produzione capitalistica e combatte la borghesia con le sue proprie armi. Tutto il comunismo di Owen, in quanto si presenta sotto un aspetto economico-polemico, si fonda su Ricardo. Accanto a lui, però, ancora tutta una schiera di scrittori, dei quali Marx già nel 1847 cita soltanto alcuni contro Proudhon (Misère de la philosophie, p.