Come si vede il nostro Loria è al colmo della felicità. Non ha egli avuto ragione di trattare Marx come un suo pari, come un volgare ciarlatano? Voi lo vedete: Marx si prende giuoco del suo pubblico precisamente come Loria, egli vive di mistificazioni proprio come il più meschino dei professori italiani di economia. Ma, mentre Dulcamara può permettersi ciò perchè conosce il suo mestiere, il grossolano nordico Marx non fa altro che commettere spropositi, dice sciocchezze e assurdità, cosicchè alla fine non gli rimane se non il suicidio solenne.
Rimandiamo a più tardi l’asserzione che le merci non sono mai vendute ai loro valori determinati dal lavoro, né possono esserlo. Atteniamoci, qui, semplicemente all’assicurazione fattaci dal signor Loria che « il valore è null’altro che il rapporto di scambio fra una merce ed un’altra, il concetto stesso di un valore totale è un assurdo, un nonsenso » ecc. Il rapporto secondo il quale due merci si scambiano, il loro valore, è dunque qualche cosa di puramente accidentale, caduto sulle merci dall’esterno, che può essere oggi uno e domani un altro. Che un quintale metrico di frumento venga scambiato contro un grammo od un chilogrammo di oro, non dipende affatto da condizioni che sono inerenti a questo grano o all’oro, ma da circostanze completamente estranee ad entrambi. Se così non fosse, queste condizioni dovrebbero esse pure farsi valere nello scambio, dominarlo nell’insieme e avere una esistenza autonoma, indipendentemente dallo scambio, di modo che si potrebbe parlare di un valore totale delle merci. Tutto ciò è un nonsenso, dice l’illustre Loria. Il rapporto, qualunque esso sia, secondo cui due merci si scambiano, è il loro valore ed ecco tutto. Il valore è dunque identico al prezzo ed unamerce ha un valore corrispondente al prezzo che essa può ottenere. Ed il prezzo è determinato dall’offerta e dalla domanda e chi, ponendo altra questione, si attende una risposta è uno stolto.
La cosa tuttavia presenta una piccola difficoltà. In condizioni normali domanda ed offerta si bilanciano. Dividiamo dunque le merci esistenti nel mondo in due metà, il gruppo della domanda ed il gruppo di pari grandezza dell’offerta. Supponiamo che ciascuno dei due gruppi rappresenti un prezzo di 1.000 miliardi di marchi, franchi, lire sterline od altro. Ciò, secondo le regole del l’aritmetica, rappresenta in tutto un prezzo o un valore di 2.000 miliardi. Nonsenso, assurdità dice il signor Loria. I due gruppi possono complessivamente rappresentare un prezzo di 2.000 miliardi. Ma per il valore è un’altra cosa. Se noi intendiamo il prezzo allora 1.000 + 1.000 = 2.000. Ma se noi intendiamo il valore allora 1.000 + 1.000 = 0. Almeno in questo caso dove si tratta della totalità delle merci. Perché, qui, la merce di ognuno dei due gruppi vale 1.000 miliardi unicamente per il fatto che ognuno dei due vuole e può dare questa somma per la merce dell’altro. Ma se noi riuniamo il complesso delle merci dell’uno e dell’altro nelle mani di un terzo, il primo non ha più in mano valore alcuno, il secondo neppure ed il terzo non ha niente del tutto — alla fine nessuno ha qualche cosa. E noi ammiriamo una volta di più l’abilità con cui il nostro Cagliostro del Sud è riuscito a manipolare così bene il concetto di valore da non lasciar neppure la traccia più lieve. Ecco il colmo della economia volgare!
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