La grab non deve essere lontana dalle isole Andamane; il vento del nord-ovest vi ci spinge con una celeritŕ di cinque nodi all’ora. ŤVeglio sempre, ma sono sfinito da questa continua e penosa guardia che m’impedisce, nei quarti di riposo, di dormire.
ŤHo sonnecchiato un’ora dopo il mezzodě, dopo d’aver barricata la cabina. Sono stato svegliato da un passo che scendeva prudentemente la scala. Sono spiato e si cerca di sorprendermi addormentato per trucidarmi. Ť17 agosto. Sempre buon vento. I miei malabari ormai non mi obbediscono piů; se non mi vedessero colle pistole alla cintura, si sarebbero ribellati. Ť18 agosto. Calma assoluta: la Djumna č immobile sotto una pioggia di fuoco, al sud della Piccola Andamana. Non oso piů mangiare col mio equipaggio, per paura di venire avvelenato.
ŤHo cercato di far incatenare i due saniassi, ma i miei malabari si sono opposti colla violenza, dicendomi che i fakiri sono santi uomini e si sono armati per difenderli.
ŤQuesta notte getterň la cassa in mare.
Ť19 agosto. Sono stato svegliato da un fracasso infernale dopo un’ora sola di sonno.
ŤSono balzato in piedi credendo che la grab si fosse arenata su qualche banco, ma ho trovato la porta della mia cabina chiusa e barricata. ŤLe mie grida e le mie minacce non ottengono risposta. Un’orribile angoscia mi stringe il cuore.
ŤOdo delle grida che pare si perdano in lontananza e mi vedo…ť Anche su questo foglietto mancavano alcune righe, ma piů sotto Oliviero lesse: Ť… sě, tutto comprendo. I miserabili hanno approfittato del mio sonno per in trodursi nella mia cabina e rubare la cassa. Perché non mi hanno ucciso?… Che i miei malabari non l’abbiamo osato o che…ť Anche il quarto foglietto cominciava con una frase interrotta. Ť… nelle mani di Dio. Odo sul ponte i lamentevoli abbaiamenti del mio cane: guaisce come se indovinasse che una tremenda disgrazia mi č vicina. ŤMi pare che la Djumna sia immobile, ma non posso assicurarmene, non avendo la mia cabina alcuna finestra. ŤDa trentasei ore non odo sul ponte piů alcun rumore, ormai sono certo che mi hanno abbandonato imbarcandosi sulla piccola pinassa.1 ŤLe urla del mio cane risuonano sempre piů lugubri. Comincia a invadermi la disperazione. Io non so, ma mi sembra di essere sepolto vivo in una tomba. Ť20 agosto. Ho cercato di sforzare la porta della cabina, ma invano. Se non trovo una scure, dovrň morire qui dentro e non ho viveri che per pochi giorni. Maledizione sui traditori!
ŤAlle dieci vedo irrompere nella cabina, dalle fessure della porta, dell’acqua. La vedo trapelare anche dal tavolato e distendersi verso le mie casse. ŤOra comprendo tutto. I miserabili hanno aperto una falla nei fianchi della Djumna e sto per calare a picco senza poter lasciare la mia tomba e sto per morire invendicato.
ŤQuando vedrň che ogni speranza sarŕ perduta, mi caccerň una palla nel cranio. Il mio cane urla sempre.ť Nel quinto foglietto si leggeva:
Ť20. Sono immerso fino alle ginocchia, ma da tre ore l’acqua č stazionaria.
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