Mantengo le promesse.

FAUST: Ascolta. Alle condizioni seguenti:

“Prima, che Faust sia uno spirito in forma e sostanza.

Seconda, che Mefistofele lo serva e obbedisca ai suoi comandi.

Terza, che eseguisca per lui o gli dia qualsiasi cosa.

Quarta, che rimanga invisibile nella sua stanza o in casa.

Ultima, che appaia al sottoscritto Johann Faust quando, come in che modo questi preferisca.

Io, Johann Faust di Wittenberg, dottore, col presente atto cedo corpo e anima a Lucifero, Principe dell’Oriente, e al suo ministro Mefistofele, e inoltre do loro pieno potere, trascorsi ventiquattro anni e senza violazione degli accordi di cui sopra, di venire a prendersi o portare il suddetto Johann Faust, corpo e anima, carne e sangue, nella loro dimora, dovunque sia.

Firmato Johann Faust.

MEFISTOFELE: Questo è un tuo atto legittimo, lo riconosci?

FAUST: Sì, prendi! E il diavolo te ne compensi.

MEFISTOFELE: E ora dimmi ciò che vuoi.

FAUST: Intanto voglio avere notizie sull’inferno.

Dov’è il posto che gli uomini chiamano inferno?

MEFISTOFELE: Sotto i cieli.

FAUST: Sì, come tutto il resto. Ma dove?

MEFISTOFELE: Nelle viscere degli elementi.

Lì siamo torturati per sempre.

L’inferno non ha limiti, non è circoscritto in un unico luogo. Dove siamo è inferno e dov’è inferno lì staremo per sempre.

E in breve, quando il mondo sarà dissolto e ogni creatura purificata, dove non sarà cielo sarà inferno.

FAUST: Per me è una favola.

MEFISTOFELE: Credilo pure. Poi cambierai idea.

FAUST: Pensi davvero che sarò dannato?

MEFISTOFELE: Per forza, se questo è l’atto con cui hai venduto l’anima.

FAUST: E anche il corpo. E con questo?

Mi credi così stupido da pensare che dopo la vita ci sia altro dolore?

Sono scemenze, storie per le vecchiette.

MEFISTOFELE: Ma io sono la prova vivente del contrario:

sono dannato, ti dico, e in questo momento all’inferno.

FAUST: Se questo è inferno mi dannerò volentieri.

Come! Dormire, mangiare, andare a spasso, discutere!

Ma basta. Procurami una moglie, la ragazza più bella in Germania. Sono sensuale, lascivo, e non so stare senza moglie.

MEFISTOFELE: Va bene, Faust, l’avrai.

(Fa entrare una diavolessa)

FAUST: Ma chi è costei?

MEFISTOFELE: E’ la moglie, Faust. La vuoi ancora?

FAUST: E’ una baldracca in fregola. No, non la voglio più.

MEFISTOFELE: Via, il matrimonio è solo una commedia, se mi ami non pensarci.

T i sceglierò le cortigiane più belle, le porterò al tuo letto ogni mattino, colei che gli occhi vorranno il cuore avrà, anche se è casta come Penelope, saggia come la regina di Saba o bella come Lucifero in fiamme prima della caduta.

Prendi questo libro, studialo attentamente:

ripetere queste righe porta oro, se tracci in terra questo cerchio avrai tuoni turbini tempeste lampi, ripeti questo tre volte con devozione e ti farà apparire uomini armati, pronti a eseguire i tuoi ordini.

FAUST: Un libro prezioso. Grazie, l’avrò caro come la vita.

Ma ne vorrei uno dove trovare formule e incantesimi per evocare gli spiriti quando voglio.

MEFISTOFELE: Li trovi nel tuo libro.

(Indica)

FAUST: E allora ne voglio uno coi segni dei pianeti, per conoscerne i movimenti e le posizioni.

MEFISTOFELE: Ci sono anche quelli.

