Giri tutta la notte ma non conosci la campagna.

Pieretto non rispose. Ogni tanto, abbaiava un cane, chi sa dove.

- Ci fermassimo, - disse Oreste, a una svolta.

Pieretto usci dai suoi pensieri. - Tanto più, - disse in fretta, - che le lepri e le bisce sono ridotte sottoterra e hanno paura di chi passa. L’odore che regna è la benzina. Dov’è più la campagna che piacerebbe a voialtri?

S’attaccò a me selvaggiamente. - Se qualcuno venisse sgozzato nei boschi, - dichiarò con quel suo tono perentorio, - tu davvero credi che sarebbe una cosa leggendaria? Che intorno al morto tacerebbero i grilli? che il lago di sangue conterebbe più che uno sputo?

Oreste, in attesa, sputò con disgusto. Ci disse: -Attenti, viene giù una macchina.

Comparve lenta e silenziosa una grande automobile scoperta, di un pallido verde, e si fermò, senza un sussulto, docile. Una metà rimase in ombra sotto gli alberi. La guardammo interdetti. - Ha i fari spenti, -disse Oreste.

Pensai che ci fosse dentro una coppia e avrei voluto esser lontano, sul valico, non avere incontrato nessuno. Perché non scattavano su quella loro meraviglia verso Torino, e non ci lasciavano soli, nella nostra campagna? Oreste disse, a capo chino, di muoverci.

Rasentando la macchina, mi aspettavo di udire sussurri e fruscii, magari ridere, e invece intravidi un uomo solo al volante, giovanotto riverso, con la faccia stravolta verso il cielo.

- Sembra morto, - disse Pieretto.

Oreste era già fuori dell’ombra. Andammo sotto la voce dei grilli; e in pochi passi sotto gli alberi pensai molte cose. Non osavo voltarmi. Pieretto taceva al mio fianco. La tensione divenne intollerabile. Mi fermai.

- Impossibile, - dissi. - Quel tale non dorme.

- Di che cosa hai paura? - disse Pieretto.

- L’hai veduto?

- Dormiva.

Uno non si addormenta in quel modo e sulla macchina in movimento, dissi. Avevo ancora nelle orecchie la sfuriata di Pieretto. - Passasse qualcuno -. Ci voltammo a guardare la curva, nera di alberi. Una lucciola attraversò la strada balenando, come una sigaretta che brucia da sola.

- Ascoltiamo se riparte.

Pieretto disse che chi aveva una macchina simile poteva anche fare il suo comodo e guardare le stelle. Tesi attento l’orecchio. - Magari ci ha visti.

- Vediamo se risponde, - disse Oreste, e cacciò un urlo. Lacerante, bestiale, cominciò come un boato e riempi terra e cielo, un muggito di toro, che poi si spense in una risataccia da ubriaco. Oreste evitò con un salto il mio calcio. Tendemmo l’orecchio tutti. Quel cane latrava di nuovo, i grilli tacevano sbigottiti. Nulla. Oreste apri la bocca per rifare quel verso e Pieretto disse: - Pronti.

Stavolta muggirono insieme, a lungo, con striduli ritorni e riprese. Mi si accapponò la pelle pensando che come il raggio di un faro nella notte una simile voce giungeva dappertutto, sui versanti, in fondo ai sentieri, nei grumi d’ombra, dentro le tane e le radici, e tutto faceva vibrare.

Di nuovo quel cane impazzi.