Egli trovò pure che essa scompare se si brucia un corpo in essa o nell’aria comune, e la chiamò perciò aria di fuoco. «Da questi risultati trasse quindi la conclusione che la combinazione che nasce dall’unione del flogisto con una delle parti costitutive dell’aria» (dunque dalla combustione) «altro non è che fuoco o calore, che fugge attraverso il vetro»2
Sia Priestley che Scheele avevano descritto l’ossigeno, ma non sapevano che cosa avessero tra le mani. Essi «rimanevano prigionieri delle categorie “flogistiche” così come le avevano trovate belle e fatte». L’elemento che doveva rovesciare tutta la concezione flogistica e rivoluzionare la chimica, era caduto infruttuosamente nelle loro mani. Ma Priestley subito dopo comunicò la propria scoperta a Lavoisier a Parigi, e Lavoisier, avendo a disposizione questo fatto nuovo, sottopose ad esame l’intera chimica flogistica, e scoperse solo che questa specie di aria era un nuovo elemento chimico, e che nella combustione non si diparte dal corpo comburente il misterioso flogisto, ma che questo nuovo elemento si combina con il corpo; così soltanto egli mise in piedi l’intera chimica, che nella sua forma flogistica se ne stava a testa in giù. E se anche non ha descritto, come più tardi ha preteso, l’ossigeno contemporaneamente agli altri e indipendentemente da essi, tuttavia egli rimane il vero e proprio scopritore dell’ossigeno di fronte a quei due, i quali lo hanno meramente descritto, senza minimamente sospettare che cosa avessero descritto.
Come Lavoisier rispetto a Priestley e Scheele, così è Marx rispetto ai suoi predecessori per quanto riguarda la teoria del plusvalore. L’esistenza della parte di valore dei prodotti che noi ora chiamiamo plusvalore era stata stabilita molto prima di Marx; con maggiore o minore chiarezza, era stato altresì espresso in che cosa esso consista, cioè nel prodotto del lavoro per il quale colui che se lo appropria non ha pagato alcun equivalente. Ma non si andava oltre. Gli uni — gli economisti borghesi classici — indagavano tutt’al più il rapporto di grandezza secondo il quale il prodotto del lavoro si ripartisce tra il lavoratore e il possessore dei mezzi di produzione. Gli altri — i socialisti — trovavano ingiusta questa ripartizione e con mezzi utopistici cercavano di eliminare l’ingiustizia
Entrambi restavano prigionieri delle categorie economiche così come le avevano trovate.
Qui interviene Marx. E in diretta opposizione con tutti i suoi predecessori. Là dove questi avevano visto una soluzione, egli vide soltanto un problema. Egli vide che qui non c’era aria deflogistizzata né aria di fuoco, ma ossigeno, che si trattava non della pura e semplice constatazione di un fatto economico, né del conflitto di questo fatto con la giustizia eterna e la vera morale, bensì di un fatto che era chiamato a sovvertire l’intera economia, e che forniva la chiave per la comprensione dell’intera produzione capitalistica, per chi avesse saputo utilizzarla. Fondandosi su questo fatto, egli esaminò tutte le categorie già trovate, come Lavoisier fondandosi sull’ossigeno aveva esaminato le categorie già esistenti della chimica flogistica. Per sapere che cosa fosse il plusvalore, egli doveva sapere che cosa fosse il valore. Innanzitutto, doveva essere sottoposta alla critica la stessa teoria del valore di Ricardo. Marx esaminò dunque il lavoro nella sua qualità di formatore di valore e stabilì per la prima volta quale lavoro, e perchè, e come esso forma il valore, e che il valore in generale non è altro che lavoro di questa specie coagulato, un punto che Rodbertus fino all’ultimo non ha compreso. Marx esaminò poi il rapporto, tra merce e denaro, e dimostrò come e perchè, in forza della qualità di valore ad essa immanente, la merce e lo scambio di merci debbano generare la opposizione tra merce e denaro; la sua teoria del denaro su ciò fondata è la prima teoria esauriente, e oggi generalmente accettata senza discussione. Egli esaminò la trasformazione del denaro in capitale e dimostrò come essa poggi sulla compra-vendita della forza-lavoro. Ponendo qui la forza-lavoro, la proprietà di creare valore, al posto del lavoro, risolse d’un colpo una delle difficoltà per la quale era crollata la scuola di Ricardo: l’impossibilità di far concordare il reciproco scambio tra capitale e lavoro, con la legge ricardiana della determinazione del valore attraverso il lavoro. Soltanto constatando la distinzione del capitale in costante e variabile, Marx pervenne a descrivere fin nei minimi particolari, e con ciò a spiegare, il processo della formazione del plusvalore nel suo effettivo svolgersi; ciò che nessuno dei suoi predecessori aveva compiuto; egli constatò dunque una differenza all’interno del capitale stesso, dalla quale Rodbertus così come gli economisti borghesi non erano stati capaci di cavar nulla, ma che fornisce la chiave per la soluzione dei più intricati problemi economici, di cui qui di nuovo il II Libro — e ancor più, come si mostrerà, il III Libro — è la più convincente - dimostrazione. Egli continuò a indagare il plusvalore stesso, e trovò le sue due forme: plusvalore assoluto e relativo, e mostrò le due parti differenti, ma ugualmente decisive, che esso ha sostenuto nello sviluppo storico della produzione capitalistica. Sul fondamento del plusvalore, egli sviluppò la prima teoria razionale del salario che noi possediamo, e per la prima volta fornì le linee fondamentali di una storia dell’accumulazione capitalistica ed una esposizione della sua tendenza storica.
E Rodbertus? Dopo aver letto tutto ciò, egli vi trova — come sempre economista di tendenza! — una «irruzione nella società», trova che egli stesso ha già detto con maggior brevità e chiarezza donde abbia origine il plusvalore, e trova infine che tutto ciò si adatta si «alla odierna forma del capitale», cioè al capitale quale esiste storicamente, ma non «al concetto di capitale», cioè alla utopistica rappresentazione che del capitale si è fatto ilsignor Rodbertus. Proprio come il vecchio Priestley, il quale fino alla morte giurò sul flogisto e non ne volle sapere dell’ossigeno. Solo che Priestley realmente descrisse per primo l’ossigeno, mentre Ròdbertus nel suo plusvalore, o piuttosto nella sua «rendita», ha riscoperto soltanto un luogo comune, e che Marx, a differenza di Lavoisier, non pretese di essere il primo ad aver scoperto il fatto dell’esistenza del plusvalore.
Tutto il resto che ha compiuto Rodbertus nel campo dell’economia sta allo stesso livello. La sua elaborazione del plusvalore in senso utopistico è stata già criticata non intenzionalmente da Marx nellaMisère de la philosophie; quanto ancora c’era da dire al riguardo, l’ho detto nella prefazione alla traduzione tedesca di quello scritto. La sua spiegazione delle crisi commerciali con il sottoconsumo della classe operaia si trova già neiNouveaux principes de l’économie politique, Libro IV, cap. IV
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