(Indica)

FAUST: Ancora una richiesta, un libro in cui trovare tutte le piante, le erbe, gli alberi che crescono sulla terra.

MEFISTOFELE: Qui, sempre qui.

FAUST: Ah, è falso!

MEFISTOFELE: No, è la verità.

(Indica, escono)

SCENA SESTA

(Faust nel suo studio e Mefistofele)

FAUST: Se guardo il cielo mi pento e ti maledico, demonio che mi hai rubato la felicità.

MEFISTOFELE: L’hai voluto tu, Faust, ringrazia te stesso.

Ma davvero pensi che il cielo sia tanto glorioso?

Credimi, è assai meno bello di te e di ogni altro uomo sulla terra.

FAUST: Come lo provi?

MEFISTOFELE: E’ stato creato per l’uomo, dunque l’uomo è più perfetto.

FAUST: Se il cielo fu creato per l’uomo, fu creato per me.

Rinuncerò alla magia, mi pentirò.

(Entrano i due angeli)

L’ANGELO BUONO: Faust, pentiti, Dio può ancora perdonarti.

L’ANGELO CATTIVO: Sei un fantasma, Dio non può perdonarti.

FAUST: Chi mi fischia all’orecchio che sono un fantasma?

Anche se fossi un demonio, Dio avrà pietà, avrà pietà se mi pento.

L’ANGELO CATTIVO: Vero, ma Faust non si pentirà mai.

(Gli angeli escono)

FAUST: Il mio cuore è indurito, non so pentirmi.

Appena dico salvezza, fede, cielo, sento qui echi terribili:

Faust sei dannato! E spade, coltelli, cappi, pistole, veleni, lame avvelenate m’appaiono per spingermi ad ammazzarmi.

E già da tempo mi sarei tolto di mezzo, ma una sola gioia ha vinto la disperazione:

non ho fatto cantare per me Omero il cieco dell’amore d’Alessandro e della morte d’Enone, e l’uomo che alzò le mura di Tebe con l’arpa che innamorava le pietre non ha fatto musica col mio Mefistofele?

Perché morire allora o disperare come un vile?

Ho deciso, Faust non si pentirà.

Mefistofele, vieni, ricominciamo a parlare, a parlare delle stelle divine.

Dimmi delle sfere oltre la luna, dimmi se i corpi celesti formano un solo globo solido come questa terra al centro.

MEFISTOFELE: I cieli sono come gli elementi, ognuno su dalla luna fino all’orbe più alto fascia l’altro e si fascia della sua sfera e tutti insieme volgono su un asse che in cima è detto il gran polo del mondo.

Quanto a Saturno, Marte e Giove, non sono nomi fittizi, ma stelle erranti.

FAUST: Ma si muovono tutti allo stesso modo, “situ et tempore”?

MEFISTOFELE: Tutti girano da est a ovest in ventiquattr’ore attorno ai poli del mondo, ma hanno moti diversi rispetto ai poli dello Zodiaco.

FAUST: Wagner conosce queste nozioni meschine.

E’ tutta qui la sapienza di Mefistofele?

Chi non conosce il doppio moto dei pianeti?

Il primo si compie in una giornata e il secondo così: Saturno in trent’anni, Giove in dodici Marte in quattro, il Sole, Venere e Mercurio in un anno, la luna in ventotto giorni. E’ roba da matricola. Dimmi se ogni sfera ha un dominio angelico, un‘“Intelligentia”.

MEFISTOFELE: E’ così.

FAUST: Quanti sono i cieli, le sfere?

MEFISTOFELE: Nove. I sette pianeti, il firmamento e il cielo empireo.

FAUST: Ma non vi sono un “Coelum igneum” e un “Christalinum”?

MEFISTOFELE: No, sono favole.

FAUST: Ancora una domanda: perché le congiunzioni, le opposizioni, gli aspetti, le eclissi non ricorrono regolarmente, ma in certi anni sono più e in altri meno?

MEFISTOFELE: “Per inaequalem motum respectu totius”.

