Ci guardò sorridendo come un bambino vergognoso, con quegli occhi. - Com’è schifosa certa gente che fa tutto coi guanti. Anche i figli e i milioni.

Pieretto, accostato, lo guardava sornione.

L’altro tirò fuori le sigarette e fece il giro. Erano morbide, tostate. Accendemmo.

- Se mi vedessero con te e coi tuoi amici, - disse Poli, - riderebbero. Quella gente mi diverte piantarla.

Pieretto disse forte: - Si diverte con poco.

Disse Poli: - Mi piace scherzare. Non piace anche a lei?

- Per dir male di chi si è arricchito, - disse Pieretto, - bisogna saper fare altrettanto. O vivere senza spendere un soldo.

Allora Poli, con un viso costernato, disse: - Crede?

- Lo disse con tanta sollecitudine che anche Oreste non trattenne un sorriso. Subito quello ci raccolse allargando le braccia, con l’aria di prenderci complici, e disse con voce bassissima: - C’è un altro motivo.

- Dillo.

Poli lasciò cader le braccia e sospirò. Ci guardava umilmente, dal fondo degli occhi, e sembrò proprio mal ridotto.

- C’è che mi sento come un dio stanotte, - disse piano.

Nessuno rise. Ci fu un istante di silenzio, e Oreste propose: - Andiamo a vedere Torino.

Scendemmo un pezzetto di strada, fino al terrazzo di una curva dove il bagliore di Torino faceva riverbero. Ci fermammo sul ciglio. Noialtri salendo non c’eravamo mai voltati. Poli, col braccio sulla spalla d’Oreste, guardò il mare di luci. Gettò la sigaretta e guardava.

- Allora. Che si fa? - disse Oreste.

- Quant’è piccolo l’uomo, - disse Poli. - Straducce, cortili, comignoli. Visto di qui sembra un mare di stelle. Eppure quando uno c’è in mezzo non se n’accorge.

Pieretto si scostò di qualche passo. Bagnando un cespuglio, gridò: - Lei ci sfotte.

E Poli tranquillo: - Mi piace il contrasto. È solamente nei contrasti che uno si sente più forte, superiore al proprio corpo. Senza contrasti la vita è banale. Non mi faccio illusioni.

- Chi se ne fa? - gli disse Oreste.

L’altro alzò gli occhi e sorrise. - Chi? Ma tutti. Tutti quelli che dormono in quelle case. Credono di essere qualcuno, fanno sogni, si svegliano, fanno all’amore, «sono il tale e il tal altro» e invece...

- Invece cosa? - disse Pieretto riaccostandosi.

Poli, interrotto, aveva perso il filo. Schioccò le dita, cercando la parola.

- Dicevi che la vita è seccante, - disse Oreste.

- La vita è quel che siamo noi, - disse Pieretto.

Poli disse: - Sediamoci Non pareva per niente ubriaco. Cominciai a credere che quegli occhi stravolti fossero come la sua camicia di seta, la stretta di mano, la bella automobile: cose abituali e inseparabili da lui.

Chiacchierammo per un po’, così seduti sull’erba. Li lasciai dire, ascoltando la voce dei grilli. Poli pareva non badare ai sarcasmi di Pieretto: gli spiegava perché da tre notti fuggiva Torino e l’umana società; nominò alberghi, gente importante, mantenute.