Passò il vino, tossì due volte, e guardò fiso allo sconosciuto con un certo contegno severo; ma visto che lo sconosciuto non si commoveva punto sotto quello sguardo scrutatore, s'andò calmando a grado a grado, e tornò all'argomento del ballo.

— Volevo appunto farvi notare, signore, — gli disse, — che se i miei vestiti vi starebbero troppo larghi, quelli del mio amico Winkle vi calzerebbero forse a pennello.

Lo sconosciuto prese con una semplice occhiata la misura del signor Winkle, ed esclamò tutto soddisfatto: — Proprio il fatto mio!

Il signor Tupman si guardò intorno. Il vino, che aveva esercitato la sua influenza soporifera su Snodgrass e Winkle, aveva anche ottenebrati i sensi del signor Pickwick. Questo egregio uomo era gradatamente passato pei vari stadi che precedono il letargo prodotto da un buon desinare. Avea subito le solite transizioni dall'eccesso dell'allegria alla più profonda tristezza, e dalla più profonda tristezza all'eccesso dell'allegria. Come un fanale a gas, nella via, quando un po' d'aria s'è intromessa nel becco, egli avea spiegato a momenti uno splendore straordinario; poi era caduto così basso che appena lo si vedeva; dopo un breve intervallo, era tornato a splendere, a vacillare, a scoppiettare, e finalmente s'era spento a dirittura. Aveva il capo piegato sul petto, e un russare non interrotto, con qualche sordo grugnito di tanto in tanto, erano i soli indizi della presenza del grand'uomo.

La tentazione di assistere al ballo e di formarsi una prima idea delle bellezze di Kent, poteva molto sull'animo sensibile del signor Tupman. Non meno forte era l'altra tentazione di tirarsi dietro lo sconosciuto. Era nuovo del paese, non vi conosceva nessuno; e l'altro invece mostrava di essere perfettamente informato di tutto, come se ci avesse vissuto fin dall'infanzia. Il signor Winkle dormiva, e il signor Tupman avea tanta esperienza di queste cose da sapere che, secondo l'ordinario corso della natura, l'amico suo appena destato sarebbe cascato a letto come un ceppo. Era indeciso.

— Empitevi il bicchiere, e passate il vino, — disse l'infaticabile commensale.

Il signor Tupman obbedì; e bastò a determinarlo lo stimolo addizionale dell'ultimo bicchiere.

— La camera di Winkle, — disse, — dà nella mia; — io non potrei fargli capire quel che voglio da lui, se lo destassi ora. So però che ha un vestito nuovo completo nella sacca da notte. Supposto che ve lo metteste voi per il ballo e ve lo toglieste al ritorno, lo potrei rimettere a posto senza disturbarlo punto punto.

— Stupenda! — esclamò lo sconosciuto. — Piano famoso. Maledetta posizione, ridicola. Quattordici vestiti nel bagaglio, obbligato a indossare quello d'un altro. Curiosa davvero.

— Dobbiamo prendere i biglietti, — disse il signor Tupman.

— Non val la pena barattare un pezzo da cinque. Giuochiamo a chi li pagherà tutti e due. Capo o croce. A voi; così. Donna, donna, incantevole donna! — e la moneta, lanciata in aria dal signor Tupman, cadde e mostrò capo, cioè il Dragone, che per cortesia era chiamato donna.

Il signor Tupman suonò il campanello, comprò i biglietti, ed ordinò due candele. Di là ad un quarto d'ora, lo sconosciuto era completamente coperto delle spoglie del signor Nataniele Winkle.

— È un abito nuovo, — disse il signor Tupman, mentre il suo compagno si contemplava con una certa soddisfazione in uno specchio a bilico. — Il primo abito fatto col bottone del Circolo, — e richiamò l'attenzione di quello ai grossi bottoni dorati che avevano in mezzo il busto del signor Pickwick e le iniziali P. C. dai due lati.

— P. C. — disse lo sconosciuto. — Curiosa. Il ritratto del vecchiotto e P. C. Che è P.