FAUST: Giusto. Ora dimmi chi ha creato il mondo.

MEFISTOFELE: No.

FAUST: Dimmelo, Mefistofele.

MEFISTOFELE: Faust, non insistere.

FAUST: Canaglia, non ti sei impegnato a dirmi tutto?

MEFISTOFELE: Sì, che non sia contrario al nostro regno. Questo lo è.

Sei dannato. Pensa all’inferno.

FAUST: Faust pensa a Dio che creò il mondo.

MEFISTOFELE: Ricorda!

(Esce)

FAUST: Vattene all’inferno, demonio!

Sei tu che hai dannato la mia anima infelice.

Non è troppo tardi?

(Entrano i due angeli)

L’ANGELO CATTIVO: Troppo tardi!

L’ANGELO BUONO: Mai troppo tardi, se ti penti!.

L’ANGELO CATTIVO: Se ti penti i diavoli ti faranno a pezzi.

L’ANGELO BUONO: Pentiti, non potranno sfiorarti.

(Gli angeli escono)

FAUST: Cristo, mio redentore, mio redentore, aiuta quest’anima infelice!

(Entrano Lucifero, Belzebub e Mefistofele)

LUCIFERO: Cristo non può aiutarti perché è giusto.

Solo io ho diritto alla tua anima.

FAUST: Chi sei, apparizione terribile?

LUCIFERO: Sono Lucifero.

E costui è principe con me dell’inferno.

FAUST: Sono venuti a prenderti l’anima, Faust.

BELZEBUB: Siamo venuti a dirti che ci fai torto.

LUCIFERO: Tu preghi Cristo, rompi la tua promessa.

BELZEBUB: Non devi pensare a Dio.

LUCIFERO: Devi pensare al diavolo.

BELZEBUB: E alla sua signora.

FAUST: Non lo farò più, perdonatemi questa volta, prometto che non alzerò più gli occhi al cielo, non chiamerò più Dio, non lo pregherò, brucerò le scritture, ucciderò i suoi preti, ordinerò ai miei spiriti di distruggere le sue chiese.

LUCIFERO: Bene, così dimostrerai di esserci fedele e noi sapremo ricompensarti.

BELZEBUB: Faust, siamo venuti personalmente dall’inferno per offrirti uno svago. Siedi, vedrai i sette peccati mortali nel loro aspetto genuino.

FAUST: Sarò contento come Adamo in paradiso il primo giorno della creazione.

LUCIFERO: Basta col paradiso e la creazione, goditi lo spettacolo.

Va’, Mefistofele, falli entrare.

(Entrano i sette peccati mortali [guidati da un flautista])

BELZEBUB: Faust, chiedi loro i nomi, chiedi chi sono.

FAUST: Sì, sì. Chi sei tu, il primo?

ORGOGLIO: Sono l’Orgoglio. Avere padre e madre mi fa schifo. Sono come la pulce d’Ovidio, posso ficcarmi in ogni piega di una ragazza. Certe volte mi sdraio sulla sua fronte come una parrucca. O le pendo dal collo, una collana. Le bacio le labbra, un ventaglio di piume. E infine divento una camicetta ricamata e faccio quel che mi pare. Ma che puzza schifosa c’è qui dentro! Non dico una parola di più per tutto l’oro del mondo se non profumate per terra e non ci stendete un tappeto.

FAUST: Sei superbo da fare schifo. Chi sei tu, la seconda?

AVARIZIA: Sono l’Avarizia, un vecchio spilorcio mi concepì dentro un portamonete di cuoio. E se ora potessi avere ciò che voglio, questa casa, tu e tutti diventereste quattrini, e io vi caccerei in cassaforte. Oro, amore mio!

FAUST: E tu, la terza?

INVIDIA: Sono l’Invidia, figlia d’uno spazzacamino e d’una pescivendola. Non so leggere, perciò si dovrebbero bruciare tutti i libri.