Ascoltammo, fissando la curva. Stavo per dire: «Sarà morto di spavento», quando s’udì lo schianto di uno sportello d’auto richiuso di colpo. Oreste mi disse all’orecchio: - Adesso arriva la Volante, - e attendemmo fissando quegli alberi. Ma per un pezzo niente fu. Ormai il cane s’era chetato, e dappertutto era voce di grilli sotto le stelle. Noi fissavamo quella banda d’ombra.

- Andiamo, - dissi, - siamo in tre.

II.

 

 

 

Lo trovammo sul predellino dell’auto, con la faccia tra le mani. Non si mosse. Stemmo a guardarlo a pochi passi, come una bestia pericolosa.

- Non dici che vomita? - disse Pieretto.

- Facile, - disse Oreste. Gli andò vicino e gli pigliò la fronte come si fa per tastare la febbre. L’altro premeva con la fronte contro la mano, come un cane che gioca. Ebbero l’aria di respingersi e sentii che ridacchiavano. Oreste si voltò.

- È Poli, - disse. - Questa sì. Sono padroni di una villa.

L’altro, seduto, teneva una mano d’Oreste, e scrollò la faccia come chi esce dall’acqua. Era un bel giovanottone di qualche anno più di noi, con gli occhi pesti e sbigottiti. Attaccato alla mano di Oreste, ci guardò senza dar segno di notarci.

Fu allora che Oreste gli disse: - Non eri a Milano?

- C’è ancora tempo per i passi, - disse l’altro. - Tu vieni a scoiattoli?

- Credi mica che siamo alle Coste, - disse Oreste e liberò la mano. Poi disse squadrando la macchina:

- L’avete cambiata?

«Cosa sta a ragionare con uno che è ubriaco?» pensai. Lo spavento di prima s’era fatto irritazione. «Perché non lo lascia in un fosso?»

Quel tale Poli ci guardava. Sembrava quei malati che fissano dal fondo di un letto, sbigottiti e tristi. Nessuno di noi s’era mai ridotto così. Eppure era abbronzato e degno in tutto della macchina. Mi vergognai del nostro urlaccio di prima.

- Non si vede Torino di qui? - disse quello, alzandosi in piedi con vivacità e guardandosi attorno. - Si dovrebbe. Non vedete Torino?

Non fosse stato per la voce che pareva imbottita, rauca e debole insieme, adesso era quasi normale. Guardava intorno e disse a Oreste: - Sono qui da tre notti. C’è un posto di dove si vede Torino. Non volete venire? È un bel posto.

Adesso facevamo crocchio, e Oreste gli chiese a bruciapelo: - Sei scappato di casa?

- A Torino mi aspettano, - disse. - Gente arricchita, insopportabile -.